L’inerbimento in viticoltura, una valida alternativa alle lavorazioni del suolo (prima parte)

da Redazione uvadatavola.com

Fino a qualche decennio fa, la tecnica colturale prevalente per la gestione del suolo in viticoltura era la lavorazione integrale del terreno, effettuata principalmente per ostacolare la crescita della flora infestante, interrare i fertilizzanti e limitare le perdite d’acqua per evaporazione.

Numerosi studi hanno però messo in discussione molti dei benefici legati alle periodiche lavorazioni. Difatti, nell’ultimo periodo è in corso una revisione critica dei sistemi di lavorazione a causa dell’aumento dei costi di esercizio aziendali e dell’accresciuta sensibilità verso la salvaguardia dell’ambiente. Sono state pertanto proposte pratiche alternative, tra le quali spicca quella dell’inerbimento, una delle tecniche colturali di gestione del suolo a più basso impatto ambientale.

Per saperne di più, la redazione di uvadatavola.com ha intervistato Andrea Pietrobelli, agronomo e responsabile tecnico della ditta Zanandrea Sementi s.r.l., specializzata nella produzione di miscugli erbacei per l’agricoltura e nella formulazione di miscugli per sovescio.

Quali sono i vantaggi dell’utilizzo dell’inerbimento in viticoltura da tavola?

Per prima cosa bisogna distinguere tra due diverse tipologie di inerbimento: quello definitivo e quello a sovescio. Il sovescio è una tecnica che prevede la semina di un complesso miscuglio di essenze che andranno poi interrate, allo scopo principale di aumentare la sostanza organica nel terreno. Il miscuglio è formulato in modo da fornire garanzie sulla qualità della biomassa che si andrà ad interrare e, di conseguenza, sulla qualità della sostanza organica che si formerà. Inoltre c’è la possibilità, utilizzando delle essenze nematocide, di controllare eventuali nematodi presenti nel terreno. Riguardo gli inerbimenti definitivi, ricordiamo che la formulazione del miscuglio viene fatta utilizzando essenze completamente differenti da quelle da sovescio, che devono garantire la persistenza del cotico erboso. Generalmente si utilizzano specie quali le Festuche, i Loietti perenni e alcuni Trifogli. L’inerbimento definitivo ha dei vantaggi molto importanti, tra i quali la possibilità di entrare nell’appezzamento in condizioni non ottimali (subito dopo un evento piovoso), contenere la perdita della sostanza organica, regolare la risorsa idrica all’interno del vigneto, dare una maggiore areazione agli strati superficiali del suolo e controllare i fenomeni di erosione superficiale.

Che tipo di sementi è consigliabile utilizzare?

Qualunque sia il tipo di inerbimento che si desidera attuare (sovescio o inerbimento permanente) è sempre opportuno usare materiale sementiero certificato che risponda ai requisiti di qualità previsti dalla legge. Utilizzare materiale non certificato espone l’agricoltore ad alcuni rischi, primo fra tutti la possibilità di insuccesso dell’intervento, in quanto la germinabilità del seme potrebbe essere molto bassa. Inoltre, l’impiego di seme non certificato può essere causa di diffusione di insetti o malattie. L’utilizzo di un prodotto certificato mette a riparo l’agricoltore da questi possibili insuccessi o problemi. Se si pensa che un seme non certificato può costare anche metà di quello certificato ma che la sua germinabilità può anche essere inferiore di 3 volte, si deduce che bisognerebbe impiegarne una dose tripla, con costi inevitabilmente superiori.

In che modo si effettua la semina?

La semina per l’inerbimento sarebbe opportuno effettuarla con delle seminatrici apposite, che prevedono l’interramento del seme. Quando questo non è possibile, si potrebbe intervenire prima con una minima lavorazione superficiale e poi con lo spargimento del seme, che può essere fatto con una spandiconcime oppure a mano per gli appezzamenti più piccoli. Altro aspetto molto importante è la successiva rullatura sul seminato. La tecnica di semina è uguale sia per l’inerbimento definitivo, sia per l’inerbimento da sovescio. Parlando di vigneti, sarebbe buona cosa disporre di una cantieristica che consenta la transitabilità all’interno del vigneto, quindi l’ideale sarebbe una seminatrice larga 1,50-1,70 metri che, tra l’altro, lascerebbe pulito lo spazio sulla fila. È anche possibile fare la semina su tutto l’appezzamento e poi gestire la fila con una lavorazione: una rincalzatura del terreno ci permetterebbe di mantenere pulito questo spazio senza dover ricorrere a prodotti chimici.

Qual è l’epoca di semina ideale?

L’ideale è il periodo autunnale, sia per il sovescio che per l’inerbimento definitivo. Logicamente se si semina prima, a fine estate (settembre-ottobre) quando le piante svolgono una attività vegetativa superiore, al momento dell’interramento (se si tratta di sovescio) queste avranno dimensioni maggiori e garantiranno una componente di biomassa superiore. Per quanto riguarda le essenze da prato definitivo, è importante seminare sempre in autunno, perchè se andassimo a seminarle a primavera, le plantule in emergenza andrebbero subito incontro a una stagione sfavorevole (siccità e calura estiva). Soprattutto nei vigneti ad uva da tavola, le coperture porterebbero a situazioni ancora più critiche con l’aumento delle temperature. Bisogna dare alla pianta la possibilità di svilupparsi celermente, prima che arrivino le condizioni difficili. Quindi giocoforza la semina è autunnale.

Quali sono i vantaggi dell’inerbimento temporaneo sui vigneti ad uva da tavola?

I vantaggi dei sovesci su uva da tavola sono molteplici, riportiamo di seguito i più macroscopici:
1 – Produzione importante di biomassa epigea che in primavera può essere trinciata e interrata. Tale biomassa andrà a formare sostanza organica all’interno del terreno.
2 – Gli apparati radicali dei sovesci esercitano un effetto importante sulla macroporosità del terreno. Il loro sviluppo in una stagione vegetativa, soprattutto se sono presenti leguminose, è stimato in circa 20-25 centimetri, pertanto si osserva un importante approfondimento dell’orizzonte utile di terreno. Inoltre le radici, dopo aver trinciato la parte epigea, andranno incontro a senescenza e contribuiranno ad aumentare il tenore di sostanza organica nel suolo. Ripetere questa operazione per due o tre anni consente alla materia organica ed allo strato di suolo utile di aumentare, a vantaggio della gestione della vite e di un eventuale successivo inerbimento definitivo.
3 – Incrementando grossi quantitativi di sostanza organica si avrà una migliore gestione delle risorse idriche, ma anche una migliore mobilitazione di micronutrienti all’interno del terreno. La sostanza organica, quindi, fungerà da tramite tra la pianta e gli elementi del terreno. Ripetendo per due-tre anni il sovescio, l’incremento della profondità dello strato utile del suolo consentirà alle radici delle piante di avere un substrato più soffice e quindi di scendere più velocemente. È molto importante comprendere che l’inerbimento, soprattutto quello temporaneo (sovescio) è un percorso che, quando intrapreso, deve durare almeno dai due ai quattro anni, in base alle caratteristiche aziendali, e può culminare in un inerbimento definitivo permanente. Altro aspetto importante è far capire alle aziende che l’inerbimento con sovescio non deve essere visto come un mero apporto di sostanza organica, ma una coltura in rotazione che per un certo numero di anni ritorna all’interno del vigneto, formando una vera e propria consociazione con la vite.

Come bisogna procedere nel caso si decidesse di realizzare un prato permanente nel proprio vigneto?

Partiamo dal presupposto che le essenze utilizzate in un prato permanente sono per natura abbastanza aggressive, e quindi tale aggressività si tradurrà in una persistenza nel lungo periodo. Bisogna fare in modo che le piante si affranchino correttamente trovando il giusto optimum per svilupparsi. La condizione ottimale è la presenza di sostanza organica, quindi è importante procedere con un periodo di sovesci per aumentarla all’interno del terreno, a tutto vantaggio anche del vigneto stesso. Così facendo, le essenze da inerbimento non andranno assolutamente in competizione con la vite in quanto gli apparati radicali delle due specie lavoreranno a profondità differenti.

Dopo circa dieci anni di prato permanente, può essere utile lavorare il terreno per tornare a fare un paio di anni di sovescio?

L’idea è quella di tornare ciclicamente con un sovescio perché in ogni caso, anche con una copertura vegetale permanente, la sostanza organica all’interno di un terreno viene depauperata. Se il suolo non è inerbito, le condizioni climatiche (alte temperature, ventosità ecc.) e le lavorazioni continue degli strati superficiali, portano ad una rapida mineralizzazione della sostanza organica presente e quindi a una perdita della stessa in modo repentino. Con l’inerbimento definitivo non è possibile bloccare la perdita di sostanza organica, ma si ha comunque una riduzione molto importante del tasso di mineralizzazione.

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Autore: la Redazione

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