L’inerbimento in viticoltura, una valida alternativa alle lavorazioni del suolo (seconda parte)

da Redazione uvadatavola.com

Di seguito la seconda parte dell’intervista ad Andrea Pietrobelli, agronomo e responsabile tecnico della ditta Zanandrea Sementi s.r.l., specializzata nella produzione di miscugli erbacei per l’agricoltura e nella formulazione di miscugli per sovescio.

Al dott. Pietrobelli abbiamo posto alcune domande sull’inerbimento, una delle tecniche colturali di gestione del suolo a più basso impatto ambientale (per la prima parte dell’intervista CLICCA QUI).

 

Quali sono le differenze tra un inerbimento tecnico e una rivegetazione spontanea? Possono aversi problemi di asfissia radicale?

L’asfissia radicale si verifica nel momento in cui si determina un eccessivo compattamento causato prevalentemente dalla percorrenza dei mezzi meccanici sul terreno nudo. In una situazione di inerbimento definitivo si verifica un aumento della portanza del suolo, data dalle radici delle piante, che determina due aspetti fondamentali: un minor compattamento del terreno e la possibilità di entrare nel vigneto subito dopo un evento piovoso. L’inerbimento spontaneo ha dei grossissimi limiti in quanto, partendo da un suolo nudo, si verifica l’insediamento di essenze spontanee e spesso infestanti che in breve periodo determinano una copertura grossolana del terreno. Producendo semi al termine del loro ciclo, queste essenze propagheranno la propria specie impedendo alle altre di insediarsi. Il risultato sarà una copertura vegetale non omogenea e formata per lo più da piante che non hanno alcuna valenza geotecnica, antierosiva e di controllo della sostanza organica nel terreno. Un aspetto molto importante di un inerbimento tecnico eseguito con miscugli di essenze selezionate è proprio il controllo delle malerbe, sia perchè abbiamo una naturale concorrenza tra specie desiderate ed indesiderate, sia perché la gestione del tappeto erboso (sfalcio) permetterà di controllare meccanicamente anche le infestanti. Inoltre, qualora arrivasse dall’esterno un seme di infestante sul tappeto erboso, questo avrà molta più difficoltà a germinare e propagarsi rispetto che in un terreno nudo.

 

Quali sono le macchine consigliate per effettuare lo sfalcio in modo opportuno?

Per quanto riguarda i sovesci si possono utilizzare dei trinciastocchi o macchine similari; per il tappeto erboso definitivo è bene utilizzare macchine a lame rotanti, anche perché lo sviluppo della biomassa sarà molto contenuto. In ogni caso, l’importante è non andare a ledere il colletto delle piante. Se questo dovesse avvenire, la pianta non avrebbe più alcuna capacità di ripresa vegetativa. Quindi in qualsiasi caso (con decespugliatore, rasaerba o trinciastocchi) l’importate è rimanere almeno a cinque centimetri dal livello del terreno.

 

Ci sono macchine che possono essere montate sul trattore?

Sì, l’industria meccanica del settore offre moltissime soluzioni: sia attrezzature da montare sui comuni trattori da vigneto, sia cantieristiche specializzate.

 

Esistono limitazioni legate alla tessitura del terreno per l’introduzione al prato permanente?

A livello di inerbimento permanente un limite può essere dato proprio da una particolare tessitura del terreno: più un suolo sarà ricco in scheletro e più un inerbimento definitivo faticherà a insediarsi correttamente. In ogni caso la rusticità e l’aggressività di certe essenze garantiscono discreti risultati anche in situazioni molto critiche.

 

Si può partire con un inerbimento definitivo fin dal trapianto delle barbatelle?

Meglio di no. In situazioni di vigneto appena trapiantato, la presenza dell’inerbimento potrebbe essere addirittura deleteria. Un inerbimento definitivo in questi casi non va bene perché l’aggressività di tali essenze depaupererebbe subito l’energia delle barbatelle, anche perché sono in competizione sugli stessi orizzonti di suolo. Quindi, per quanto le giovani piante di vite possano essere vigorose, queste troverebbero subito una competizione importante in presenza di un tappeto definitivo.

In merito alla clorosi ferrica, un sovescio può ridurne il fenomeno?

Col sovescio si possono avere dei vantaggi, perché si mobilitano tutta una serie di micro e meso-elementi (calcio, ferro, boro ecc.) che altrimenti potrebbero essere presenti nel suolo ma non disponibili. Questo beneficio è dato principalmente dall’aumento della sostanza organica nel terreno. Ciò si traduce in meno problemi da un punto di vista nutrizionale, a meno che non sussistono situazioni di stress particolari. Bisogna ricordare che in questi casi è fondamentale la composizione del miscuglio che si impiega. Devono essere valutate molto attentamente le percentuali delle essenze, proprio per evitare interazioni negative interspecifiche, al fine di orientare la qualità della biomassa prodotta in funzione delle esigenze dell’azienda nella quale si attua il sovescio. 

 

Le essenze legate al prato temporaneo possono diventare infestanti?

Tutte le piante, se non gestite opportunamente, possono trovare vantaggio nel riprodursi ed andare a seme. Per quanto riguarda le essenze da sovescio non ci sono problemi, soprattutto perché vengono interrate prima che producano semi o che questi siano maturi. Logicamente una scorretta gestione della biomassa potrebbe causare disseminazione delle essenze. In ogni caso possono tranquillamente essere controllate con l’interramento.

 

Con questa tecnica la concimazione invernale non dovrebbe essere più effettuata?

Essendo il vigneto ad uva da tavola una coltura estremamente specializzata in grado di garantire elevati produzioni, risulta comunque necessario sostenere la vite con apporti trofici. Sposare un percorso di miglioramento della sostanza organica all’interno di un vigneto non vuol dire smettere di concimare. La presenza della sostanza organica nel terreno consentirà però di ottimizzare la tecnica della concimazione. Difatti si è riscontrata, con l’aumento del benessere del terreno, una diminuzione dell’impiego dei tradizionali concimi a parità di produzione.

 

Qual è il criterio in base al quale si scelgono le percentuali di seme presenti nel miscuglio?

Le percentuali possono variare in funzione delle esigenze aziendali e delle colture, l’importante è mantenere un certo equilibrio per non falsare la qualità della sostanza organica che andremo ad interrare. Se si seminano esclusivamente leguminose si apporterà un carico di azoto probabilmente elevato, il vigneto avrà un eccessivo vigore e si dovrà poi intervenire con potature verdi. L’azoto in viticoltura deve essere opportunamente gestito perché se in eccesso si va a falsare l’equilibrio vegeto-produttivo della pianta a scapito della fase riproduttiva. Al contrario, se si seminano solo graminacee, la quantità di azoto nel terreno sarà minore e si andrà ad interrare una biomassa che umificherà in tempi molto più lunghi. Il giusto equilibrio creato da graminacee e leguminose è la giusta soluzione per gestire tutti questi aspetti. Pertanto, la scelta di cosa e quanto mettere all’interno di un miscuglio passa attraverso l’analisi delle esigenze aziendali e di una corretta valutazione dello stato del suolo e delle piante.

 

Autore: la Redazione

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