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Ricerca e innovazione

Il Cra-Utv di Turi presenta un brevetto sull’uso degli estratti di uva

da Redazione uvadatavola.com 4 Febbraio 2013
4 Febbraio 2013
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Miglioramento genetico per ottenere nuove varietà di uve in grado di rispondere alle mutate esigenze del mercato e dei consumatori, ma anche recupero e  valorizzazione della biodiversità vitivinicola del Mezzogiorno d’Italia, con grande attenzione a tutti gli aspetti tecnico-sanitari e di coltivazione per supportare i produttori.

Sono le principali attività che svolge il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura nell’Unità di ricerca per l’uva da tavola e la vitivinicoltura in ambiente mediterraneo (Cra-Utv), una realtà nata nel 1968 ed entrata nell’orbita dell’ente di ricerca oltre 10 anni fa.

“Promuoviamo una ricerca che risponde alle più immediate esigenze del mercato, prevedendo quali saranno i possibili scenari – afferma il presidente del Consiglio Giuseppe Alonzo – ad esempio il consumatore si orienta sempre più verso varietà di uva senza semi e proprio in questo ambito svolgiamo un importante ruolo presso l’Unità di ricerca di Turi in provincia di Bari, unica struttura specializzata nell’uva da tavola e nella viticoltura in ambiente mediterraneo”. Consumatori attenti alla praticità dell’uva senza semi ma anche alle proprietà nutrizionali del frutto, come spiega Donato Antonacci, direttore dell’Utv dove  vengono studiati gli effetti benefici sulla salute dell’uva nella dieta dell’uomo, valutando e identificando le sostanze che svolgono attività antiossidanti e chemio-preventive. A questo proposito il Cra-Utv ha presentato, insieme all’Università La Sapienza di Roma, un brevetto sull’uso di estratti di uva, precisa il direttore, individuando quelle tecniche colturali che meglio esaltano le potenzialità qualitative, alimentari e salutistiche delle varie varietà.

Sono stati fatti vari interventi colturali per migliorare le caratteristiche qualitative dalle dimensioni degli acini, al contenuto in solidi solubili e in acidità a varietà che poi sono state valutate in funzione delle loro componenti alimentari e salutistiche (antociani, polifenoli, acidi organici, sostanze aromatiche, frazione glucidica).

Con questo lavoro è stato possibile, ad esempio, rilevare come alcuni interventi colturali, pur aumentando la dimensione degli acini, abbiano diminuito il contenuto di sostanze coloranti e aromatiche.

Tra le varie attività di analisi qualitative delle uve da tavola, l’Unità ha realizzato anche una scheda di analisi sensoriali adottata dall’Oiv (Organizzazione internazionale della vigna e del vino) come metodo di valutazione a livello internazionale.

Una ricerca presso il Cra-Utv che punta ad anticipare la domanda del mercato realizzando anche nuovi prodotti trasformati, come i succhi parzialmente fermentati da uve senza semi pigiate a freddo a basso grado alcolico, senza alcun prodotto integrativo. E’ il mercato a dettare le regole dell’offerta ma, come sottolinea Antonacci, occorre mettere i produttori in grado di seguirle.

A questo proposito il Cra-Utv supporta le aziende individuando le migliori tecniche e colturali e di post-raccolta. Nelle fasi di frigo-conservazione delle uve da tavola, in funzione delle differenti condizioni di coltivazione, sono stati individuati tempi di raccolta, modalità di confezionamento e parametri ambientali che meglio garantiscono la conservazione.

Per quanto riguarda, infine, i progetti di recupero della biodiversità, sono stati rivalutati molti vitigni autoctoni ed è stato possibile realizzare una Banca del germoplasma vitivinicolo del Mezzogiorno d’Italia, dove sono conservati profili molecolari di oltre 2000 accessioni che corrispondono a circa 700 diverse varietà. Sono state quindi messe a punto nuove cultivar di uve da tavola e individuate alcune varietà apirene, fornendo ai produttori orientamenti utili per poterle coltivare, con un occhio sempre attento alla sostenibilità ambientale. Il Cra-Utv ha infatti realizzato precisi protocolli per razionalizzare ad esempio l’irrigazione, le lavorazioni al terreno e la nutrizione azotata,  finalizzati tutti a una maggiore sostenibilità ambientale della coltura.

Fonte: www.pianetapsr.it

 
 
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