La stagione dell’uva da tavola italiana 2014, grazie alle minori produzioni di altri paesi come Spagna e Grecia, ha visto un exploit delle uve apirene rispetto alle uve tradizionali con semi che ad oggi, a fronte dei maggiori costi di produzione sostenuti, non riescono ad ottenere prezzi di vendita adeguati e remunerativi. La redazione di uvadatavola.com ha raggiunto e intervistato Lorenzo Diomede, titolare dell’azienda Agri Lo.Di., per chiedergli un parere sulle numerose varietà apirene che attualmente sono disponibili sul mercato e sulle conseguenze che l’embargo russo imposto da Putin potrebbe avere sul settore dell’uva da tavola.
Ci descriva brevemente la sua azienda.
L’azienda è stata fondata da mio padre, che attualmente ha 84 anni. Già dall’età di 17-18 anni cominciò a commercializzare in piccolo alcuni prodotti che conferiva al mercato ortofrutticolo di Bari. Col tempo ha incrementato la sua attività creando la “Lupa”, la vecchia ditta composta da noi quattro figli. Nel 2005-2006, mio padre decise di suddividere le proprietà e ognuno di noi proseguì per la sua strada. Io fondai Agri Lo.Di., azienda agricola che per la maggior parte commercializza il suo prodotto ma che, non riuscendo a soddisfare le richieste dei propri clienti, acquista altra merce da produttori di fiducia.
Cominciamo l’intervista parlando delle uve apirene, ormai molto richieste dai consumatori di tutto il mondo.
L’uva apirena è diventato un prodotto molto ricercato negli ultimi decenni, grazie anche ad un cambiamento degli stili di vita e dei costumi dei consumatori, i quali considerano un fastidio i semi contenuti negli acini. Poco informato o finto tonto, il nostro consumatore, preferisce la comodità ad una dose di benessere. L’uva, infatti, è un toccasana per la nostra salute per le sue innumerevoli proprietà benefiche, ma è noto che la più alta concentrazione di elementi nutritivi si trova proprio all’interno dei semi d’uva.
Cosa pensa delle innumerevoli varietà di uve apirene che anno per anno si stanno espandendo sul nostro territorio?
Oggi sono molte le varietà delle uve senza semi e le sperimentazioni attuate per favorire l’apirenia mirano a mantenere inalterato il gusto dell’uva. Ormai esistono così tante varietà che neppure i produttori conoscono. Questa sovrabbondanza porta ad una confusione non solo tra gli stessi produttori, i quali al momento dell’impianto devono scegliere una varietà che persista a lungo e non li obblighi al reimpianto nel giro di pochi anni, ma anche tra i commercianti, che cercano di intuire quale sia la varietà più richiesta dai mercati, e tra i consumatori, che si ritrovano dinanzi ad innumerevoli varietà di uve vendute a svariati prezzi.
Come funziona il pagamento delle royalty?
Posso affermare di aver vissuto il mutamento del mercato ortofrutticolo da 10 anni a questa parte. Il produttore che decide di impiantare un vigneto di uva senza semi deve essere cosciente che a seconda delle varietà scelta andrà incontro a differenti sistemi di pagamento delle royalty. Nel caso più semplice il produttore potrà giovare del brevetto pagando una quota una tantum ed avere la libertà di commercializzazione del prodotto. In altri casi non solo sarà obbligato a pagare la royalty ma anche a vendere la propria uva esclusivamente ai commercianti autorizzati dal detentore del brevetto, a cui dovrà versare fino al 15% del prezzo di vendita. Quest’ultimo sistema potrebbe essere utile al produttore, ma a parer mio c’è bisogno di più tempo per testarlo. Con queste modalità il produttore non viene tutelato in caso di crisi di mercato o nel caso in cui lo stesso mercato dovesse richiedere nuove varietà seedless ritenute più “alla moda”. In quest’ultimo caso il produttore sarebbe costretto a sostituire la vecchia varietà con la nuova, affrontando sia i costi per il reimpianto che per il pagamento della nuova royalty.
Raccolta e confezionamento delle uve prodotte nell’azienda agricola Agri Lo.Di.
Cosa pensa dell’embargo imposto dalla Russia?
Le previsioni per la compravendita di uva da tavola per il 2014 erano abbastanza buone fino a quando non è arrivato l’embargo russo, un problema sottovalutato da molti operatori del settore ed istituti governativi. A mio avviso invece il problema è ben più grave di quello che viene rilevato dagli istituti di statistica che, rilevando solo i dati delle esportazioni dirette in Russia, non considerano quelle avvenute in triangolazione. Per esportazioni in triangolazione mi riferisco a tutta la merce che, passando da paesi quali Olanda, Lituania, Bielorussia e Polonia, va a finire sul mercato russo. Ai fini statistici, purtroppo, questa merce non viene considerata come prodotto italiano. Sommando i dati dell’export diretto con quelli delle triangolazioni, risulta evidente che i problemi che ne derivano sono maggiori di quelli stimati. Mi sembra ovvio pensare, alla luce di quanto appena detto, che le merci aventi come destinazione la Russia verranno dirottate in altri paesi che, saturi di merce, saranno costretti a ridurre i prezzi per permettere vendite più celeri. Una delle varietà che più di tutte subirà le conseguenze dell’embargo sarà la Red Globe, molto apprezzata dal mercato russo.
Per concludere quali sono i consigli che vorrebbe dare ai produttori?
Tutte le mode passano, l’amore è eterno. Si sperimenta tutto, ma bisogna sempre rimanere fedeli alle vecchie varietà che amiamo, quelle che ci hanno fatto vivere gli anni d’oro e che mai ci deluderanno. Se è giusto orientarsi verso le uve senza semi è altrettanto giusto limitarne il numero di varietà coltivate. Dobbiamo, inoltre, puntare sulla promozione delle proprietà nutraceutiche dell’uva da tavola in modo da aumentare la consapevolezza nei consumatori che fa realmente bene alla salute.
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Lorenzo Diomede – Titolare Az. Agricola Lo.Di.
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