Un’analisi del commercio mondiale di uva da tavola indica che la quasi totalità dell’export di uva prodotta in Italia confluisce sui mercati europei. Solo l’1% viene conferito, invece, al di fuori del nostro continente.
Appare evidente, quindi, la difficoltà incontrata dai nostri esportatori nel confrontarsi sul piano globale con gli altri Paesi competitori.
Il caso dell’export di uva italiana verso gli USA, notevolmente diminuito negli ultimi 10 anni, è un utile esempio di quanto si sta verificando. Gli Stati Uniti consumano sempre più uva da tavola proveniente dalla California e, nel periodo inverno–primaverile, dal Cile. Le due aree di produzione di uva appena citate sono evidentemente in grado di raggiungere standard qualitativi elevati e si dimostrano più competitive dell’Italia sul mercato americano sia per la maggiore prossimità che per la più elevata diversificazione dell’offerta.
Si evidenzia, inoltre, il calo delle esportazioni verso i floridi (ed esigenti) mercati Nord Europei. I principali Paesi di esportazione delle nostre uve, oggi come dieci anni fa, sono ancora la Germania, destinazione del 26,7% del prodotto nazionale, e la Francia. Entrambi mostrano, però, una flessione nei consumi del nostro prodotto (rispettivamente, -47% e -16% rispetto ai volumi importati nel 2000).
Molti altri Paesi dell’UE, come Belgio, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Svezia e Danimarca, anch’essi in preoccupante calo quanto ad uva importata dall’Italia, non rientrano più tra i principali partner commerciali della nostra Nazione.
Germania, Danimarca e gli altri Paesi del Nord Europa, sono stati negli ultimi anni sempre più interessati dall’arrivo di volumi crescenti di uva proveniente dai vari Paesi competitori dell’Italia (India, Egitto, Turchia).
Il fenomeno, favorito dai processi liberistici dei mercati e più in generale dall’accentuarsi delle politiche di globalizzazione, ha determinato un aumento della concorrenza. L’Italia ha cercato di superare il problema puntando sulla diversificazione dei mercati di destinazione del prodotto. Quote crescenti di produzione sono perciò state inviate verso l’Europa dell’Est e il processo è in ulteriore crescita.
Stiamo assistendo negli ultimi anni ad un progressivo spostamento delle esportazioni da mercati quali Germania, Francia, Regno Unito e Danimarca (prezzo medio 2010 attorno a 1,50 euro/kg) verso altri Paesi (Repubblica Ceca, Romania, Ungheria, Lituania, Slovacchia e Slovenia) nei quali il prezzo medio di vendita è nettamente inferiore (1 euro/kg).
Esportare verso l’Est Europa è senza dubbio vantaggioso. I volumi di uva da tavola richiesti sono ingenti ed i costi in termini di servizi e packaging sono contenuti. Allo stesso tempo, però, si è instaurato un meccanismo per il quale l’operatore commerciale ha sempre meno potere di determinazione del prezzo dell’uva. Prezzo che sta di fatto appiattendosi sempre più verso il basso. Con intuibili risultati negativi che gravano sul produttore, ultimo (debole) anello della catena di commercializzazione dell’uva da tavola.
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Autore: la Redazione
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