La viticoltura, che in molti territori è una delle tipologie colturali principali per numero di addetti, presenta diversi rischi per i lavoratori che possono essere ridotti con idonee misure di prevenzione e un’adeguata formazione. Il sito puntosicuro.it, quotidiano on-line di approfondimento sulla sicurezza sul lavoro, per parlarne fa riferimento ad un seminario organizzato dall’Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (ISPO) che si è tenuto a San Casciano (FI) il 20 novembre 2013 e i cui atti sono stati pubblicati sul sito dell’ Azienda Sanitaria di Firenze.
Nel seminario “Esposizione al rischio chimico, biomeccanico e da radiazioni solari ultraviolette nella viticoltura” sono stati affrontati diversi rischi attinenti alle attività degli addetti alla viticoltura.
L’intervento “Iniziativa ISPO per la prevenzione dei tumori cutanei”, a cura di Alessandra Chiarugi, sottolinea come l’esposizione ai raggi ultravioletti sia un importante fattore di rischio ambientale per i tumori cutanei. E come ci sia una “interazione complessa del fattore ambientale con fattori costituzionali e abitudini comportamentali” dei lavoratori. In ogni caso, conclude l’intervento, è evidente l’insufficiente protezione dal sole nei lavoratori outdoor e l’utilità di specifici interventi educazionali di prevenzione primaria e secondaria per migliorare l’abitudine alla protezione.
La fase lavorativa a maggior rischio di esposizione (rispetto al trattamento) è la fase di rientro in coltura: “via principale di esposizione cutanea a causa della permanenza del principio attivo al momento del rientro, delle operazioni manuali in estate con parti del corpo scoperte, etc”. Il rientro in coltura riguarda ad esempio la spollonatura, la cimatura, la legatura, la sfogliatura con utilizzo occasionale di forbici.
Un’indagine del 2009-2010, in collaborazione con ARPAT, ha premesso di registrare un miglioramento della sensibilità e una maggior cautela nell’utilizzo dei prodotti fitosanitari rispetto ai risultati di una precedente indagine del 2000–2002. Ad esempio se nel 2000 solo il 19% dei lavoratori utilizzava una maschera con filtro per la preparazione della miscela, nel 2010 siamo arrivati al 72%. E se nel 2000 era il 28% a utilizzare guanti durante le operazioni di rientro in coltura, nel 2010 era il 53%.
È comunque necessario migliorare le misure di contenimento dell’esposizione e individuare quelle idonee soprattutto per il rientro in coltura, la fase in cui c’è una potenziale esposizione soprattutto per contatto (ma non è esclusa la via respiratoria) a sostanze chimiche irritanti e/o allergizzanti.
Un altro rischio è quello relativo alle malattie muscoloscheletriche. Le segnalazioni di malattie professionali muscoloscheletriche in agricoltura sono infatti in aumento nelle statistiche INAIL e nei PISLL (Prevenzione, igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro). Aumento favorito dall’introduzione del D.M. 09/04/2008 “che ha inserito in elenco le principali malattie osteo-articolari e muscolo-tendinee da sovraccarico biomeccanico”.
In particolare dai dati di letteratura e da indagini precedenti si ipotizza che “nella potatura vi sia esposizione a sovraccarico biomeccanico soprattutto a carico dell’arto superiore e forse un diverso rischio sulla base del tipo di forbici: manuali, pneumatiche ed elettriche”.
Anche in quest’intervento si affrontano poi i rischi del lavoro outdoor e si indica che sempre nella “fase di rientro in coltura (lavoro in campo nel periodo estivo)” c’è una “potenziale esposizione a radiazioni solari ultraviolette”.
Fonte: www.puntosicuro.it