Arginina: indicatore delle riserve di azoto

L’arginina è una riserva di azoto che indica il livello di disponibilità dell'elemento ad essere metabolizzato.

da Redazione uvadatavola.com

La ripresa vegetativa delle specie a foglia caduca (vite,drupacee, actinidia, melograno, ecc.) è influenzata dalla disponibilità negli organi di riserva di alcune molecole necessarie a far ripartire l’attività della pianta.

L’arginina è una riserva di azoto che ci da indicazione sulla disponibilità di questo elemento ad essere metabolizzato.

Tra queste ricordiamo l’amido, il fosforo, il potassio e l’arginina. L’amido è una fonte di riserva dei carboidrati, che fornisce energia nella fase di risveglio della pianta; il fosforo e il potassio rientrano nel metabolismo energetico della stessa; l’arginina è una riserva di azoto che ci indica la disponibilità di questo elemento ad essere metabolizzato. Le colture in cui l’analisi delle riserve è maggiormente utilizzata sono l’uva da tavola e da vino, sempre più frequentemente il noce, il ciliegio e numerose altre specie decidue. 

In questo articolo saranno fornite informazioni relative all’amminoacido arginina e sarà descritto in che modo ottenere informazioni, sullo stato delle riserve di azoto nelle varie specie arboree a partire dalla conoscenza del suo contenuto nelle radici. Il fine è quello di fare un passo verso una più razionale fertilizzazione azotata basando le decisioni non su una stima “a occhio” dei bisogni della coltura, ma sulle sue reali esigenze misurate. La crescita delle piante è spesso limitata dalla disponibilità di sostanze nutritive. In molti casi l’azoto è l’elemento limitante

La carenza di azoto causa effetti dannosi sulla produttività agricola, tuttavia un’eccessiva fertilizzazione azotata è responsabile di impatti economici e ambientali negativi. Per migliorare l’efficienza d’uso dell’azoto è importante conoscere i suoi meccanismi di assorbimento, stoccaggio e riutilizzo e comprendere l’interazione di questi processi con la regolazione dello sviluppo delle piante e la difesa dai fattori di stress. 

Assimilazione e traslocazione dei nutrienti 

Durante la stagione vegetativa le piante arboree assimilano acqua ed elementi nutritivi: una parte dei nutrienti è immediatamente utilizzata, la parte restante viene traslocata nei vari organi di riserva e accumulata. Sebbene molto spesso nei frutteti irrigati si osserva la presenza di nuove radici anche in piena estate, il picco di formazione di nuove radici si osserva quasi sempre in due momenti:

a) primavera, durante la fioritura;

b) autunno, dopo la raccolta dei frutti (se non eccessivamente tardiva), a seguito di un afflusso di carboidrati verso la radice. Tra gli elementi assorbiti vi è, come ovvio, anche l’azoto, assimilato prevalentemente in forma di nitrato.

Nel corso della fase vegetativa della pianta, il nitrato che entra nelle radici può seguire due strade:

a) essere tal quale trasferito nelle foglie;

b) essere convertito in ammonio direttamente nelle radici. 

L’ammonio però non può accumularsi tal quale nelle radici sia perché è tossico in concentrazioni elevate, sia perché il suo accumulo inibirebbe l’ulteriore assimilazione di azoto. Per questo viene rapidamente trasformato in composti non tossici come gli amminoacidi. Gli amminoacidi svolgono numerose funzioni e sono coinvolti nella traslocazione dell’azoto dalle radici fino alle foglie e ai frutti. Praticamente tutto l’ammonio ottenuto nelle radici viene convertito in glutammina e poi glutammato. A partire da quest’ultima molecola si ottiene anche l’arginina.

Accumulo delle riserve

In autunno le specie che perdono le foglie convertono le proteine presenti nelle foglie senescenti principalmente in arginina e traslocano in questa forma l’azoto verso radici, fusto, branche e rami dove si accumuleranno come riserve di azoto. Le riserve di azoto stoccate negli organi appena elencati riveste un’importanza sempre maggiore man mano che le piante crescono e aumenta la loro capacità di accumulazione.

Alcuni esempi: Nel pesco, circa il 50% dell’azoto presente nelle foglie (circa 30 kg di azoto/ha) viene spostato dalle foglie alle strutture di riserva alla caduta delle foglie. Circa il 45% dell’azoto utilizzato per la crescita di un intero anno in piante di pero di 5 anni viene dalle riserve di azoto accumulate. Allo stesso modo, nei mandorli maturi, si stima che l’azoto di riserva contribuisca per il 50% al fabbisogno annuale per la crescita.

Va ricordato inoltre che l’azoto accumulato negli organi di riserva proviene non solo dall’azoto che arriva dalle foglie senescenti ma anche ad opera dei nutrienti appena assorbiti durante l’autunno che vengono direttamente accumulati nelle radici in attesa di essere traslocati ai germogli e alle foglie la primavera seguente.

Questa peculiarità risulta importante dal punto di vista applicativo perché può essere sfruttata arricchendo le riserve della pianta per mezzo di fertilizzazioni mirate durante il periodo autunnale. Possiamo concludere quindi che il contenuto di azoto nelle radici e nei rami inizia ad aumentare a fine estate alla fine dello sviluppo vegetativo e raggiunge il massimo livello in inverno per poi diminuire nuovamente alla ripresa vegetativa in primavera. Questo concetto tornerà utile in fase di posizionamento del campionamento e di comprensione dei risultati dell’analisi dell’arginina che andremo ad effettuare sugli arboreti in pieno inverno in corrispondenza del pieno riposo vegetativo della coltura.

Invece nelle specie sempreverdi non si osserva particolare accumulo di riserve nelle radici e gli altri organi di deposito. Il principale sito di accumulo di riserve durante il riposo vegetativo è rappresentato dalle foglie più vecchie.

 

Autori:
Gonzalo Allendes Lagos – Ing. Agr. PUCV – Director Técnico Corporativo AGQ Labs
Mirko Sgaramella – Agronomo – Consulente in viticoltura da tavola

Articolo pubblicato il 28 febbraio 2020

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