Non si può delegare il contrasto allo sfruttamento lavorativo alle sole Forze dell’ordine e alla Magistratura. Serve maggiore impegno da parte delle istituzioni e della politica.
Si consideri ad esempio, tra le altre, le responsabilità della grande distribuzione organizzata. Il prezzo del pomodoro da industria, ad esempio, supera di poco gli 80 euro a tonnellata. Poco più di 8 centesimi al kg. Un prezzo che l’industria di trasformazione ha fissato lo scorso marzo.
Per gli agricoltori un prezzo estremamente basso, imposto grazie allo strapotere del comparto industriale che concorre così a generare le condizioni dello sfruttamento lavorativo.
I pomodori, ad esempio, si raccolgono retribuendo i lavoratori circa 3 euro al quintale. Una retribuzione assai al di sotto di quanto stabilito dai vari contratti provinciali del lavoro.
Una riforma della grande distribuzione non è più rinviabile e soprattutto ormai questione politica ed etica oltre che economica.
Insieme alla repressione, pure di fondamentale importanza, è necessario scardinare il sistema di sfruttamento lavorativo che comprende ma non si esaurisce nel solo caporalato, allargando l’azione riformatrice della politica a settori più vasti a partire da quello della GDO e dell’industria della trasformazione.
Senza questo percorso, coraggioso, si rischia solo di arrestare persone ma salvare interessi e sistemi che riducono donne e uomini a vivere condizioni paraschiavistiche.
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