Certificazione: necessaria, opportuna o imposta?

La scelta della certificazione più adatta alle proprie produzioni è spesso un'operazione complicata: in questo articolo proviamo a fare chiarezza

da uvadatavoladmin

La certificazione in agricoltura purtroppo è spesso considerata da molti operatori una formalità burocratica, un’imposizione e una limitazione alle proprie certezze e convinzioni sulla qualità del prodotto o processo. Obiettivo di questo articolo – pubblicato nell’ultimo numero del magazine – è fare chiarezza sull’argomento, focalizzando l’attenzione sulle certificazioni agroalimentari di prodotto che più interessano il comparto dell’uva da tavola.

Per definizione, la certificazione è un’attestazione di terza parte relativa a un qualcosa, che è oggetto di una valutazione circa la conformità di prodotto o di processo. Questa definizione contiene tre aspetti utili a comprendere il valore della certificazione e il suo fine.

In primis si fa chiarezza sul fatto che la certificazione può riguardare un processo (ad esempio, la capacità organizzativa di un’azienda nel gestire le proprie risorse per soddisfare i clienti) o un prodotto, a sua volta ottenuto da un processo (ad esempio, le produzioni agricole primarie). Il secondo aspetto fa riferimento al fatto che la certificazione può essere emessa solo da una parte terza, cioè da un soggetto riconosciuto e indipendente dalle parti, sia dal produttore che aderisce alla certificazione, sia dal suo cliente (GDO). Se così non fosse, avremmo una valutazione di conformità di prima parte – semplice autocertificazione di cui è autore il produttore – o una valutazione di conformità di seconda parte, ovvero una certificazione rilasciata da un valutatore per conto del cliente. Per evitare che il certificato possa essere emesso da soggetti di parte, con un interesse diretto sulla questione, il lavoro è dunque affidato a un Organismo di Certificazione che si fa garante della conformità del prodotto verso il produttore e il consumatore finale. In ultimo, il terzo aspetto riguarda la conformità: il certificato viene cioè emesso a seguito di una valutazione della conformità del prodotto ai requisiti disciplinati da norme tecniche o leggi

Fatta questa premessa, è necessario ora comprendere perché sottoporre il proprio prodotto o processo a una certificazione e perché oggi si assiste a un proliferare di certificazioni, con particolare attenzione a quelle che interessano la viticoltura da tavola. Tutte le certificazioni di prodotto, con diverse declinazioni, hanno come obiettivo la valorizzazione del prodotto attraverso la sua identificazione e il suo posizionamento e il fine di garantire la lealtà commerciale attraverso la conformità a un disciplinare. La maggior parte delle certificazioni si rivolgono direttamente al consumatore, enunciano requisiti sul prodotto e devono garantire un valore aggiunto. Paradossalmente quella più richiesta dai produttori di uva da tavola è proprio quella che non si rivolge direttamente ai consumatori. Si tratta della certificazione GlobalGap, che tecnicamente è una certificazione Business to Business.

Grande attenzione deve inoltre essere rivolta al fatto che, per definizione, la certificazione è sempre un atto volontario, non obbligatorio. Il fondamento della certificazione poggia su tre elementi: la volontarietà, l’assenza di conflitto con le norme cogenti e la sostanzialità-oggettività.

In funzione del sistema di regole cui le certificazioni devono sottostare, queste si distinguono in certificazioni regolamentate e certificazioni normate. Le certificazioni regolamentate sono quelle che fanno riferimento a regolamenti comunitari, leggi nazionali e delibere regionali. Tra queste rientrano: Agricoltura Biologica, SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata), IGP (Indicazione Geografica Protetta) e Prodotti Qualità Puglia. Le certificazioni normate sono quelle basate su norme tecniche emesse da:

  • enti di normazione a livello mondiale (ISO 22005), europeo (EN) e nazionale (UNI 11233); 
  • enti qualificati, come per le certificazioni GlobalGap, BRC e IFS;
  • organismi di controllo, come per la certificazione Residuo Zero.

certificazione

Quale certificazione scegliere?

In funzione della caratteristica che il viticoltore desidera valorizzare può optare per diverse certificazioni: per esaltare le caratteristiche colturali, è consigliata l’IGP; per l’organizzazione e la sicurezza, il GlobalGap; per l’attenzione agli aspetti etico-sociali nei metodi di produzione adottati, l’Agricoltura Biologica; per la sua tipicità, Prodotti Qualità Puglia; per l’adozione della produzione integrata all’interno di una filiera agroalimentare, UNI 11233; per assicurare la rintracciabilità attraverso modelli di miglioramento continuo, ISO 22005;  per l’adozione dei principi di produzione integrata, SQNPI; per le sue caratteristiche qualitative superiori, Residuo Zero.

Questo ventaglio di certificazioni, ciascuna con le proprie e diverse peculiarità, presenta un comune denominatore: la valenza ambientale. Aspetto da non sottovalutare e che, già di per sé, è sufficiente a motivare la certificazione di un prodotto. Sia i consumatori, e quindi il mercato, che la nuova politica agricola europea chiedono all’agricoltura di adottare metodi di produzione più sostenibili e più rispettosi dell’ambiente. A differenza di quanto avviene negli attuali modelli di agricoltura intensiva che non si stanno dimostrando sostenibili in diversi ambiti, a partire da quello ambientale fino a quelli ecologico, energetico, economico, sociale e della salubrità e sicurezza.

È per questo che l’Europa, al fine di integrare la sostenibilità, ha varato la “Farm to Fork”.

Di pari passo, anche i vari schemi di certificazione si stanno adeguando a questa necessità. Gli standard base sono arricchiti con gli Add On, ovvero moduli aggiuntivi che integrano la certificazione con l’obiettivo di considerare nuovi e diversi ambiti e di fornire al prodotto certificato un valore aggiunto e una più ampia collocazione nel mercato. Tra gli Add On più noti agli operatori del comparto dell’uva da tavola troviamo quelli di GlobalGap, ovvero GRASP, SPRING, Tesco Nurture e Biodiversity. 

Questo fenomeno spiega in parte perché oggi si assiste a un proliferare di certificazioni. Tale tendenza è riscontrabile anche nelle certificazioni regolamentate. Per quanto riguarda la certificazione biologica, infatti, troviamo Biosuisse, Naturland e Demeter, certificazioni con requisiti aggiuntivi sempre per diversi ambiti non previsti dal Regolamento Comunitario.

Individuare la certificazione che meglio risponde alle richieste di sostenibilità ambientale, economica e sociale non è semplice. Tutte hanno una valenza ambientale, ma nessuna contempla tutti gli ambiti che possono valorizzare il prodotto. Ciascun operatore, sulla base delle proprie esperienze etiche, sociali ed ecologiste, individua quindi la certificazione che garantisce al suo prodotto quel valore aggiunto necessario a ottenere un miglior posizionamento sul mercato e una maggiore remunerazione.

GlobalGap

Certamente tra le certificazioni più conosciute e richieste nel comparto dell’uva da tavola, si annovera la GlobalGap, basata su uno standard privato redatto come partnership tra grandi produttori e grande distribuzione. Essa è una delle certificazioni più complesse, costose e complete da ottenere: gli Organismi di Controllo compiono valutazioni in diversi ambiti, tra cui quello ambientale, di salubrità, di sicurezza e di responsabilità sociale. 

La certificazione GlobalGap, dunque, omologa il prodotto e permette di entrare nel mercato mondiale. Un prodotto certificato GlobalGap garantisce il rispetto di norme cogenti e di rigorosi requisiti tecnici globalmente riconosciuti, ma è privo di tipicità e identità territoriale, di qualità intrinseche del prodotto e del suo produttore, che rappresentano invece l’obiettivo delle certificazioni regolamentate. Il non plus ultra potrebbe essere allora affiancare al GlobalGap certificazioni che valorizzano il prodotto anche per aspetti qualitativi e identitari, garantendo un mutuo riconoscimento di punti di controllo tra i vari schemi di certificazione ed evitando così di aggravare il produttore con maggiori e ulteriori costi. 

Le certificazioni, dunque, sono molteplici. L’individuazione delle più adatte alle specificità e alle esigenze produttive aziendali permette all’imprenditore agricolo di caratterizzare il proprio prodotto e distinguersi sul mercato, aumentando così le probabilità di successo dell’attività imprenditoriale.

 

A cura di: Nicola Lamascese – Dottore Agronomo e Responsabile Bioagricert Puglia & Basilicata
©uvadatavola.com

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