Dopo aver esplorato – in questo articolo – le diverse specie di cicaline presenti nei vigneti del Sud e del Nord Italia è il caso di approfondire in che modo esse si inseriscono nel contesto dei fitofagi su vite dell’Italia meridionale. Decido quindi di chiedere il parere dell’esperto agronomo di campo Antonio Romito (Agriproject), la cui carriera abbraccia oltre un trentennio di attività ed esperienze sulla vite da tavola. Romito accoglie con piacere l’opportunità di approfondire il tema.
L’obiettivo è di fornire una quadro in grado di spiegare le motivazioni per cui oggi si osserva una maggiore presenza di cicaline nei vigneti dell’Italia meridionale rispetto al contesto viticolo di 15-20 anni fa.
Sebbene le cicaline non determinino su vite danni tanto rilevanti quanto quelli arrecati da fitofagi chiave come Lobesia botrana, è necessario ricordare che dense popolazioni di cicaline possono comunque arrecare danni non indifferenti. Di che tipo di danni parliamo e quanto concretamente possono influire sulla resa finale?
La specie a cui ci riferiamo, quando parliamo di cicaline della vite negli areali dell’Italia meridionale, è la specie Empoasca vitis, a cui si sommano le specie di Jacobiasca lybica e Zygina rhamni. In ciascuno di questi casi i primi sintomi iniziano a vedersi nel periodo di luglio-agosto, ovvero quando le specie si sono già insediate su vite e hanno avviato la propria attività trofica sulle foglie. Quest’anno (2022) in realtà, possiamo dire che la presenza di cicaline in vigneto è stata già rilevata nella prima metà di luglio. Questo denota l’importanza di considerare il caso specifico e di contestualizzare il singolo vigneto e annata, senza generalizzare sul periodo di comparsa dei sintomi.
Danni all’apparato fogliare
In riferimento ai danni, confermo l’importanza che l’attività trofica dell’insetto ha sull’apparato fogliare. Si notano, infatti, accartocciamenti fogliari quando la sintomatologia è correlata all’attività trofica di E. vitis, mentre si notano tacche clorotiche quando ci riferiamo alla presenza in vigneto di Z. rhamni. Tali danni a carico dell’apparato fogliare, dunque, verificandosi in una fase avanzata del ciclo vegeto-produttivo della vite, ovvero nei mesi di luglio e agosto, si traducono in maggiori difficoltà in fase di maturazione dell’uva. La pianta può, infatti, dimostrare delle difficoltà nello svolgere una corretta e regolare attività fotosintetica che si traduce in difficoltà nel portare a termine l’ultima fase della maturazione. A ciò si aggiunge anche la difficoltà per la pianta di accumulare riserve importanti e utili per l’anno successivo.
Questo, possiamo dire, è il quadro che accomuna E. vitis e Z. rhamni, ma mentre per la prima il danno si sofferma solitamente agli effetti descritti sulle foglie, nel caso della seconda, se la presenza è importante, è facile riscontrare problemi anche sui grappoli.
Danni sui grappoli
Il danno sui grappoli può aversi quando il grappolo è ancora verde, ma in tal caso si tratta di un danno trascurabile a cui la pianta riesce a porre rimedio. Tuttavia, il danno più grave e diretto sui grappoli è il rilascio di deiezioni sugli acini. La posa di un elevato numero di individui sul singolo grappolo può, infatti, provocare la presenza evidente sia a occhio nudo sia al tatto di puntini neri sparsi sulla bacca e soprattutto nella parte superiore dell’acino. A tale situazione consegue, quindi, non solo un abbassamento qualitativo del prodotto ma anche l’impossibilità di commercializzare i grappoli fortemente compromessi.

Deiezioni di cicaline su acino d’uva.
Nel corso degli anni, dunque, ha potuto riscontrare delle variazioni nel trend di popolazione e della presenza di cicaline nei vigneti?
Per quel che riguarda la mia esperienza ho iniziato a riscontrare la presenza di cicaline, inizialmente per lo più di Zygina rhamni, circa 15-20 anni fa. Considerato l’andamento nel tempo, posso senz’altro affermare che la presenza in termini di percentuale, e quindi di intensità dell’insetto, sia aumentata.
L’insetto è parimenti presente in vigneti condotti in regime integrato e biologico, per cui è difficile dire con esattezza quale sia stata la causa scatenante tale incremento. Sulla base della mia esperienza, però, posso senz’altro indicare che tra le cause, che hanno determinato una maggiore presenza di cicaline, vi sono l’alterata biodiversità, i cambi colturali e sicuramente la riduzione di specie spontanee note come piante ospiti per eccellenza della cicalina. Uno di questi è il rovo che tempo addietro segnava il confine tra impianti di vigneto diversi insieme ai muretti a secco. Il rovo, in quanto pianta ospite prediletta dalla cicalina, era utile a trattenere su di sé le popolazioni di insetto ed evitarne la migrazione su vite. A conferma di ciò, infatti, anche oggi le infestazioni di cicaline, quando si verificano, hanno inizio proprio a partire dai filari di bordo. Man mano che ci si sposta all’interno dell’impianto la presenza normalmente si riduce. Se poi l’infestazione è forte, è chiaro che le differenze tra filari esterni e filari interni si assottigliano e quindi si ha infestazione consistente anche nelle zone più interne del vigneto.
La situazione è più complessa di quanto sembri
Come ogni cosa, è consigliato approfondire gli aspetti con approccio scientifico prima di individuare a priori l’evento scatenante un fenomeno. Con riguardo al focus “cicaline”, infatti, gli anni di attività mi riportano in mente un evento osservato in campo nel periodo a cavallo tra il 2006 e il 2007. Stiamo parlando esattamente di circa 15 anni fa e in quel periodo le prime aziende iniziavano a introdurre il metodo della confusione sessuale per il controllo della tignoletta.
Ebbene sì, in quelle aziende che sceglievano di adottare un approccio integrato e che quindi usavano il metodo della confusione sessuale, io e i miei colleghi osservavamo la presenza di cicaline che fino a poco tempo prima non avevano suscitato il nostro interesse. I prodotti chimici ammessi e utilizzati a quei tempi per il controllo della Lobesia botrana avevano, infatti, un’azione indiretta anche su altri fitofagi. Tra questi rientrava sicuramente la cicalina. Questo insetto era diventato oggetto del nostro interesse, molto probabilmente perché il fatto di non utilizzare più sostanze ad ampio spettro non ne abbatteva fortemente la presenza.

Il laccetto rosso è una delle tipologie di confusori sessuali, efficaci contro Lobesia botrana.
Ricordo quegli anni come fosse ieri e tante cose sono oggi cambiate, ma qualcosa di positivo possiamo sicuramente portarla alla luce. Un po’ come tutte le cose, quando si è alle prime armi, i risultati sono sempre un gradino sotto rispetto ai risultati che si riesce a raggiungere dopo anni di esperienza. In quegli anni, infatti, i prodotti biologici in commercio non avevano una grande efficacia. Fortunatamente oggi la situazione è ben diversa e ottimi sono i risultati che questi prodotti sono capaci di conseguire. I prodotti ammessi in biologico, se usati con cognizione di causa, infatti sono dei validissimi sostituti ai prodotti di sintesi e permettono l’ottenimento di risultati più che soddisfacenti.
Questo aspetto sulle strategie di controllo biologiche è davvero molto interessante: è bello sapere che la ricerca riesca a ottenere risultati di questo tipo. L’obiettivo d’altronde è proprio quello di realizzare produzioni sostenibili, sia economicamente sia ecologicamente. A fronte delle situazioni descritte, quali sono allora gli strumenti tecnici utilizzati e capaci di contenere meglio i danni?
I mezzi di controllo a disposizione sono sia di tipo chimico sia di tipo biologico. Tra i primi mi è sicuramente facile pensare all’EPIK® SL, a base di Acetamiprid, e al SIVANTO® PRIME, a base di Flupyradifurone. Anche tra i secondi, le possibilità di scelta sono molte. Mi viene da pensare, per esempio, alle piretrine e agli oli di arancio, ma so di diverse realtà che hanno testato anche applicazioni con olio di neem. Nel contesto delle aziende biologiche, poi, è sicuramente un tassello importante del sistema aziendale la presenza di insetti utili, perché in grado di dare validi risultati, e l’introduzione di essenze utili sia come ospiti per le cicaline, alternativi alla vite, sia come ricovero per gli insetti utili. Interessante come l’introduzione di piante ospiti abbia una duplice valenza, offrendo riparo non solo al parassita ma anche al parassitoide, consentendo la stabilizzazione delle specie nel corso di tutto l’anno.
Nella fase conclusiva della chiacchierata, all’ombra dei vigneti ormai prossimi alla maturazione, il dott. Romito (Agriproject) mi mostra foto di individui di cicadellidi su vite. Raccolgo idee e appunti sulla realtà di campo e mi preparo a realizzare l’ultima parte di questa “indagine” sul campo.
Autrice: Silvia Seripierri
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