Dal 1°gennaio 2023 entrerà in vigore l’obbligo di etichettatura ambientale degli imballaggi. L’agronomo Angelo Gasparre spiega chiaramente le novità previste dalla normativa.
Dopo diverse proroghe, pare che a partire dal 1° gennaio 2023 sarà in vigore l’obbligo di etichettatura ambientale degli imballaggi. Si tratta del Decreto Legislativo italiano n° 116 del 3 settembre 2020 che recepisce due direttive europee (la 851 e la 852 del 2018) in materia di rifiuti, di imballaggi e dei rifiuti degli imballaggi. Indubbiamente la normativa riguarderà anche il comparto dell’uva da tavola. Infatti anche le confezioni di ortofrutta dovranno riportare indicazioni precise circa lo smaltimento e la composizione dei materiali adoperati per gli imballaggi. Per approfondire la normativa e comprendere meglio di cosa si tratta abbiamo intervistato l’agronomo Angelo Gasparre, afferente allo studio agronomico Food Agri Service ed esperto di certificazioni di qualità.
Angelo, spiegaci la nuova normativa su imballaggi e rifiuti
A differenza dei regolamenti, che sono recepiti tal quali dagli stati membri, questa è una direttiva, pertanto ogni Stato membro dell’Unione Europea ha emesso un proprio decreto in tal senso. L’Italia è stata la prima in Europa ad emanare un decreto legge in materia nel 2020. Diverse però sono state le proroghe, anche a causa della pandemia. Tra gli addetti ai lavori si sospettava che l’obbligo partisse da luglio 2022, però ultimamente c’è stata un’ulteriore proroga. Entrando nel merito della questione, la legge sull’etichettatura degli imballaggi distingue due canali: il B2C – ovvero gli imballaggi creati per i prodotti destinati al semplice consumatore – e il B2B, ovvero gli imballi che riguardano materiale venduto da una buyer ad un altro buyer. Esistono infatti tutta una serie di imballaggi volti a proteggere oggetti destinati ad altre industrie della filiera o i classici imballaggi “da esposizione”. Che vengono presentati esclusivamente sui punti vendita. La norma al momento riguarda solo il mercato nazionale italiano. Pertanto dal primo gennaio l’obbligo entrerà in vigore in Italia e riguarderà gli imballaggi commercializzati per il mercato nazionale. Gli altri Stati membri sicuramente legifereranno a riguardo, pertanto immagino che saranno le GDO estere ad inviarci le indicazioni da rispettare; così come avviene oggi con i capitolati o con le approvazioni delle specifiche.
Quali sono le novità circa l’etichettatura ambientale degli alimenti?
Si tratta di informazioni aggiuntive che andranno inserite su qualsiasi tipo di imballaggio. Il decreto sancisce che tutti gli imballaggi dovranno riportare informazioni per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero e il riciclaggio degli stessi. Ai consumatori si dovranno fornire informazioni circa lo smaltimento dei diversi materiali utilizzati per il packaging. Inoltre vige l’obbligo di indicare la natura dei materiali usati per l’imballaggio (sulla base della decisione 97/129CEE della Commissione dell’Unione Europea).
Detto in soldoni: per i prodotti destinati al consumatore sarà necessario riportare – sull’imballaggio stesso o sull’etichetta – informazioni sulla natura dei materiali che compongono il packaging e sul loro smaltimento. Mentre per il packaging destinato al B2B sarà obbligatorio indicare solo il materiale che costituisce l’imballo. In questo caso sarà necessaria un’informazione in meno.
Si potrà sempre fare riferimento anche ad eventuali canali digitali attraverso QR code che manderanno a siti internet specifici. All’interno dei quali si potrà spiegare in che modo effettuare lo smaltimento nel dettaglio. I canali digitali dovranno però essere precisi e non generici. Il canale digitale sarà utile anche in vista delle normative che metteranno a punto gli altri Paesi europei.
Sarà complesso, secondo te, mettersi a norma?
Non vedo complessità a riguardo, perché già molte aziende che commercializzano prodotti trasformati si sono adeguate alle novità. Se ci spostiamo sull’ortofrutta fresca, invece, si tratta di una novità per chi confeziona.
Chi vigilerà?
Il controllo verrà svolto dalle autorità competenti, quindi ASL e NAS. Un concetto molto importante che emerge dalla norma è la necessità del confronto tra i vari anelli della filiera. In caso di inadempimenti, infatti, tutti gli anelli della filiera saranno sanzionabili, perché da quando un imballaggio nasce a quando arriva al consumatore gli attori chiamati in causa sono diversi.
Facciamo degli esempi
Se volessi commercializzare un cartone con dell’uva sfusa, dovrò chiedere al produttore del cartone di inserire il codice che indichi il materiale del cartone. Se invece ho un cestino in carta, che imballo nel mio magazzino con flow pack neutro sul quale non c’è nessuna stampa è chiaro che le informazioni sui materiali che compongono il mio packaging e sullo smaltimento dovrò inserirle in etichetta. Credo che questo sia il modo più economico di procedere. Ad ogni modo risulta fondamentale il confronto tra: fornitori di materiali di imballaggio, fabbricanti, trasportatori, importatori, commercianti e distributori. Bisogna coordinarsi, capire chi avrà la responsabilità di inserire le nuove informazioni. Le sanzioni previste andranno da 5.200 ai 40mila euro, a seconda delle mancanze.
Tutto questo si tradurrà in un costo?
Secondo me – per la filiera dell’uva da tavola – l’etichettatura spetterà ai confezionatori. Sono loro che comprendono quando è opportuno scrivere il tutto direttamente sul packaging e quando conviene inserire i dati in etichetta. Un flowpack neutro ha un costo, mentre un flowpack con delle scritte avrà decisamente un costo differente. Quindi bisognerà valutare se è il caso di inserire quelle informazioni in etichetta o acquistare dei flowpack prestampati. Ovviamente ci si starà chiedendo: verrà riconosciuto il costo di questa azione dal compratore?
Concretamente quali informazioni occorre riportare?
Innanzitutto bisogna indicare il codice del materiale, sono informazioni presenti sulle schede tecniche da richiedere ai fornitori degli imballaggi. Inoltre bisogna indicare la natura del materiale e dove poter smaltire l’imballaggio al momento della differenziata. Per esempio “Raccolta carta”, oppure, “Raccolta plastica”, e così via. Si consiglia di scrivere anche la seguente dicitura: “Verifica le disposizioni del tuo comune”. Ovviamente sarà cura del fornitore di imballaggio passare al confezionatore tutte le informazioni necessarie. Per il packaging multi componente è importante capire se i diversi materiali sono o meno separabili. Penso – ad esempio – al cestino in carta flowpackato, composto da materiali separabili manualmente. In questo caso bisognerà dire che i due materiali andranno smaltiti in due raccolte differenti.
Invece nel B2B?
Per l’ortofrutta fresca sono innumerevoli le tipologie di confezionamento destinate ai Buyer (B2B). Penso alla plastica, alla spugna, al pvc. Non arriva tutto al consumatore finale, gran parte di questo materiale è destinato solo al distributore. In questo caso basterà indicare la natura del materiale, omettendo le modalità di smaltimento. Il consumatore porta a casa solo il cestino con il flow pack e solo lì andrà indicato come effettuare lo smaltimento.
Angelo, concludiamo con un consiglio.
Credo che sia fondamentale capire, dal punto di vista economico, se riportare sugli imballaggi determinate informazioni o se conviene riportarle in etichetta. A mio avviso per gli imballaggi tipo cestini conviene inserire le informazioni nuove in etichetta. Questo perché, ripeto, stampare un cestino modificando la grafica ha sicuramente un costo più alto che ristampare una semplice etichetta. Fondamentale sarà affrontare per tempo la questione con i propri clienti e con i propri fornitori di imballaggi per non giungere impreparati al 1° gennaio 2023.
Autrice: Teresa Manuzzi
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