Fertilizzanti a base di potassio e produzione

Il potassio è un elemento fondamentale per le piante e, in funzione di diversi fattori, si sceglie quale usare. Ne parlano i tecnici di Floema Consulting.

da Redazione uvadatavola.com

La parola potassio deriva dal termine latino kalium. Questo, a sua volta, proviene dalla parola araba alcale, il cui significato è «ceneri vegetali». Infatti, la prima modalità di concimazione potassica è stata caratterizzata dall’applicazione al terreno del prodotto derivante dalla combustione delle piante.

Con il passare del tempo ci si è resi conto che questa pratica causava un’eccessiva deforestazione. Per questo motivo è cominciata la ricerca di nuove fonti di sali potassici. Il primo fu il chimico tedesco Adolph Frank che, nella metà del 1800, costruì la prima fabbrica di concimi potassici che sostituirono l’utilizzo di ceneri potassiche, salvaguardando così le foreste che non venivano più distrutte per tale scopo.

Produzione e consumi mondiali

Gli elementi che compongono i fertilizzanti utilizzano le riserve naturali della Terra. Nel dettaglio vediamo che i composti minerali contenuti nel suolo derivano principalmente dalla roccia madre e dalla materia organica; secondariamente da apporti eolici, da acque meteoriche e acque di scorrimento superficiale.
In particolare, i fertilizzanti potassici sono ottenuti dai sali di potassio prelevati dai giacimenti caratterizzati dalla presenza di carnallite (cloruro idrato di magnesio e potassio), kainite (clorosolfato di potassio e magnesio), silvite (cloruro di potassio).

Ci sono diverse tipologie di concimi potassici che si differenziano per l’anione associato, ma quello più utilizzato è il cloruro di potassio. Attualmente il principale produttore mondiale di concimi potassici è il Canada, seguito da Russia, Germania, Israele e Giordania. L’Italia importa circa il 50% del valore corrispondente alla quantità di concimi potassici assorbiti dall’agricoltura. Secondo le stime FAO 2018, la domanda mondiale di concimi potassici raggiungerà circa le 38,74 milioni di tonnellate.

Carenza di potassio su vite

Carenza di potassio su vite

I fertilizzanti potassici

Il potassio è un elemento fondamentale per la crescita delle piante. Viene classificato come macronutriente per le elevate quantità assorbite dalle piante e in relazione alle attività esplicate in esse durante il loro ciclo vitale.

In funzione di diversi fattori, quali per esempio la specie, la fase fenologica e il tipo di problema da affrontare, oltre che in base all’anione (elemento carico negativamente) associato al nutriente, vengono scelti i tipi di fertilizzanti da utilizzare.

Per esempio, per le colture meno sensibili al cloro come le leguminose ed i cereali è possibile utilizzare il cloruro di potassio, che è tra i più utilizzati per l’elevato titolo dell’elemento (60% di K2O) ed il basso costo dell’unità fertilizzante. Contrariamente per le colture altamente sensibili al cloro, come vite, patata, pomodoro e fruttiferi, al posto del cloruro di potassio si consiglia l’uso di solfato o di nitrato di potassio. In particolare, il solfato di potassio (sale ternario con formula chimica K2SO4) è il più utilizzato tra tutti i fertilizzanti potassici. Esso si ottiene dalla reazione tra l’acido solforico ed il cloruro di potassio e ha un titolo di ossido di potassio del 50-52%; con percentuali di cloro inferiori al 3% è consentita la dichiarazione in etichetta “a basso titolo di cloro”.

Nitrato di potassio

Il nitrato di potassio è il sale potassico dell’acido nitrico con formula chimica KNO3; è utilizzato come concime binario dato l’apporto sia di azoto (13%) che di potassio (46%). Le tre diverse tipologie di concimi potassici sono caratterizzate da medio-bassa solubilità in acqua a 20°C. In particolare, il solfato di potassio presenta una solubilità di 110 gr/l, il nitrato di potassio ha una solubilità di 320 gr/l ed il cloruro di potassio di 340 gr/l.

La scarsa solubilità dei concimi potassici è dovuta alla presenza dello ione potassio. Viceversa, la problematica della precipitazione non è legata all’elemento in questione, ma è dovuta alla reazione chimica che si genera tra il Ca2+ ed i concimi potassici a base di solfati.

Il potassio nel terreno

Il potassio è contenuto nel terreno in diverse forme che si differenziano tra loro in base alla diversa disponibilità ad essere assorbiti da parte delle piante.

Non disponibile:

è un costituente dei reticoli cristallini dei minerali primari del suolo. La stragrande maggioranza del potassio presente nel terreno, rappresentata dalla forma cristallina e insolubile di K+, non è prontamente disponibile per la pianta poiché i minerali vengono degradati grazie all’azione degli agenti atmosferici (sole, pioggia, vento, ghiaccio). Sono, quindi, necessari migliaia di anni prima che l’elemento venga trasformato in forme disponibili.

Poco disponibile:

è legato negli strati intermedi dei minerali argillosi. Questa forma rappresenta una riserva di potassio nel suolo poiché è correlato al potassio scambiabile. La disponibilità dell’elemento in questa forma è funzione di diversi fattori quali il tipo di piante presenti e della quantità di forme scambiabili e solubili contenute nel suolo.

Disponibile:

l’elemento in forma scambiabile, prontamente disponibile poiché presente sulle superfici di scambio cationico; oppure come ione disciolto nella soluzione circolante del terreno e che la pianta può direttamente assorbire.

La quantità di potassio scambiabile varia dall’1% al 10% del contenuto totale dell’elemento nel suolo.

Le informazioni fondamentali da tenere in considerazione sono quelle ottenute dalla relazione e dalle interazioni che si vengono a creare tra le tre forme presenti nel terreno. Infatti, con il passare degli anni, parte della frazione non disponibile si trasforma lentamente nella frazione poco disponibile.

Nel suolo, in funzione della sua diversa natura e quindi della differente capacità di scambio cationico (CSC) dei terreni argillosi o sabbiosi, si osservano fenomeni di equilibrio tra la forma solubile e quella scambiabile in seguito sia alle asportazioni da parte delle piante sia agli apporti tramite le concimazioni. Le piante sono in grado di assorbire l’elemento attraverso il sistema radicale, in particolare tramite le giovani radici, dalla soluzione del suolo.

Se la concentrazione di ioni K+ presenti nella soluzione del suolo diminuisce al punto da non poter più essere assorbito, le radici possono prelevarlo dai siti di scambio cationico che caratterizzano la superficie delle particelle di sostanza organica e argilla. Questo è reso possibile grazie alla combinazione di alcuni fattori del suolo quali temperatura, umidità ed aereazione.

 

Autori: Floema – Studio Agronomico Mediterraneo

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