La presenza sempre più pressante della fillossera Daktulosphaira su vite europea costringe i viticoltori italiani a modificare le proprie linee di difesa. L’insetto si sta insediando sempre più prepotentemente sulle produzioni italiane di uva da tavola. In questo articolo alcuni suggerimenti per il suo contenimento.
La fillossera Daktulosphaira (= Viteus) vitifoliae (Fitch 1851) è un insetto – di origine americana – appartenente alla famiglia dei Phylloxeridae (Rhyncota Homoptera, superfamiglia Aphidoidea) associato alla vite. Conosciuto sin dal secolo scorso è stato segnalato per la prima volta in Italia nel 1879, ove è stato motivo di grave preoccupazione per i viticoltori. Tanto da far ipotizzare la scomparsa della viticoltura. Il comportamento dell’insetto era infatti differente a seconda dell’ospite: viti americane o europee.
Per comprendere meglio l’evoluzione determinata da Daktulosphaira vitifoliae, è necessario fare alcuni cenni al ciclo biologico dell’insetto. Il tutto ci sarà d’aiuto per capire alcune delle ipotesi emerse volte a spiegare questa nuova tipologia di infestazione e l’aggressività che la fillossera sta manifestando nei confronti della vite europea.
Ad oggi pare che il comparto dell’uva da tavola stia vivendo nuovamente la stessa situazione di 150 anni fa, quando nel 1897 – a circa 20 anni dalla sua segnalazione in Italia – si riuscì a contenere il patogeno grazie all’innesto delle viti europee su portainnesto americano.
Il ciclo biologico della fillossera su vite americana
La Fillossera svolge su vite americana un ciclo completo, partendo da una generazione anfigonica – che prevede l’accoppiamento tra i due sessi – a cui fanno seguito generazioni successive partenogenetiche (ovvero che riescono a produrre uova fertili senza richiedere la presenza del maschio). L’uovo durevole, deposto dalla femmina sul legno di qualche anno, dà vita ad una “fondatrice” proprio quando comincia il germogliamento della vite. La neanide ricerca una foglia che abbia uno sviluppo medio e la punge. In seguito alla puntura la pianta reagisce formando una galla nella quale l’insetto depone le proprie uova. Successivamente si formano generazioni di fondatrigenie partenogenetiche. Queste producono un elevato numero di galle (perciò vengono chiamate generazioni neogallecole-gallecole).
Alcune di esse cambiano morfologia e comportamento portandosi nel terreno, infestando le radici, sulle quali continuano a riprodursi ma non determinano danni, perché le viti americane sono poco sensibili e reattive alla puntura della fillossera. A fine estate gli ultimi individui che migrano sulle radici, percepiscono che il metabolismo della vite sta andando in riposo invernale, per cui stazionano in quiescenza. In primavera o durante la stagione, dalle ninfe formatesi nel terreno si sviluppano delle forme alate, maschio e femmina, che non si nutrono, ma hanno il solo scopo, dopo l’accoppiamento, di deporre l’uovo durevole da parte delle femmine. Queste forme alate si riscontrano solo in un ciclo completo e sono gli unici stadi in grado di diffondere autonomamente la specie nel territorio, mentre gli altri stadi hanno spostamenti molto limitati solo per azione del vento.
Ciclo biologico della fillossera su vite europea
Questa complessità del ciclo e le differenti forme morfologiche presenti nel ciclo sono condizioni favorevoli al rimescolamento genetico della specie. Su vite europea il ciclo è differente, infatti, non troviamo la presenza degli stadi anfigonici sulla vegetazione, per cui sviluppano un ciclo monosito (analociclo) nel terreno sulla parte ipogea della pianta, interessando le radici e formando nodosità su quelle più giovani e tuberosità su quelle meno giovani, sviluppando diverse generazioni partenogenetiche (gallecole-radicicole).
I danni provocati sulle radici, determinano perdita delle capacità assorbenti con gravi conseguenze sulla vitalità della pianta, portandola alla morte. Ciò a differenza della vite americana, che tollera molto bene le infestazioni di fillossera sulle radici in quanto riesce a determinare una reazione alle punture, tale da non produrre nodosità o tuberosità. Di conseguenza la pratica dell’innesto della vite europea su vite americana ci ha permesso per secoli di produrre uva senza subire danni da tale fitofago.
Da qualche anno, però, si riscontra sempre con maggiore frequenza, la presenza di galle di fillossera su foglie di vite europea. La diffusione è riscontrata non solo in diverse regioni italiane ma anche in quasi tutte le nazioni in cui si coltiva la vite. Gli studi e la ricerca impostati, per capire le motivazioni di tale cambiamento comportamentale della specie D. vitifoliae, hanno portato allo stato attuale ad ipotizzare tre ipotesi.
Prima ipotesi
È possibile che si verifichi una reinfestazione da viti americane situate nelle vicinanze. Questa situazione è stata accertata e confermata da diversi ricercatori e studiosi. Le gallecole, infatti, possono migrare spostandosi con il vento da piante infestate di portainnesti, situati sui bordi o nelle vicinanze del vigneto o sviluppatesi al piede della pianta. Questa ipotesi potrebbe avere fondamento perché ad essere interessate dal patogeno sono – generalmente – solo le foglie apicali e non quelle basali. Le infestazioni, inoltre, si riscontrano solo nella tarda stagione vegetativa. Inoltre, le possibili cause di questa recrudescenza, potremmo ritrovarle nella riduzione di insetticidi a largo spettro di azione impiegati nei vigneti.
Seconda ipotesi
Si potrebbe pensare alla risalita delle neogallecole-radicicole verso la vegetazione della vite europea. Le condizioni climatiche e la sensibilità delle piante, in tale caso, sono da ritenersi particolarmente influenti. Infatti, in annate con estati fresche e di fronte ad una diminuzione di tolleranza dei portainnesti, l’insetto è portato a non sviluppare, per convenienza, l’intero ciclo. In questo modo non disperde energia per la produzione delle forme alate (anfigonici). Per cui la fillossera rimane sempre nella forma partenogenetica, anche durante lo svernamento.
Negli ambienti in cui l’inverno è generalmente mite, le condizioni climatiche risultano anche favorevoli a tale forma di svernamento senza provocare la morte degli individui. Tale condizione biologica favorirà, in primavera, la presenza di un’elevata popolazione in grado di determinare infestazioni ragguardevoli sulle giovani foglie sin dalle prime fasi vegetative. Non si esclude però del tutto la formazione – anche in tale caso – di alcune forme alate.
Terza ipotesi
Recentemente sono stati effettuati studi, da parte di numerosi ricercatori e studiosi, per identificare la presenza di diversi biotipi di D. vitifoliae in grado di completare sulla vite europea un olociclo con la formazione di sole galle sulle foglie (Forneck et al., 2000).
Nel corso di uno studio, svoltosi in Veneto e condotto dall’Università di Padova (Prof. Mori), è stato riscontrato un cambiamento comportamentale di D. vitifoliae (Mori, 2018). Infatti, sin dal 1985, è stato individuato un ceppo di fillossera (indicato come A), che provocava – su vite europea – esclusivamente tuberosità e nodosità sulle radici, ignorando totalmente la parte aerea. Oggi si rileva un nuovo ceppo (indicato come G), di cui non sono noti i danni sulle radici ma che danneggia visibilmente le foglie. Tale comportamento viene riscontrato, in alcuni casi, anche su viti americane.
Di contro, in altri casi, è possibile rilevare nei nostri ambienti una elevata presenza di galle sulla vite europea e una assenza delle stesse su foglie del portainnesto, situate alla base del ceppo. Tale comportamento potrebbe essere determinato sia dalla plasticità dell’insetto che si modifica geneticamente, sia probabilmente per la minore tolleranza di alcuni cloni di vite messi in commercio.
Suscettibilità varietale
In Puglia le infestazioni di D. vitifoliae vengono riscontrate essenzialmente su uva da tavola, ma numerose sono le segnalazioni registrate in altre regioni su differenti vitigni di uva da vino. Le varietà di uva da tavola che maggiormente hanno evidenziato la presenza della fillossera sono Timpson, Sophia Seedless, Superior Seedless, Midnight beauty. Ma anche sulle cultivar Italia e Vittoria sono state riscontrate infestazioni, pur se con minore virulenza.
Danni
Il danno, in alcuni vigneti, è molto evidente ed è proporzionale al numero di galle presenti sulle foglie. Le galle spesso invadono l’intera superficie fogliare impedendo o limitando molto le funzioni di questi importanti organi dediti all’alimentazione e alla crescita della pianta e dei grappoli. Sulle viti colpite da fillossera si notano grappoli con un accrescimento scarso e con difficoltà di maturazione. Il tutto ovviamente provoca un deprezzamento qualitativo del prodotto.
Prevenzione
Il contenimento di tale fitofago deve essere basato sulla prevenzione, limitando il più possibile la diffusione dell’insetto, pertanto è necessario attivare diverse azioni sia di natura agronomica, sia affidandosi a interventi fitosanitari.
Va comunque sempre considerato che le fonti di inoculo sono le viti americane, dalle quali partono gli individui che nel tempo riescono a modificare le abitudini comportamentali modificandosi anche geneticamente e adattandosi alle condizioni a loro più favorevoli. Pertanto la presenza dei ricacci dei portainnesti o la presenza di viti abbandonate non più innestate – non solo lungo i bordi del campo o sotto i ceppi, ma anche nell’areale di coltivazione della vite – contribuiscono a diffondere le piccole neanidi. Esse facilmente potranno essere trasportate dal vento anche fino a medie distanze.
A proposito dei portainnesti, è ben nota la suscettibilità che presenta il maggiore portainnesto utilizzato nei nostri impianti per la produzione di uva da tavola: il 140 Ruggeri. Pertanto, a maggior ragione, un’adeguata pulizia dei ricacci e delle piante non innestate può determinare una significativa riduzione dell’inoculo presente nell’areale viticolo.
La forma della struttura di copertura, adottata nei nostri ambienti viticoli pugliesi per l’uva da tavola, pone forte difficoltà nel proteggere tutta la vegetazione che fuoriesce completamente nella parte superiore dei teli: essa non potrà assolutamente essere interessata dai prodotti fitosanitari adoperati. Perciò a fine estate è molto evidente, sulle femminelle, la presenza di forti infezioni di peronospora, tripidi estivi e sicuramente anche di fillossera.
Contenimento chimico
La difesa chimica sino a qualche anno fa era scarsamente considerata. Tuttavia la diffusione e la virulenza delle infestazioni di D. vitifoliae hanno costretto i viticoltori ad eseguire specifici interventi fitosanitari. Il tutto con grandi difficoltà a causa dell’assenza di qualsiasi sostanza attiva registrata.
Nel 2015, l’estensione d’impiego dell’acetamiprid su fillossera ha consentito di contenere le infestazioni, anche per l’impossibilità di impiego di altri specifici aficidi neonicotinoidi messi al bando.
Le altre sostanze attive registrate successivamente per il controllo della fillossera sono spirotetramat e di recente anche il flupyradifurone. La possibilità, pertanto, di poter avere a disposizione già tre sostanze attive ci consente di poter programmare un adeguato controllo di tale fitofago, anche in relazione alle limitazioni dei trattamenti per ciascuno di essi. Non bisogna nemmeno dimenticare che gli stessi principi attivi sono utilizzati anche per il contenimento di altri fitofagi.
É bene ricordare che
- acetamiprid: divieto d’impiego in fioritura per un massimo 2 applicazioni/anno;
- spirotetramat: intervenire a partire da fine fioritura per un massimo di 2 applicazioni/anno;
- flupyradifurone: effettuare 1 trattamento all’anno a partire dalla fase di prefioritura.
La capacità, da parte di questi insetticidi, di controllare D. vitifoliae è determinata dalla sistemia nei tessuti vegetali, al fine di bloccare la formazione delle galle e la diffusione delle neanidi. Sono comunque ancora in corso sperimentazioni sulla verifica di efficacia di altre sostanze attive al fine di ampliare la disponibilità per controllare tale insetto (Bacci et al. – 2018).
In tutto questo deve essere riconosciuto ai viticoltori l’impegno costante volto a ridurre l’uso di insetticidi. In questo modo riescono a offrire ai consumatori un ottimo prodotto sia dal punto di vista della qualità che della salubrità. La presenza di nuove problematiche fitosanitarie, nei confronti delle quali è difficilissimo tamponare a breve tempo, costringe però le aziende, talvolta a fare dei passi indietro. La scelta, spesso, è tra raccogliere una produzione compromessa o meno. Esigenza, questa che – purtroppo – non è assolutamente compresa o valutata dalla GDO.
Quando effettuare il primo intervento?
Nell’ultimo periodo al centro delle discussioni dei fitoiatri c’è la necessità di stabilire il momento più idoneo per eseguire il primo intervento fitosanitario. Riuscire ad individuare il momento esatto in cui avviene la migrazione delle neanidi dal terreno alla vegetazione sarebbe un bel passo avanti. Ma tale fase, così come la deposizione dell’uovo durevole dalle femmine alate sui tralci, risulta particolarmente complessa.
Presumibilmente la migrazione avviene appena dopo l’inizio del germogliamento e questo sarebbe il momento ideale per effettuare il primo intervento, al fine di bloccare la formazione delle prime galle. In un secondo momento, in relazione all’andamento della diffusione, sarà poi il caso di eseguire ulteriori interventi.
Una seconda strategia, più semplice da applicare, è quella di rilevare la formazione delle prime galle sulle foglie ed eseguire un primo intervento. Questa impostazione può essere valida se tra il rilievo delle prime galle e l’intervento intercorre un tempo molto breve. Ciò eviterebbe il diffondersi delle generazioni neo gallecole-gallecole che potrebbero rendere il controllo della fillossera poco efficace.
Un’ulteriore impostazione è basata sulla verifica di una eventuale reazione delle piante dopo le prime punture, valutando se la cultivar riesce a reagire in modo positivo e quindi mostrarsi tollerante alle punture dell’insetto. In tal caso è possibile non eseguire alcun trattamento. In alternativa si procede con interventi fitosanitari per tamponare la diffusione della fillossera. Ovviamente tale procedura è consolidata da esperienze tecniche in merito alla conoscenza della biologia di D. vitifoliae e delle caratteristiche biologiche della cultivar.
Monitoraggio
In un panorama del genere, in continuo mutamento, emerge quindi l’importanza del monitoraggio del fitofago. Grazie al monitoraggio avremo informazioni precise e certe sulla presenza dei diversi stadi biologici di D. vitifoliae attraverso i sintomi.
Grazie all’impiego di trappole cromotropiche, da installare in settembre ottobre, sarà possibile verificare la presenza di individui alati. Il monitoraggio deve, inoltre, anche essere esteso alla verifica di portainnesti e varietà di uva da vino e da tavola tolleranti o resistenti.
Monitorare l’insetto risulta fondamentale anche in vista della rilevanza sempre maggiore di nuove varietà, che, certamente, non vengono testate o selezionate sulla base della propria resistenza o tolleranza al patogeno. Una selezione delle varietà più tolleranti o resistenti nella realizzazione di nuovi impianti potrebbe contribuire a ridimensionare la pressione di questo scomodo ospite.
Antonio Guario – Fitoiatra, Agrolab – Noicattaro (BA)
Stefano Convertino – ReAgri s.r.l. Massafra (TA)
Domenico D’Ascenzo – SVA – Servizi per il Verde e l’Ambiente – Regione Abruzzo – Pescara
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