Imponevano il pizzo ad imprenditori agricoli minacciando il danneggiamento dei vigneti, con il taglio dei tiranti e dei tralci di vite, così da compromettere l’intero raccolto.
Quando gli estorsori non riuscivano ad ottenere la pretesa, assoldavano un intermediario per convincerli “bonariamente” a cedere al ricatto.
A spezzare questa “catena” ci hanno pensato i carabinieri della Compagnia di Triggiano e della Stazione di Rutigliano che hanno troncato di netto il fenomeno arrestando due individui della zona, noti alle forze dell’ordine, in esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare emesse dal GIP del Tribunale di Bari, su richiesta della Procura della locale Repubblica, per tentata estorsione aggravata. Si tratta di N. G., sorvegliato speciale 40 enne di Rutigliano, che dovrà anche rispondere della violazione degli obblighi imposti, e A. N., 37enne di Noicattaro: il primo in carcere, il secondo agli arresti domiciliari.
Con loro è convolta una terza persona, un 38enne incensurato di Rutigliano: l’amico della vittima, che si è prestato a confondere i ruoli estorsore/intermediario. Per lui il Tribunale ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il fenomeno in questione è diffuso nell’agro barese; ammontano a qualche decina i casi denunciati solo nella passata stagione, tra i mesi di giugno e settembre. Il modus operandi è sempre simile: avvicinamento della vittima con richiesta di denaro e, in caso di non cedimento alla richiesta estorsiva, esecuzione notturna dei danneggiamenti ai tiranti, ai tendoni e alla vite stessa, con la consequenziale compromissione dell’intero raccolto.
Due gli episodi in questione, entrambi avvenuti in Rutigliano (Bari).
Il primo imprenditore, nel periodo dei tentativi di avvicinamento, è stato contattato ben nove volte, ricevendo nove telefonate intimidatorie con richiesta della stessa somma: 20 mila euro, a seguito delle quali due suoi vigneti sono stati danneggiati irrimediabilmente, in due distinte occasioni. Di fronte alla volontà dell’imprenditore di non cedere alle richieste, l’estorsore, deciso a guadagnarci, “travestendosi” da intermediario ha assoldato un “vero” amico della vittima, cui veniva assegnato il compito di presentarlo al produttore con il pretesto che solo lui avrebbe potuto “calmare le acque”, ovviamente dietro lauto compenso, tra la vittima e gli estorsori. Quindi, nelle vesti di estorsore o di intermediario/benefattore, il “lauto compenso” doveva arrivare.
Il secondo imprenditore, più fortunato, non ha subìto danni perché ha denunciato subito l’accaduto ai carabinieri già dopo la prima richiesta di avvicinamento, nella quale la somma richiesta era sempre la stessa: 20 mila euro. In seguito ad indagini, il cerchio si è restrinto sempre intorno allo stesso estorsore.
Fonte: barinews24.it