Made in Italy: serve l’etichetta, 1/3 della spesa è anonima

da Redazione uvadatavola.com

“La decisione di proseguire con fermezza sulla strada della trasparenza con l’etichetta di origine obbligatoria per il grano impiegato nella pasta e per il riso è coerente con gli impegni assunti”.

“Ma soprattutto risponde alle esigenze di oltre il 96% dei consumatori che chiedono che venga scritta sull’etichetta in modo chiaro e leggibile l’origine degli alimenti secondo la consultazione on line del Ministero delle Politiche Agricole”. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in riferimento alla conferenza stampa dei Ministri Maurizio Martina delle Politiche Agricole e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda nel chiedere che anche all’ortofrutta trasformata, dalle conserve e succhi fino al concentrato di pomodoro venga esteso l’obbligo di indicare l’origine, per evitare che venga spacciata come Made in Italy quella importata dall’estero.

“Di fronte all’atteggiamento incerto e contradditorio dell’Unione Europea che obbliga ad indicare l’etichetta per la carne fresca ma non per quella trasformata in salumi, per il miele ma non per il riso, per il pesce ma non per il grano nella pasta, per la frutta fresca ma non per i succhi, l’Italia che è leader europeo nella trasparenza e nella qualità ha il dovere di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie” anche – ha sottolinea Moncalvo – con un profonda revisione delle norme sul codice doganale nel settore agroalimentare, che pretendono paradossalmente di chiamare addirittura farina italiana quella ottenuta dal grano straniero macinato in Italia.

L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero Made in Italy ha precisato Moncalvo nel sottolineare che “in un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti”. Due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione in etichetta, come pure 1 pacco di riso su 4 ma anche i succhi di frutta o il concentrato di pomodoro le cui importazioni dalla Cina sono aumentate del 43% nel 2016 ed hanno raggiunto circa 100 milioni di chili, pari a circa il 20 per cento della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente.

Con la decisione di accelerare sull’etichettatura di origine obbligatoria anche per la pasta e per il riso di fronte alle incertezze comunitarie si realizza un passo determinante nella direzione della trasparenza dell’informazione ai consumatori in una situazione in cui però – precisa la Coldiretti -1/3 della spesa degli italiani resta anonima” ha concluso Moncalvo.

L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa ma – continua la Coldiretti – l’etichetta non indica la provenienza degli alimenti, dai salumi al concentrato di pomodoro ai sughi pronti, dai succhi di frutta fino alla carne di coniglio. L’Italia sotto il pressing della Coldiretti ha fatto scattare il 19 aprile 2017 l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre a partire dal 1° gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello comunitario – continua la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto.

 

Fonte: coldiretti

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