Mercato, Suglia: potere d’acquisto al minimo e costi alle stelle

Il mercato per le uve procede a stento: costi di produzione, imballaggio e trasporto aumentati e potere d'acquisto ai minimi.

da Redazione uvadatavola.com

La stagione per le uve precoci procede a stento: i costi di produzione, imballaggio e trasporto sono aumentati per un prodotto che già di per sé esige alti costi di produzione. A tutto ciò bisogna aggiungere anche le conseguenze della guerra e l’abbassamento del potere d’acquisto.

Cerchiamo di comprendere le motivazioni che hanno reso stagnante la domanda – di ortofrutta in generale dell’uva da tavola in particolare – in questa parte iniziale del periodo di commercializzazione di uva made in Italy. 

Raggiungo telefonicamente Giacomo Suglia: amministratore unico di Ermes Sas. Azienda storica – fondata dai fratelli Suglia nel 1985 a Noicattaro (Ba) – che coltiva e commercializza ortofrutta, tra cui uva da tavola e prodotti di importazione. L’azienda è anche all’interno del consorzio NuVaUT (Nuove Varietà di Uva da Tavola), progetto volto ad ottenere nuove varietà di uva da tavola italiane con e senza semi, realizzato in collaborazione con il CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria).

6Giacomo: è complesso, lo so, ma proviamo a descrivere cosa sta accadendo al mercato dell’uva da tavola

Gli aumenti esorbitanti delle materie prime e dell’energia non interessano solo il portafoglio dei consumatori o dei produttori, ma toccano anche gli esportatori. Noi, ad esempio, abbiamo bisogno di energia elettrica per le celle frigorifere e la stessa GDO è tenuta a mantenere la catena del freddo per salvaguardare la salubrità del prodotto. A mio avviso gli aumenti sono ingiustificati, conseguenza di una mera speculazione, pur considerando le tensioni geopolitiche in corso. Temo, purtroppo, che il mese di agosto sarà ancora peggio rispetto ai precedenti, perché il costo dell’energia elettrica è aumentato ancora.

 

Di passaggio in passaggio il costo del prodotto, quindi, aumenta fino al banco del supermercato.

L’uva da tavola è un frutto che – già di suo – richiede alti costi di produzione e confezionamento. Ma i rincari generalizzati hanno influito molto sul potere d’acquisto delle famiglie italiane. Tutto ciò ha provocato un forte calo dei consumi, sia dal punto di vista del valore che dei volumi. Noi per primi abbiamo tanta merce invenduta. I grappoli di uva delle varietà precoci sono ancora sulle piante. Anche i dati ISTAT e del CSO Italy riportano un calo dei consumi, passo inevitabile vista la congiuntura economica che stiamo vivendo.
Consideriamo – per esempio – una famiglia di 4 persone con uno stipendio di 1.500 euro. Stipendio a cui bisogna sottrarre le spese relative a benzina – necessaria per raggiungere il luogo del lavoro -, i costi dei beni di prima necessità che sono aumentati, bolletta del gas e dell’elettricità, inoltre un eventuale affitto; prima di acquistare un prodotto costoso come l’uva da tavola è normale che ci si pensi due volte.
Facciamo ora una comparazione ad esempio con le angurie. Queste al supermercato sono vendute a 0,60 euro al kg. Con 6 euro, dunque, si acquisteranno 10 kg di anguria. Si tratta di un’ottima quantità di frutta, capace di soddisfare l’appetito di diverse persone del nucleo familiare. Se dovessimo acquistare 6 euro di uva senza semi al supermercato quanto prodotto potremmo portare a casa? Forse riusciremmo a comprarne 1 kg in tutto. Il comparto soffre: ci sono frutti molto semplici da consumare e più economici dell’uva. Penso alle banane, utilizzate per lo più come merenda dai bambini che vanno a scuola. 


La contrazione dei consumi di uva ha avuto delle ricadute anche sul modo di lavorare della GDO? 

In passato la GDO effettuava programmi che erano a qualche settimana. Quest’anno, invece, c’è molta cautela, si fanno guidare dalle vendite giorno per giorno. C’è incertezza anche per loro. 

L’uva commercializzata da Ermes su che mercati viene consumata? 

Noi vendiamo uva sia in Italia che in diversi Paesi Europei. Fino a qualche anno fa riuscivamo a inviare dei container oltremare, ma i costi dei container sono schizzati troppo in alto e da quest’anno abbiamo dovuto abbandonare il mercato extra europeo. A questo bisogna aggiungere che il mercato europeo dell’uva da tavola è in stallo anche a causa della guerra in Ucraina e dell’embargo Russo. Difatti tutti quei piccoli e medi Paesi produttori – come Grecia, Bulgaria, Romania e Macedonia – che producevano uva destinata al mercato ucraino, bielorusso e polacco si sono trovati senza il proprio mercato di riferimento. Certo commercializzavano l’uva in Paesi con un potere d’acquisto più basso rispetto alla media europea, ma è comunque un volume interessante di prodotto. Tutta uva di qualità medio bassa che quest’anno è stata riversata in Europa. L’eccesso di offerta ha fatto crollare i prezzi in un mercato, il nostro, che mostrava già problemi di domanda. Noi italiani non siamo gli unici ad essere stati danneggiati, in questa triste spirale sono stati trascinati anche i viticoltori spagnoli e francesi. 

Come vedi il futuro a lungo termine

Nel contesto attuale l’unica previsione possibile è che se l’economia non dovesse girare diversamente le aziende agricole in grado di sopravvivere saranno davvero poche. Gli italiani sono un popolo di risparmiatori e oggi le famiglie stanno mettendo mano ai risparmi per andare avanti. Cosa accadrà quando i risparmi finiranno? Il mondo produttivo, ad esempio, ha posto un freno agli investimenti. Il discorso vale anche per noi esportatori: abbiamo paura del futuro più prossimo, abbiamo paura del domani.  Gli agricoltori, purtroppo, sono legati a doppio filo con le multinazionali: dai semi alle piante, dall’energia elettrica alla benzina, dai trattori agli imballaggi, passando per i trasporti. Secondo me ora spetta alle istituzioni intervenire e non mi riferisco solo a quelle italiane, ma penso all’Europa. Noi europei siamo sempre stati i promotori del rispetto dell’ambiente, ma ad oggi le norme ostacolano la sopravvivenza delle piccole e medie aziende sul mercato. Difatti ci sono Stati che sono tornati al carbone – la Germania ad esempio – oppure al nucleare. Noi Italiani siamo sprovvisti di impianti in grado di produrre energia in modo alternativo rispetto alle classiche fonti. La cosa più urgente per le aziende è un deciso cambio di passo in tal senso. Abbiamo bisogno di energia ad un prezzo ragionevole e ripeto, occorre che sia l’Europa ad intervenire.

Autrice: Teresa Manuzzi
©uvadatavola.com

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