Riconversione varietale è sinonimo di innovazione, ma anche di duro lavoro, sfida con il mercato e se stessi. Cambiare varietà potrebbe spaventare alcune aziende storiche, mentre stuzzica le nuove generazioni. A fornire la propria visione del comparto viticolo sono i referenti dell’azienda agricola Agnano.
L’azienda agricola Agnano dei fratelli Moccia, nata nel 2003, si estende su una superficie di oltre 30 ettari, dislocati nei comuni di Rutigliano, Turi e Conversano in provincia di Bari. Inizialmente la produzione aziendale era di sole varietà di uva con semi, ma nel tempo le apirene hanno raggiunto percentuali produttive maggiori. Ad oggi le varietà apirene coltivate dall’azienda sono Great Green™, Crimson Seedless, Ivory™, ARRA 30, Giant Pearl, Autumn Pearl e Autumncrisp®, che hanno preso il posto delle varietà di vecchia generazione nel giro di pochi anni. L’azienda Agnano ha convertito la sua produzione alla velocità della luce. Come è stato possibile? Ne parlano Giuseppe e Francesco Moccia, terza generazione dell’azienda, e Antonio Giuseppe che, insieme ai fratelli Giovanni e Nicola, è socio dell’azienda agricola Agnano.
Antonio Giuseppe, iniziamo l’intervista con la tua “memoria storica”. Come si è evoluta l’azienda Agnano nel tempo?
Il ricambio varietale della nostra produzione è avvenuto molto velocemente. Fino a soli 5-6 anni fa, la maggior produzione era di uva con semi. Nel giro di 5 anni, quindi, io e i miei fratelli siamo riusciti a convertire l’intera produzione e questo anche grazie agli stimoli ricevuti da Giuseppe e Francesco, che rappresentano la nuova generazione dell’azienda. Ad oggi sono tanti gli input che il comparto dell’uva da tavola riceve e per poter sopravvivere in un simile contesto è indispensabile adattarsi e innovarsi per rimanere al passo con i tempi. Così come questi input si riferiscono a cambiamenti nel gusto dei consumatori, essi si riferiscono anche alle mutazioni che si sono verificate da un punto di vista commerciale e di organizzazione del mercato. Sopravvivere e fare reddito è da sempre stato l’obiettivo delle imprese, quindi, oggi come ieri non si può pensare di andare avanti senza produrre e dare al mercato quello che chiede. Per tale motivo, prima di attuare la riconversione varietale, abbiamo cercato di analizzare e studiare il lavoro già svolto da altri produttori, informandoci anche sulle ultime novità portate avanti dalla ricerca.
Come è stata condotta questa analisi?
Tracciare la strada da seguire è stato un vero e proprio lavoro di gruppo, a cui hanno preso parte anche Giuseppe e Francesco. I ragazzi vogliono portare avanti l’impresa di famiglia e sono decisi a farlo con un approccio diverso da quello mio e dei miei fratelli, che apparteniamo ormai a una generazione diversa. Giuseppe studia Ingegneria Gestionale, mentre Francesco Scienze e Tecnologie Agrarie. Riconosco che anche questa suddivisione delle competenze è ammirevole da parte loro. Organizzare e suddividere il lavoro è già di per sé una buona base da cui partire e che consente di rendere più efficiente lo svolgimento dei compiti, di cui ognuno è responsabile. Entrambi, inoltre, attraverso gli studi universitari, i viaggi di studio e i confronti con i colleghi, hanno maturato la volontà di piantare varietà di uva apirena, anche brevettata.
Vedete degli svantaggi associati alla produzione di queste varietà?
Come per tutte le cose, è difficile che ci siano solamente vantaggi e aspetti positivi. Per quanto riguarda le varietà di uva regolamentate da brevetto, per esempio, uno svantaggio sono i costi di impianto. Questo svantaggio è uno di quelli che desta maggior insoddisfazione tra i produttori. Nonostante questo parere sia condiviso da molti, però, è un dato di fatto che al momento non esistono altre soluzioni. Quello che noi produttori possiamo fare è pensare a scelte da realizzare nel lungo periodo. Nel breve periodo, però, non ci sono molte alternative, anzi è doveroso adeguarsi al mercato e capire qual è la strada meno rischiosa da percorrere. Altro aspetto negativo, poi, per quanto riguarda la produzione delle varietà di più recente costituzione è il rischio di commettere errori. La nostra esperienza con le nuove varietà è minore rispetto a quella maturata con le varietà di vecchia generazione e il rischio di sbagliare è sicuramente più alto. Tuttavia il cambiamento e l’aggiornamento presuppongono degli errori in itinere, da cui non possiamo fare altro che imparare per lavorare meglio in futuro.
Quali sono, invece, i vantaggi associati alla produzione delle varietà di recente costituzione?
Mettendo sul piatto della bilancia le varietà di vecchia costituzione con quelle più recenti non è difficile notare che ci sono delle differenze in termini di prezzo al produttore, seppur minime. Quello che abbiamo notato negli anni con la nostra azienda, per esempio, è che anche varietà molto apprezzate dai consumatori, come Crimson Seedless, spuntano prezzi al produttore più bassi rispetto a quelli delle nuove varietà regolamentate da brevetto. A questo si aggiunge, poi, che le varietà più vecchie richiedono una diversa gestione e molta manodopera, che oggi non solo è difficile da trovare, ma anche molto onerosa. Di pari passo, poi, stiamo assistendo alle conseguenze dei cambiamenti climatici che si ripercuotono in agricoltura. L’uva della varietà Italia, per esempio, già a settembre arriva “stanca” e molliccia, priva delle sue caratteristiche di croccantezza, profumo e dolcezza. Questo contribuisce a far perdere alla varietà la rilevanza commerciale che aveva una volta. Altro aspetto positivo del rinnovo varietale, secondo il nostro parere, è che si tratta di una sfida che ci consente di avere nuovi stimoli e di lavorare con più “gusto”.
Quali sono gli obiettivi dell’azienda Agnano per il futuro?
Al momento stiamo facendo piccoli passi alla volta. Un obiettivo è sicuramente quello di iniziare a commercializzare il nostro prodotto. Anche in questo caso, però, è difficile non evidenziare difficoltà e problematiche. Pensando alla commercializzazione di uve brevettate, per esempio, non è possibile muoversi sul mercato se prima non si sono acquistati i brevetti, che a loro volta hanno costi molto elevati. Questo, quindi, rende ancora più difficile per le piccole realtà fare il salto ed espandersi. Tuttavia, delle alternative ci sarebbero e sono le aggregazioni tra produttori come quelle delle regioni settentrionali, dove Giuseppe e Francesco hanno fatto delle esperienze di studio.
Giuseppe e Francesco, parlatemi di questa esperienza.
L’anno scorso siamo stati entrambi in Trentino Alto Adige per un viaggio studio. Lì abbiamo visitato due grandi e importanti realtà, ovvero il consorzio Melinda e la cooperativa Mezzacorona. Chiaramente anche al Nord Italia non tutte le cooperative funzionano allo stesso modo, ma ci sono esempi di successo da cui noi produttori di uva da tavola abbiamo tanto da imparare. È chiaro a tutti gli operatori del comparto, soprattutto ai produttori delle realtà più piccole, che associarsi è una delle soluzioni più giuste, ma si è comunque molto restii a pensarsi come gruppo che agisce per il bene comune. Aggregarsi gioverebbe a tutti non solo in termini di gestione della produzione, ma consentirebbe anche di ridurre i costi e di spuntare prezzi migliori sul mercato. Nonostante tutti o comunque la maggior parte siano consapevoli di ciò, nessuno ha il coraggio di compiere questo passo. Vedere nuove realtà da cui trarre spunto è, secondo noi, fondamentale. A riguardo, per esempio, Giuseppe ha trascorso 6 mesi a Düsseldorf, in Germania, dove ha studiato gestione di progetti produttivi e nuovi sistemi gestionali che torneranno molto utili per la managerialità della nostra azienda.
In conclusione, quindi, anche noi che desideriamo fare impresa e che abbiamo degli obiettivi piuttosto definiti, decideremo man mano cosa fare e come. Nonostante ciò, è chiaro che stiamo vivendo un periodo di transizione e che la viticoltura contemporanea non può esistere senza aggiornamenti, senza adeguarsi alle richieste del mercato e senza dare la giusta importanza ai diversi ambiti della sostenibilità.
Silvia Seripierri
©uvadatavola.com