Per assicurare che l’uva da tavola raggiunga i mercati e i consumatori in condizioni ottimali, durante la fase di raccolta e post-raccolta, si rivelano indispensabili alcuni trattamenti specifici.
Una volta che i grappoli sono stati accuratamente raccolti e separati dalla vite, i produttori viticoli sono chiamati ad avviare un nuovo capitolo nella conduzione del vigneto. Si tratta della gestione del post-raccolta che risulta fondamentale, specialmente se si vuole garantire la qualità e la salubrità dell’uva, in termini di freschezza, shelf-life e qualità.
Post-raccolta: perché è importante la gestione?
L’uva da tavola è conosciuta anche per la sua suscettibilità a una serie di minacce, tra cui patogeni e danni meccanici. Uno dei patogeni più dannosi per l’uva da tavola nella fase del post-raccolta è Botrytis cinerea, agente causale della malattia della muffa grigia della vite.
B. cinerea è un fungo patogeno che può attaccare le piante di uva da tavola durante tutto il periodo di crescita vegetativa, rendendole sensibili soprattutto durante la fioritura e dall’invaiatura in poi. Questo fungo patogeno è presente per tutta la stagione, sopravvivendo come fungo saprofita nel materiale in decomposizione e come micelio nella corteccia e nelle gemme dormienti delle viti. La sua capacità di resistere anche sotto forma di sclerozio su diversi tessuti permette al fungo di attendere le condizioni favorevoli per il suo sviluppo. Tali condizioni si verificano in presenza di piogge, elevata umidità e temperature comprese tra i 15 e i 20°C.
Per tali ragioni è necessario intervenire anche in campo attraverso trattamenti preventivi durante il ciclo vegetativo delle viti, con lo scopo di ridurre le problematiche legate alla presenza del fungo sulle piante e la probabilità di penetrazione negli acini che successivamente potrebbe determinare danni rilevanti nella fase di post-raccolta. L’insediamento del patogeno sul grappolo, infatti, pur avvenendo in modo diretto, è molto condizionato dalla presenza di microlesioni presenti sugli acini, sia di natura biotica che abiotica. Queste lesioni consentono la penetrazione delle ife fungine nei tessuti della bacca, con conseguente produzione di essudati che stimolano e favoriscono la germinazione dei conidi dei funghi, agevolando la successiva diffusione della malattia. Risulta, pertanto, significativo il controllo delle altre avversità al fine di prevenire l’insediarsi della muffa grigia.
La presenza di questo patogeno fungino sugli acini destinati alla commercializzazione, inoltre, può mettere a repentaglio la freschezza e la longevità degli acini.
In tal senso, allora, la corretta gestione anche in post-raccolta diventa un’ancora di salvezza, poiché consente di affrontare le sfide che possono emergere durante il trasporto, la conservazione e la distribuzione dell’uva.
Quali sono gli accorgimenti che si possono mettere in atto nella fase di post-raccolta?
Un efficiente controllo in post-raccolta del patogeno si può ottenere mediante applicazione di SO₂ mediante imballaggi con fogli generatori di anidride solforosa. Anche se molto efficace, l’uso di questo gas provoca effetti indesiderati sugli acini, compromettendone per esempio il sapore.
Tuttavia, negli anni, sono stati sperimentati metodi di gestione di post-raccolta alternativi. Uno di questi è rappresentato dall’utilizzo di acido acetico vaporizzato durante la conservazione dell’uva. Dalle sperimentazioni effettuate, l’utilizzo di acido acetico si è infatti dimostrato un valido mezzo di controllo, efficace per ridurre l’incidenza della muffa grigia.
D’altra parte, come detto in precedenza, talvolta può rivelarsi indispensabile intervenire prima della raccolta per ridurre le problematiche relative al periodo successivo del post-raccolta. A tal proposito, uno studio condotto nel 2019 in Brasile ha dimostrato l’efficacia di alcune soluzioni saline nel controllo di questa malattia fungina. In particolare, il lavoro di ricerca ha evidenziato che soluzioni saline di sorbato di potassio, carbonato di potassio, bicarbonato di potassio e chelato di calcio a concentrazioni molto basse riescono a inibire la crescita del micelio di B. cinerea. Dunque, se applicati prima della raccolta, questi sali potrebbero rappresentare una valida alternativa contro gli attacchi di muffa grigia durante la fase di conservazione. Non solo: oltre a non mostrare effetti di fitotossicità nelle condizioni di sperimentazione, i sali utilizzati non lasciano residui tossici per il consumatore.
Entrando sempre di più nel merito delle tecniche biologiche, l’Università di Cipro ha poi dimostrato che persino l’estratto di salvia può aumentare la shelf life dell’uva da tavola, contrastando lo sviluppo della muffa grigia. In particolare, si è notato che l’estratto di salvia è in grado di ridurre la germinazione delle spore e la crescita del micelio del fungo patogeno sia a 10°C che a 25°C, con risultati che quindi eguagliano questo estratto naturale a un prodotto di sintesi.
Tuttavia, bisogna sottolineare che, oltre a queste opzioni, i trattamenti che possono essere applicati per garantire condizioni ottimali dell’uva da tavola sono molteplici. E una simile varietà di approcci disponibili non fa altro che evidenziare l’impegno dell’industria e del mondo della ricerca nell’assicurare caratteristiche organolettiche di qualità a questo frutto.
Donato Liberto
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