Royalty uva: dalla Cassazione sentenza storica

Dopo una lunga battaglia legale, la Cassazione ha riconosciuto il diritto alla distribuzione libera delle uve senza semi anche se brevettate

da uvadatavoladmin
royalty uva da tavola

Sentenza storica della Cassazione: i produttori pugliesi potranno scegliere a chi vendere l’uva da tavola, anche se coperta da royalty. 

Dopo la lunga battaglia legale avviata tra i produttori di uva da tavola pugliesi e la Sun World International LLC, la Cassazione ha riconosciuto il diritto alla distribuzione libera delle uve senza semi, anche se coperte da royalty. 

In Puglia, circa il 40% della produzione di uve apirene è detenuto da cinque multinazionali che, oltre a incassare una royalty per l’uso del brevetto, chiedevano ai produttori di vendere uva solo ad alcune catene di distribuzione selezionate. Una dinamica commerciale che ha visto prevalere in primo grado i produttori pugliesi, in secondo la californiana Sun World. Almeno fino a ieri, quando la cassazione ha liberalizzato la commercializzazione in conformità al diritto comunitario. 

Stando a quanto riportato nella sentenza, infatti, «In tema di privativa comunitaria per ritrovati vegetali, è nulla, per contrarietà all’ordine pubblico, stante la violazione dell’art. 13, punti 2 e 3, del Regolamento (CE) del Consiglio n. 2100/94, nell’interpretazione fornitane dalla Corte di Giustizia, la clausola contrattuale che attribuisca al titolare dei diritti di proprietà intellettuale sui cultivar brevettati anche il potere di individuare i soggetti ai quali soltanto spetterà la distribuzione dei frutti ottenuti dal produttore precedentemente autorizzato all’utilizzo dei costituenti varietali della varietà protetta da cui quei frutti siano stati prodotti, ove questi ultimi siano inutilizzabili come materiale di moltiplicazione». In altri termini: il produttore è libero di scegliere a chi vendere la propria uva, anche se si tratta di varietà coperte da royalty.  Le conseguenze di una simile sentenza, però, non appaiono chiare e gli equilibri a livello di comparto rischiano di vacillare, generando confusione e problematiche a livello di filiera. 

Particolarmente soddisfatto si dice intanto Gianni Stea, Assessore al Personale della Regione Puglia che ha portato avanti la battaglia giudiziaria e che già anni fa presentò una proposta di legge “per bloccare questo abuso che di fatto ha favorito potenti aziende straniere e distrutto quelle locali”.

“La Puglia dell’uva da tavola rischiava di diventare una colonia israeliana, californiana o cilena – ha dichiarato – con vere e proprie royalty da versare ai Paesi di origine per produrre determinate varietà, l’imposizione ai nostri imprenditori agricoli a vendere solo a determinati soggetti e, addirittura pericolose tagliole contrattuali che prevedono anche la distruzione dei vitigni in caso di violazioni contrattuali”. Un insieme di condizioni che per l’Assessore regionale non erano assolutamente più accettabili dai produttori italiani, e pugliesi in particolare, abituati a coltivare e commercializzare liberamente. “Per questo – ha aggiunto – la sentenza della Cassazione a favore dell’imprenditoria agricola locale (nel caso specifico difesa dall’Avv. Francesco Costantino con la collaborazione dell’Avv. Roberto Manno) e avversa a una multinazionale americana assume un valore a tutela del Made in Puglia e della qualità di uno dei prodotti fondanti dell’economia agricola locale”. 

Ora c’è da interrogarsi sulle conseguenze che potrebbero innescarsi. L’equilibrio tra produttori, breeders e dinamiche commerciali – già delicato – rischia infatti di vacillare. L’assessore, però, non manca di ribadire la portata della sentenza emessa.

“Finalmente dopo tante battaglie a supporto del mondo agricolo e in particolar modo dei viticoltori pugliesi produttori di uva da tavola seedless – ha infatti concluso l’assessore – la Cassazione ha dato ragione alle nostre tesi. Quindi l’uva si potrà commercializzare senza quei vincoli che fino ad oggi hanno reso i nostri agricoltori alla stregua di mezzadri a vita”.

Quello firmato con la sentenza è tuttavia solo l’inizio del capitolo. La storia ora senza dubbio proseguirà e prima di arrivare alla parola fine non è difficile ipotizzare ancora pagine e pagine tutte da scrivere.

 

Ilaria De Marinis
© uvadatavola.com

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