Con Riccardo Velasco, direttore nazionale del Crea – Viticoltura e Enologia, cerchiamo di comprendere meglio le norme che oggi regolano le TEA (Tecnologie di Evoluzione Assistita), alla luce della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione Europea di qualche giorno fa.
Le TEA hanno rivoluzionato la ricerca biotecnologica mondiale. In Europa però, a causa di vecchie normative, agli scienziati è preclusa la possibilità di piantare in campo o in serra le piante ottenute con queste metodologie.
Dottor Velasco, quali sono le norme che oggi regolano le cosiddette TEA?
Purtroppo le TEA ricadono all’interno del decreto della Commissione Europea n°18 del 2001 e sono quindi assimilate agli OGM. Non esiste una legislazione specifica per tutta una serie di biotecnologie comparse dieci, quindici anni dopo la suddetta legge. Ciò rappresenta un gravissimo handicap per la ricerca europea. Difatti questo particolare settore della scienza negli ultimi dieci anni ha fatto passi enormi. L’evoluzione più importante è giunta nel 2012, anno in cui i biotecnologi hanno potuto adoperare la metodologia CRISPR/Cas. A mio avviso è incongruente far ricadere sotto l’ombrello legislativo di 12 anni prima qualcosa che a quel tempo ancora non esisteva. Tutt’oggi qualsiasi novità comporti l’uso di strumenti biotecnologici ricade, di fatto, all’interno della CE n° 18 – 2001. Essa rappresenta la regolamentazione a cui si sono dovuti adeguare tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.
Cosa prevede la norma CE n°18 del 2001?
La legge considera qualsiasi prodotto ottenuto attraverso l’uso di biotecnologie un OGM (Organismo Geneticamente Modificato), anche se di fatto non si tratta di OGM. Ciò purtroppo vale anche per la metodologia CRISP/Cas, che nulla ha a che vedere con gli OGM. Difatti CRISP prevede di lavorare unicamente sul DNA della singola pianta, senza porre al suo interno nulla di estraneo. Questo elemento è fondamentale ed è ciò che distingue chiaramente le tecnologie TEA dagli OGM. Finora però, nessuna legge ha palesato questa diversità, perciò in assenza di una nuova normativa o di una deroga noi scienziati dobbiamo attenerci alla legge vigente. Di fatto la ricerca Europea vive e convive con normative inadeguate rispetto alle biotecnologie attualmente in nostro possesso.
Quali sono i freni principali che questa legge pone ai laboratori?
La legge CE n°18 del 2001 non pone freni alla ricerca in laboratorio, ma alla fase successiva. Essa, infatti, vieta di testare in campo o in serra i prodotti ottenuti attraverso le biotecnologie. Questo rappresenta per noi un problema insormontabile, perché in laboratorio potremmo scoprire/ottenere qualsiasi cosa, ma il passo successivo esige l’osservazione della pianta nel mondo reale. I test sulle piante realizzati in laboratorio potrebbero dare risposte diverse rispetto a quelli realizzati in campo o in serra. Capisce che uno scienziato avrà ben poco nelle mani se gli è proibito osservare cosa accade alla piantina ottenuta in laboratorio una volta in contatto con gli agenti esterni (terreno, clima e le diverse pratiche agronomiche). In conclusione, quindi, il più grande neo della legge attualmente in vigore è che non permette di testare nulla al di fuori del contesto laboratoriale.
In tutto questo qualche giorno fa la corte di Giustizia Europea si è espressa aprendo uno spiraglio.
Sì, di fatto ha manifestato solo un’opinione, che di per sé però non è vincolante. A ogni modo la suddetta opinione ha spiazzato anche noi addetti ai lavori. Di fatto la Corte di Giustizia Europea ha chiesto d’includere tutte le TEA (entro cui rientrano CRISPR/Cas e alcuni aspetti delle colture in vitro) in una possibile deroga rispetto alla CE n°18 – 2001. Ovviamente – e lo ripeto – si tratta solo di un’opinione, ma offre un barlume di speranza al mondo della scienza. A noi, per ora, basterebbe solo avere il via libera per i test in campo. Test da effettuare, ovviamente, con tutte le precauzioni del caso, ad esempio svolgendo le prove in campi dedicati, distanti dalle aziende agricole e correttamente isolati attraverso delle siepi, per evitare ogni possibilità di contaminazione.
Ricordo che qualche anno fa proprio il CREA – Enologia Viticoltura era al lavoro per ottenere uva Italia e Vittoria senza semi attraverso la tecnologia CRISPR/Cas. Mi sta dicendo che avete le piante in laboratorio, ma non vi è possibile metterle a dimora in campo o in serra?
Esattamente. Il divieto potrebbe essere comprensibile se la pianta fosse stata ottenuta attraverso le pratiche degli OGM, ma così non è, perché è il risultato di un lavoro compiuto unicamente con la metodologia Crispr/Cas. Viviamo in un’impasse legislativa. Oggi abbiamo un metodo che 15 anni fa non esisteva, possiamo adoperare il metodo, ma non è possibile osservare in che modo i risultati delle nostre ricerche rispondano al campo. Tutto ciò a causa di una vecchia legge che non offre alternative. Di base noi ricercatori siamo chiamati a lavorare consci, però, di un vuoto normativo che è penalizzante. Non possiamo fare altro che restare in attesa che la comunità Europea – o meglio ancora il Parlamento Italiano – si pronunci almeno per la sperimentazione in campo. Il passo ulteriore sarebbe legiferare per l’eventuale commercializzazione del prodotto. Per ora, però, ci renderebbe felici anche solo avere la possibilità di testare in campo il frutto del nostro lavoro di ricerca in laboratorio.
Autrice: Teresa Manuzzi
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