Viticoltura in Australia

A fare da cicerone tra varietà, metodi produttivi e impianti adoperati in Australia, la parola a Lorenzo Pellegrino, agronomo di Agriproject Group.

da Silvia Seripierri

Il costo dei voli aumenta a vista d’occhio, ma non sarà questo a bloccare il “Grape World Tour”. La seconda tappa del viaggio pensato per visitare e conoscere differenze e analogie tra i diversi Paesi produttori di uva da tavola è l’Australia.

A fare da cicerone tra varietà, metodi produttivi e impianti adoperati dai viticoltori del Paese dei canguri l’agronomo Lorenzo Pellegrino di Agriproject Group. Qui l’intervista del n°4 – 2022 del bimestrale “Uva da Tavola – magazine”.

Sono ormai 5 anni che Lorenzo trascorre 6 mesi l’anno in Australia per seguire la produzione di diverse aziende agricole.

La stagione australiana, infatti, non coincide con la nostra e si svolge da settembre a marzo. Complessivamente, nel Paese dei canguri sono circa 13 mila gli ettari coltivati a uva da tavola. Di questi, circa 10 mila sorgono nello stato di Victoria, tra i territori di Mildura, Robinvale e Merbein. Un’altra buona fetta di vigneti sorge invece nel New South Wales (Euston e Paringi) e in Queensland (Emerald, Mareeba, St. George). La restante parte si concentra infine nel Western Australia (Perth, Swan Valley). Le zone di produzione che Agriproject segue sono nell’area sudoccidentale dell’Australia, più precisamente negli areali di Mildura, Euston e Robinvale.   

Australia

Lorenzo Pellegrino, agronomo di Agriproject Group

Lorenzo, cosa ti ha colpito la prima volta che hai osservato un vigneto australiano?

L’elemento che mi ha colpito più di tutti è stata l’assenza di protezione sulla coltivazione dell’uva da tavola. Difatti non ci sono teli, né reti antigrandine. Pochissimi sono i produttori che forzano l’anticipo, solo 3 o 4 aziende sono solite coprire il vigneto prima del germogliamento. A fine gennaio-febbraio, solo sulle uve a maturazione medio-tardiva, viene prevista la copertura con teli al fine di proteggere il vigneto dalle piogge. Si tratta di teli bianchi e non trasparenti, molto diversi dai nostri per caratteristiche e materiale. Accanto a questo, poi, interessante è la scelta delle varietà prodotte. In Australia, infatti, l’unica varietà con semi coltivata è la Red Globe. Per il resto, si producono solo uve senza semi.

Quali nello specifico?

La varietà più coltivata in assoluto, seppur in declino, è la Crimson Seedless. Poi troviamo tutti i pacchetti varietali dei più grandi breeder internazionali: IFG, Sunword, Snfl, Itum, Polar Fresh Group e Arra. Aspetto interessante è poi la predilezione dei produttori australiani per uva con acini oblunghi, molto apprezzata dai loro mercati di riferimento. Potendo scegliere, infatti, in molti coltivano varietà come Sweet Sapphire™ o mutazioni delle cv Crimson S. e Thompson Seedless, che mostrano un acino particolarmente allungato e sono state ribattezzate “Long Crimson” e “Long Thompson”. I volumi di queste ultime due cultivar non sono molto rilevanti, ma i produttori che le coltivano riescono a spuntare prezzi interessanti. 

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Grappoli di uva della varietà Sweet Sapphire

Anche in Australia, quindi, è avvenuto un importante ricambio varietale? 

Sì, negli ultimi due o tre anni l’Australia ha affrontato un profondo ricambio varietale. Autumn Crisp™ e Sweet Globe™ sono le varietà che hanno trovato maggiore consenso nelle aziende viticole locali. Inizialmente l’Australia produceva solo Red Globe, Crimson S., Thompson S. e Menindee Seedless, cultivar locale probabilmente clone della cv Sugraone. Negli ultimi anni, però, a causa dei costi di produzione eccessivamente alti, molti impianti di Thompson S. sono stati estirpati. Questa varietà, infatti, richiede molteplici trattamenti con fitoregolatori e operazioni di potatura del grappolo. Aspetti che hanno portato così alla sostituzione con Autumn Crisp™ e Sweet Globe™, più semplici da gestire e maggiormente apprezzate dai consumatori.

Qual è la forma di allevamento più utilizzata?

Gli impianti presentano un “Open gable”, ovvero una Y. Il sesto più comune è 3,30 m (tra le file) x 2,40 m (sulla fila). La struttura del vigneto è costituita da file indipendenti con dei pali tutori su cui è montata la parte alta dell’impianto. Qui scorrono anche dei fili di ferro che servono a impalcare le piante.

Come è organizzata la produzione?

Ogni azienda produce e commercializza da sola, eccezion fatta per alcune varietà club, per le quali esiste la figura del marketer. La superficie minima delle aziende, in media, si aggira tra i 15-20 ettari per le aziende più piccole. Mentre quelle più grandi raggiungono anche il migliaio di ettari. Stiamo parlando, comunque, di una comunità molto ristretta, perché complessivamente in Australia ci sono circa mille produttori di uva da tavola. In ogni caso, dopo esser stata lavorata in campo, l’uva viene stoccata nei piccoli magazzini afferenti alle aziende agricole, nei quali il prodotto viene frigoconservato. La logistica si occupa poi di ritirare il prodotto. I camion caricano i pallet con la frutta direttamente all’interno delle aziende per effettuare la distribuzione. I produttori sono piuttosto autonomi e riescono a lavorare in modo indipendente. Inoltre, può capitare che le aziende più grandi acquistino delle partite dai produttori più piccoli, ma è molto più comune una gestione autonoma. Non a caso, ogni produttore possiede uno specifico brand. 

Complessivamente, il 70% della produzione australiana di uva viene esportata per raggiungere i mercati dei Paesi asiatici: Cina, Indonesia, Thailandia, Singapore, Giappone, Vietnam. Il restante 20-30 % della produzione, invece, è destinato al mercato locale. 

In termini di manodopera, com’è la situazione in Australia?

Nei vigneti australiani c’è manodopera molto poco specializzata, generalmente di provenienza asiatica. Si tratta di braccianti che non sono stabili o fissi all’interno delle aziende. Difatti, settimanalmente o giornalmente, cambia la squadra di operai in campo. A causa del Covid e della decisione del Governo australiano di chiudere le frontiere, i produttori hanno poi dovuto affrontare moltissime difficoltà. Le frontiere dell’Isola sono state chiuse fino al 2021 e l’ingresso è stato consentito esclusivamente ai possessori di permessi speciali. A lungo andare, questa estrema scarsità di manodopera ha decretato un aumento incredibile del costo dei braccianti. Un altro fattore indicativo è rappresentato poi dalla giovane età della gran parte dei produttori australiani che – proprio per ragioni generazionali – non possiedono una memoria storica sulle operazioni colturali che quindi “peccano” di superficialità. In Italia quindi siamo più scrupolosi, ma il confronto non sussiste perché in Australia tale “superficialità” è dettata dalla mancanza di alternative.

In campo vengono adoperate particolari tecnologie innovative?

Quasi tutte le aziende hanno sistemi avanzati di monitoraggio dell’umidità del suolo basati su sensori di diversa natura. In molti casi, la gestione dell’impianto di irrigazione avviene da remoto o comunque è automatizzata. Inoltre, è molto frequente trovare delle macchine elettrostatiche per l’applicazione di fitofarmaci. Questo perché la maggior parte dell’uva è destinata ai mercati asiatici, che richiedono grappoli con uno stato di pruina perfetto. Si cerca quindi di utilizzare strumenti in grado di frantumare le gocce in modo da evitare che venga alterata la pruina sulle bacche di uva.

Possiamo dire, quindi, che producono tenendo ben presenti le esigenze dei mercati di destinazione?

Le aziende viticole australiane si impegnano a raccogliere grappoli che siano poi facilmente vendibili sul mercato cinese, anche se negli ultimi due anni è stato complesso raggiungerlo. Per il mercato cinese, piuttosto esigente, sono importantissimi parametri come dimensione delle bacche, rachide verde, uniformità di colorazione e pruina perfetta. In tal senso, il prodotto pensato per questa richiesta, è poi facilmente vendibile anche su altri mercati. Altrettanto importante per i mercati orientali è poi la presenza di pruina sulla frutta. A tal riguardo, per evitare che lo stato della pruina venga alterato è fondamentale scegliere il formulato migliore. Per questo, anche la scelta dei fitofarmaci da utilizzare riveste un ruolo fondamentale. Sul mercato, infatti, ci sono anche prodotti che hanno un effetto più aggressivo sulla pruina che, se eliminata, può essere davvero molto difficile da ripristinare. 

Il prodotto destinato alla Cina per quanto tempo dovrà viaggiare dopo la raccolta?

L’uva australiana viaggia dalle 4 alle 8 settimane. Certo, il clima caldo-secco aiuta a raccogliere un prodotto sano. Ad ogni modo, i produttori lavorano per ottenere un’uva che sia in grado di affrontare un viaggio così impegnativo e per farlo mettono in pratica alcune semplici procedure. In primo luogo, la raccolta non è pianificata in funzione degli ordini ricevuti, ma è decisa in base allo stato di maturazione della varietà/parcella. Anche le operazioni di raccolta sono eseguite esclusivamente durante le ore più fresche della giornata. In questo modo, l’uva raccolta non resta esposta al sole, ma immediatamente conservata nelle celle frigorifere. Per lo stesso principio, in giornate particolarmente calde o con una percentuale di umidità eccessiva la raccolta non viene effettuata. Si tratta di piccoli, ma importanti accorgimenti.

Dal punto di vista della gestione della difesa e della nutrizione cosa è bene sottolineare?

La cocciniglia è indubbiamente l’insetto più aggressivo e rappresenta l’unico vero problema per la campagna australiana dell’uva da tavola. In questa zona si trova la specie Pseudococcus longispinus (long-tailed mealybug), molto aggressiva e contro la quale i prodotti registrati non garantiscono il controllo. La situazione è a tal punto significativa che i produttori, in vigneti particolarmente infestati, danno per scontato che una percentuale di prodotto andrà perduta a causa della cocciniglia. Se non ci fosse questo insetto, la produzione di uva da tavola sarebbe di gran lunga più semplice. Anche perché, grazie alla scarsissima piovosità di questi areali, la peronospora non costituisce un problema. Personalmente in questi 5 anni non l’ho mai vista in campo. 

Se, invece, parliamo di oidio i trattamenti sono a 15 giorni. In generale, oltre alla cocciniglia, nei vigneti si può riscontrare la presenza anche di altri fitofagi, ma si tratta di lepidotteri molto simili alla tignoletta (Light Brown Apple Moth), che dunque non costituiscono un problema. La gestione della nutrizione, invece, è davvero molto simile a quella italiana. Le aziende australiane effettuano analisi delle acque e fogliari, prestando molta attenzione a questo aspetto.

Come si gestisce l’irrigazione dei vigneti ad uva da tavola in un Paese in cui non piove mai?

Come accennato prima, le aziende sono provviste di DSS e utilizzano tensiometri nel terreno. Questi possono essere classici o sensori collegati a dei sistemi di supporto. Le ali gocciolanti sono poste sulla fila e, talvolta, nei vigneti sono montati anche degli sprinkler, ovvero erogatori ad aspersione posti a terra. Spesso, anche sulla chioma, è possibile riscontrare erogatori di acqua che vengono attivati soprattutto nel mese di gennaio, quando le temperature in Australia possono raggiungere anche i 45 – 46 °C. L’uso combinato dei due erogatori (sulla chioma e a terra) permette inoltre di preservare la vegetazione da eventuali scottature.

Concludiamo con uno sguardo ai produttori australiani: che rapporto avete instaurato?

I produttori australiani sono molto diligenti: rispettano a pieno le nostre indicazioni e hanno piena fiducia in noi. Al termine della visita, c’è sempre un costruttivo momento di confronto e, una volta deciso il da farsi, seguono alla lettera le prescrizioni agronomiche. Tra loro e il gruppo Agriproject, infatti, c’è un rapporto di collaborazione, trasparenza, rispetto e professionalità che dura da ormai 15 anni.

 

Autrice: Teresa Manuzzi

©uvadatavola.com

Articolo pubblicato sul n°4 – 2022 del bimestrale “Uva da Tavola – magazine”

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