La difficoltà di colorazione delle uve con bacca pigmentata è un problema che tecnici e produttori sono spesso chiamati a gestire in vigneto. L’agronomo Angelo Gregucci spiega in che modo tecniche colturali, irrigazione e fertirrigazione potrebbero sciogliere questo nodo.
Il panorama varietale dell’uva da tavola sta attraversando un periodo di transizione, dove le varietà storiche di riferimento stanno cedendo il passo ad un ventaglio di nuove uve apirene dal sapore più intenso e con maggiore croccantezza. Tra queste, negli ultimi anni, quelle a bacca colorata stanno ricevendo sempre maggiori consensi da parte del consumatore. Esse si distinguono in:
- uve a bacca di colore nero;
- uve a bacca di colore rosso più o meno intenso.
La colorazione fisiologica delle varietà a bacca rossa non è un processo di facile ottenimento ed è prevalentemente dipendente dall’assetto genetico; tuttavia, le selezioni attuali per esprimere al meglio tale caratteristica devono essere coltivate rispettando alcune pratiche agronomiche volte a favorirne l’ottenimento.
Carico produttivo
Le varietà a bacca rossa disponibili presentano una buona fertilità e pertanto non esistono problematiche in merito alla loro produttività, ciò fa sì che il carico produttivo (MT/ha) debba essere predeterminato per ottenere il miglior rapporto quali-quantitativo. Tra questi parametri qualitativi delle uve, l’ottimale colorazione è sicuramente di primaria importanza poiché è tra i più richiesti dal consumatore.
Conoscendo a priori la fertilità di ciascuna varietà, in quanto espressione prevalente di caratteristiche genotipiche (n° grappoli per germoglio) e il peso medio del grappolo in funzione dell’obiettivo produttivo, già durante la fase della potatura invernale è possibile regolare la resa potenziale stabilendo il carico di gemme (n° gemme per pianta).
Il carico produttivo prefissato viene poi regolato attraverso due operazioni volte a modificare il numero di grappoli per pianta:
- in fase di pre-fioritura avviene il diradamento dei germogli doppi e di quelli presenti nelle posizioni sfavorevoli lungo il tralcio;
- in fase di post-allegagione si perfeziona il carico produttivo eliminando eventuali grappoli eccedenti caratterizzati da fioriture non soddisfacenti.
Un’ulteriore finitura della selezione può essere effettuata con la cimatura dei grappoli, cioè il taglio della porzione distale per circa il 15-40% della sua lunghezza a seconda della varietà e del tipo di richiesta da parte del cliente (GDO).
Sesto d’impianto
Il percorso enzimatico che sottende alla sintesi dei pigmenti parte dalla fenilalanina, uno dei 20 aminoacidi,la cui produzione è stimolata da una corretta radiazione ultravioletta; pertanto, la scelta del sesto d’impianto risulta fondamentale per predisporre le migliori condizioni di gestione dell’illuminazione in vigneto.
L’impiego di un sesto d’impianto eccessivamente stretto favorirebbe infatti una copertura troppo anticipata del piano vegetativo durante il ciclo produttivo, con ricadute economiche non sostenibili per le operazioni di sfogliatura, che si renderebbero necessarie per ottenere un’adeguata luminosità interna all’impianto.
D’altro canto, per raggiungere obiettivi produttivi per unità di superficie che siano sostenibili dal punto di vista economico non è possibile ipotizzare sesti d’impianto troppo larghi, i quali costringerebbero ad avere una resa per pianta troppo elevata per essere coerente con gli obiettivi qualitativi richiesti.
Influenza della temperatura
La temperatura ha un ruolo determinante nella sintesi dei pigmenti: è stato infatti dimostrato che le escursioni termiche che si verificano dopo l’invaiatura rappresentano uno stimolo non solo per la formazione delle sostanze aromatiche, ma anche per quelle coloranti.
Esistono tuttavia anche in questo caso valori massimi di escursione termica oltre i quali tale induzione può essere deficitaria, in particolare un’escursione superiore a 14-16°C potrebbe risultare sfavorevole alla colorazione.
L’escursione termica è quindi importante ma non è l’unico fattore predisponente la colorazione, infatti, anche le temperature medie del giorno e della notte hanno un’influenza nel determinare i processi di pigmentazione.
L’ideale per l’ottenimento di una buona colorazione sarebbe avere giornate non troppo calde (condizione non facilmente raggiungibile in piena estate specialmente in coltivazioni sotto film plastico) e, al contempo, temperature notturne superiori ai 12-15°C le quali favoriscono una migliore conservazione dell’acidità e la sintesi dei composti secondari caratterizzanti anche il colore.
In sintesi, quindi, non è detto che un’escursione termica superiore a 12°C, a partire da 32°C diurni, risulti maggiormente efficace ad una di 5°C a partire da 25°C, per l’ottenimento di una colorazione ottimale degli acini.
È necessario che, di quanto sopra detto, se ne tenga conto in fase di realizzazione del nuovo impianto; risulta infatti determinante la fase di progettazione: la scelta del sistema di allevamento e la tipologia strutturale dell’impianto, la distanza del piano di vegetazione dal film plastico di copertura del vigneto e la tipologia del film stesso.
In previsione futura, l’attuale tendenza osservata all’incremento delle temperature medie giornaliere non è quindi favorevole all’espressione di tali caratteristiche qualitative delle bacche. Si renderanno, pertanto, sempre più necessarie le selezioni di varietà in cui la colorazione della bacca sia più facilmente ottenibile a prescindere dalle condizioni ambientali di crescita.
Irrigazione e nutrizione
Per favorire la colorazione ottimale delle bacche, non è sufficiente agire a partire dalla fase di post-invaiatura, ma la vite deve essere condotta a questo momento in uno stato fisio-nutrizionale bilanciato che le permetta di affrontare il prosieguo al meglio.
Le tecniche dell’irrigazione e della concimazione sono sicuramente di primaria rilevanza per ambire a questo risultato, tuttavia, sarebbe scorretto pensare che, per ottenere un’uva da tavola a bacca rossa con colorazione ottimale, si richiedano specifiche modulazioni dell’apporto idrico o di elementi nutritivi.
Non esistono, infatti, differenze sostanziali in termini di esigenze idrico-nutrizionali in funzione della pigmentazione della bacca (bianca, rossa o nera), ma è fondamentale che la vite venga condotta fino al momento dell’invaiatura – e da esso fino alla maturazione – in pieno equilibrio vegeto-produttivo.
A tale scopo, è preferibile la predisposizione di apporti irrigui e nutrizionali il più possibile frazionati ed in sinergia con i naturali ritmi di assorbimento ed utilizzo della varietà coltivata. Tale approccio è perseguibile solamente attraverso l’impiego della cosiddetta “Nutrigation™ ”, dove acqua e nutrienti possono essere forniti regolarmente e continuamente alla coltura nel corso delle differenti fasi fenologiche che compongono il suo ciclo.
Tuttavia, dal punto di vista pratico, ciò non è sempre attuabile in quanto in diversi areali produttivi la disponibilità idrica, necessaria alla realizzazione della fertirrigazione, non risulta essere presente tutto l’anno ma comincia dopo la fase di fioritura.
Inoltre, la predisposizione di un corretto piano di fertirrigazione, per l’apporto totale del fabbisogno in elementi nutritivi, richiederebbe un numero di interventi superiore a quello tecnicamente sostenibile dalle aziende allo stato attuale.
In considerazione di ciò, è consigliabile quindi prevedere che una frazione delle unità fertilizzanti da apportare, tra il 40 ed il 50% del totale in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno, venga fornita attraverso una concimazione granulare ad alta efficienza poco prima del germogliamento, mediante l’impiego di formulati innovativi con azoto a cessione controllata.
Proprio l’impiego di quest’ultima tipologia di formulati permette di ottimizzare l’efficienza d’uso dell’azoto, evitando sia rotture del flusso nutrizionale che eccessi di disponibilità azotata, i quali potrebbero creare disordini metabolici inficiando il corretto bilanciamento vegeto-produttivo della coltura.
Modalità di fertirrigazione
Un altro fattore cruciale, quando ci si occupa di nutrizione idrico-minerale della vite, è anche la modalità di fertirrigazione impiegata. Per ricercare infatti la migliore efficienza nutrizionale degli apporti, risulta determinante operare una fertirrigazione di tipo “proporzionale”. Nella quale, quindi, sia possibile controllare, non solo la quantità di concime distribuita per unità di superficie, ma anche la conducibilità elettrica della soluzione nutritiva a contatto con l’apparato radicale.
L’importanza di tale scelta, che naturalmente richiede specifiche dotazioni impiantistiche per essere realizzata correttamente, è dovuta al fatto che la concentrazione del concime nella soluzione nutritiva erogata è una variabile fondamentale per l’assorbimento degli stessi elementi nutritivi.
Gli elementi giusti al momento giusto
L’apporto efficiente di elementi nutritivi deve prevedere sempre l’applicazione congiunta di almeno tre macroelementi (azoto, fosforo e potassio), seppur con rapporti specifici in funzione della fase fenologica. Accanto ad essi, assume primaria importanza il magnesio il quale, specialmente nelle fasi precoci di crescita (da germogliamento a pre-fioritura), è fondamentale per il corretto sviluppo dell’apparato fogliare fotosintetizzante.
L’altro elemento rilevante, specialmente per la qualità delle uve, è il calcio che deve essere fornito in maniera puntuale in specifiche finestre temporali nel corso del ciclo colturale. Infine, tra i microelementi, di notevole importanza è il ferro, cruciale per ottenere un’ottimale attività fotosintetica della vite, ma anche per favorire la pigmentazione antocianica nelle varietà a bacca rossa.
In particolare, per ottimizzare la nutrizione minerale, occorre sottolineare come:
- la forma azotata da privilegiare in fertirrigazione è quella nitrica, rappresenta infatti più dell’80% dell’assorbimento totale di azoto da parte della vite e poiché evita alcuni disordini, che vengono invece creati dall’eccessiva presenza di altre forme azotate nella soluzione circolante. Spring fever – febbre di primavera – e Bunch Stem Necrosis – disseccamento del rachide – su tutti;
- la somministrazione del potassio deve seguire una curva di accumulo progressivo sin dalle prime fasi di crescita, evitando di intervenire solamente nella seconda parte del ciclo produttivo;
- l’impiego di concimi fosfatici o fosfo-potassici deve essere il più possibile razionale, eliminando il loro scorretto utilizzo come mitigatori dell’eccessiva vigoria del vigneto;
- l’applicazione efficiente ed efficace del calcio, per la traslocazione dell’elemento nell’acino, deve avvenire per fertirrigazione tra la fase di fioritura e quella di ingrossamento acini;
- l’efficientamento della nutrizione ferrica passa dall’utilizzo dei chelanti a più elevata stabilità a pH sub-alcalino/alcalino del terreno (EDDHA/HBED i più stabili), dal loro impiego in combinazione con sostanze organiche ad azione sinergica per massimizzarne l’assorbimento e dal frazionamento delle dosi annuali in almeno due momenti applicativi, inizio germogliamento/pre-invaiatura.
Biostimolanti
A completamento della nutrizione idrico-minerale al terreno, possono essere impiegati, generalmente per uso fogliare, formulati biostimolanti volti a proteggere il metabolismo della vite nel corso delle varie fasi fenologiche. In particolare, si sottolinea l’importanza di prodotti di matrice vegetale/algale ad alto contenuto in ormoni naturali, per migliorare la veicolazione e l’efficacia delle sostanze fitoregolatrici.
I due momenti applicativi principali per il loro impiego risultano essere:
- successivamente al germogliamento in fase di distensione grappolo, per ottenere uno sviluppo migliore del rachide volto a favorire un ottimale ingrossamento degli acini e a massimizzarne la resistenza a stress in fase di post-raccolta durante il confezionamento e la frigoconservazione;
- in post allegagione, a seconda della varietà, per favorire l’ingrossamento degli acini (citochinesi/ distensione cellulare), anche in sinergia con l’impiego di fitoregolatori di sintesi.
Quest’ultimi possono tuttavia influenzare negativamente i processi di pigmentazione, soprattutto nelle varietà a bacca colorata e pertanto occorrerà tenerne conto in fase di programmazione degli interventi fogliari da utilizzare in questa fase.
Autore
Angelo Gregucci – agronomo – Area Sales Manager per Haifa Italia
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