Sarà forse un caso l’assonanza tra marzo e marza? Nei vigneti ad uva da tavola il mese di marzo è decisamente il periodo dedicato agli innesti. Le barbatelle, dopo un anno, vengono capitozzate ed innestate con la varietà prescelta.
Oggi, però, l’innesto in campo risulta una pratica volta a scomparire, principalmente per i seguenti motivi:
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è sempre più complesso trovare personale specializzato;
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questo metodo è figlio di un “vecchio” modo di fare;
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il materiale di propagazione già innestato, proveniente dai vivai certificati, è molto più sicuro.
Il viticoltore da tavola Michelangelo Stolfa approfondirà i temi accennati e ci offrirà la sua visione a riguardo.
Michelangelo, è tempo di innesti nei vigneti
Sì, ma a mio avviso la pratica dell’innesto a spacco effettuato in campo è un’operazione che scomparirà. Questo perché in futuro i produttori – per forza di cose – dovranno porre la propria attenzione non tanto su “Quale varietà innestare”, ma “A chi venderò la mia uva”. Ad oggi però le aziende agricole non dispongono di dati grazie ai quali prendere decisioni di questo tipo. Il modo di fare del piccolo imprenditore agricolo è ancora il seguente: “Oggi pianto le barbatelle e tra un anno decido la varietà da innestare”. La decisione viene presa sulla base di sensazioni o sulla scia della moda del momento. Pratica sbagliata, ma purtroppo molto comune.
Come poter andare oltre?
Per consentire al comparto di evolvere risulterà fondamentale realizzare e consultare dati, ad esempio analisi di mercato. Grazie ad esse potremo comprendere quali sono le varietà più apprezzate, cosa manca, cosa – invece – eccede. Il raggiungimento di questo obiettivo passa, tra le altre cose, dalla realizzazione di un catasto varietale. Chi meglio della CUT, la Commissione Italiana Uva da Tavola, potrà guidare questo cambiamento? La Commissione, tra i suoi obiettivi vede infatti:
- la realizzazione di un catasto varietale, al fine di censire gli ettari e le varietà coltivate;
- comprendere i gusti del mercato.
In tal senso è stata siglata da qualche mese una collaborazione tra CUT e CSO Italy“.
Tornando agli innesti, ad oggi trovare personale specializzato è sempre più complesso.
Quella dell’innestatore è una professionalità che viene tramandata di padre in figlio, difatti la maggior parte degli innestatori sono tutti figli d’arte. Oggi i giovani intenzionati a lavorare nel settore primario sono attratti più che altro da ruoli come l’imprenditore agricolo o il marketing del prodotto e gli innestatori sono sempre più rari. Il lavoro dell’innestatore, agli occhi inesperti, potrebbe sembrare semplice, ma non lo è. Il coltellino da innesto è paragonabile al bisturi di un chirurgo. I tagli da effettuare sulla marza e sulla barbatella dovranno essere molto precisi.
Secondo te in futuro cosa accadrà a questa pratica agricola?
A mio avviso questa pratica in futuro sarà sostituita dall’acquisto delle barbatelle già innestate dai vivai. Si tratta di piante a radice nuda, o in vasetto che potranno essere messe a dimora direttamente in vigneto. Questa nuova modalità garantisce, tra le altre cose, anche una maggiore salubrità del materiale vegetale. Sì, secondo me il futuro della viticoltura passerà da queste soluzioni.
Testo e foto : Teresa Manuzzi
©uvadatavola.com