Barbatelle innestate: dal vivaio al campo

L’agronoma Federica Garrapa si sofferma sulle peculiarità delle barbatelle innestate e sulle buone pratiche agronomiche che è bene adottare in fase di messa a dimora dei materiali di propagazione di qualità.

da Redazione uvadatavola.com
barbatelle innestate

Negli ultimi anni, parallelamente allo sviluppo e diffusione di nuove varietà di uva da tavola, l’innesto in vivaio e l’uso di barbatelle innestate è diventato sempre più comune.

L’agronoma Federica Garrapa si sofferma sulle peculiarità delle barbatelle innestate e sulle buone pratiche agronomiche che è bene adottare in fase di messa a dimora dei materiali di propagazione di qualità.

Fino a circa quarant’anni fa, quasi tutte le varietà di vite venivano innestate in campo sulle barbatelle, che erano state messe a dimora l’anno precedente. Negli ultimi anni, però, la mancanza di manodopera specializzata, l’importanza di avere materiale di propagazione sano e la diffusione di varietà apirene protette da brevetto hanno fatto sì che la pratica dell’innesto si spostasse prevalentemente in vivaio. A favorire la diffusione di questa tecnica sono stati anche i vantaggi che ne derivano. Tra questi il minor tempo impiegato dalla pianta per entrare in produzione, la minor necessità di manodopera specializzata con il conseguente risparmio economico e la maggiore omogeneità tra le piante in campo.

Per l’ottenimento di barbatelle innestate è necessario innestare su una talea, prelevata da una pianta madre, una marza prelevata dalla “pianta madre di marze”. La talea usata come barbatella deve essere lunga circa 40 cm, avere diametro compreso tra 0,8 e 1,3 cm e 3-4 gemme. Queste ultime devono essere tutte rimosse tranne quella basale, da cui ha origine la radice. La pianta madre di marze, invece, deve essere una vite preferibilmente certificata, ottenuta mediante innesto e le cui marze si contraddistinguono per sanità e identità varietale.

barbatelle innestate

Barbatellaio con marze della cv Italia innestate a spacco e a omega.

L’innesto in vivaio

Quando si fa l’innesto in vivaio, si può ricorrere all’innesto a omega, effettuato con una macchina, o all’innesto a spacco semplice, che è quello più diffuso tra gli innesti manuali. Il primo è molto più veloce e non richiede manodopera specializzata, ma è fondamentale che marza e portainnesto abbiano diametro simile. Con questo tipo di innesto, infatti, si è visto che la zona di contatto tra i bionti è abbastanza limitata. Per questo è facile osservare ingrossamenti in corrispondenza del punto di innesto, soprattutto per quelle barbatelle recalcitranti all’innesto come il 140 Ruggeri. L’innesto a spacco semplice, invece, permette un contatto maggiore tra marza e portainnesto, agevolando così il passaggio della linfa. In vivaio, infatti, si è osservato che per le piante innestate a spacco semplice la percentuale di attecchimento supera del 20% quella rilevata per le piante innestate a omega. A questo si aggiunge che le barbatelle innestate a spacco semplice germogliano prima e mantengono una vigoria buona e costante per tutto il ciclo vegetativo. Le barbatelle innestate in vivaio, poi, possono essere commercializzate a radice nuda o in vasetto. Nel primo caso, le barbatelle innestate vengono sottoposte a forzatura, selezione, commercializzazione e successivo trapianto in campo, dove restano per circa sei mesi. Qui avviene l’unione definitiva tra i bionti e le barbatelle emettono radici e germogli. Quando si sviluppano le piantine, queste vengono estirpate e potate lasciando due gemme sul germoglio principale, che viene quindi coperto con la paraffina per evitare la disidratazione. Successivamente, per facilitare le operazioni di trapianto meccanizzato, si accorcia la radice ad una lunghezza di 20 cm e, solitamente entro marzo, si fa il trapianto nel campo di destinazione del produttore. Per quanto riguarda le barbatelle commercializzate in vasetto, invece, le opzioni sono due. Mentre una opzione prevede che la barbatella sia prima sottoposta a forzatura in cassoni e poi messa in vasetto, l’altra prevede che la barbatella sia prima messa in vasetto e poi sottoposta a forzatura in serra. In entrambi i casi la fase successiva è l’ambientamento, che consente alla pianta di iniziare ad adattarsi alle condizioni climatiche che troverà poi in campo.

Prima di procedere con l’acquisto badate a queste caratteristiche

Che si tratti di una barbatella innestata a radice nuda o in vasetto, prima di acquistarla, è opportuno osservare le seguenti caratteristiche: innesto saldo, assenza o lieve ingrossamento del fusto al punto di innesto e assenza sul fusto di lesioni, miceli fungini e tumori da Agrobacterium Tumefaciens. Per quanto riguarda la radice della barbatella, invece, quella della barbatella a radice nuda deve presentare almeno due o tre radici principali, fondamentali per l’assorbimento dell’acqua, un buon numero di radici secondarie e la presenza del capillizio radicale. Per la radice delle barbatelle in vasetto, invece, è importante che questa sia bianca e dotata di un buon capillizio radicale e che il pane di torba non si rompa in fase di trapianto.

I vantaggi

Le barbatelle innestate in vivaio sono delle piantine con una radice già attiva e ben sviluppata, con un punto di innesto saldo e una vegetazione di circa 30 cm, e che possono essere messe in campo anche a maggio-giugno. Nel tempo l’innesto in vivaio è stato incentivato soprattutto da chi si occupa di rinnovamento varietale sia a livello pubblico che privato. Tanti sono i vantaggi delle barbatelle innestate in vivaio. Primo tra tutti la riduzione dei tempi di entrata in produzione, che in questo modo si riduce a soli tre mesi. Ciò consente al produttore di sfuggire alle gelate tardive e di avere la prima produzione già l’anno dopo il trapianto, se non le si pota a due gemme durante l’inverno.

barbatelle innestate

Penne: materiale di scarto delle operazioni di innesto

L’innesto in campo

Per quanto riguarda l’innesto in campo, questo è solitamente fatto a occhietto, a spacco o con una delle varianti dell’innesto a spacco, come il doppio spacco. Il primo è effettuato tra agosto e metà settembre dell’anno d’impianto della barbatella ed è molto usato perché più semplice. Quello a spacco, solitamente effettuato con marza a due gemme, invece, si fa l’anno successivo a quello d’impianto della barbatella, ma richiede particolari accortezze soprattutto nei terreni più pesanti. In queste condizioni, infatti, è utile disporre intorno al punto d’innesto della sabbia e bagnarla per mantenere buoni livelli di umidità. Al contempo, però, aumenta il rischio di infezioni fungine, così come la marza, stando a contatto con la sabbia, può emettere le radici. Per non incorrere in problemi di questo tipo è buona norma fare la sconcatura. L’innesto in campo, infatti, è adoperato in un numero ristretto di aree vocate alla viticoltura da tavola, perché richiede manodopera specializzata, necessita di cure colturali a fronte dei diversi fattori che possono ostacolare l’attecchimento e prevede dei tempi lunghi prima che la pianta entri in produzione.

Come intervenire in fase di trapianto

Quando si pratica il trapianto, è bene che il terreno sia in tempera e il franco di coltivazione pari a circa 40-50 cm. In caso di trapianto con trivella o escavatore in terreni argillosi e limosi, infatti, si rischia la compattazione del terreno con conseguenti rischi di ristagno idrico e difficoltà di accrescimento della radice. Importante, quindi, non compattare il terreno degli strati superficiali, lasciandoli assestare naturalmente, e spargere nella buca del pietrisco o della sabbia per aumentare la porosità del terreno. Tra le tecniche di trapianto, antico e ormai quasi del tutto abbandonato è il trapianto con la forcella. Questo prevede che la radice venga accorciata a 2 cm, causando così una riduzione nella disponibilità di importanti organi di riserva che, subito dopo il trapianto, servono alla pianta ancora priva di vegetazione per svilupparsi. Da preferire, quindi, soprattutto in caso di grandi superfici è il trapianto a macchina, che aumenta l’efficienza di lavoro, non compatta il suolo e ben posiziona la radice nel solco. Non è raro, infatti, vedere piantine sofferenti perché la radice è stata mal disposta strozzando i vasi linfatici.

Per una buona riuscita del trapianto

Per quanto riguarda le accortezze utili a una buona riuscita del trapianto, è bene che, prima della messa a dimora, le piante stiano almeno 24 ore in acqua per idratarsi. Allo stesso modo sarebbe opportuno aggiungere in quell’acqua microrganismi del genere Trichoderma, per prevenire eventuali infezioni fungine, e micorrize per favorire la micorrizzazione delle radici. Le micorrize stabiliscono simbiosi con le radici, supportandole nell’esplorazione del terreno. Gli stessi microrganismi, poi, possono essere somministrati anche in fase di trapianto. In entrambi i casi è importante somministrare anche della sostanza organica per nutrire i microrganismi. Da prove di laboratorio, infatti, è emerso che il bagno radicale con microrganismi è più efficace, perché consente una migliore colonizzazione della superficie radicale. Somministrare i microrganismi dopo il trapianto, invece, è sicuramente utile, ma la colonizzazione avviene più lentamente e con maggiori difficoltà. Tre o quattro giorni dopo il trapianto è  consigliato somministrare biostimolanti in fertirrigazione per ridurre lo stress da trapianto. Quando la vegetazione si sviluppa, poi, si possono fare anche dei trattamenti fogliari sempre a base di biostimolanti. In campo, fertirrigazioni e trattamenti fogliari equilibrati, quindi, non dovranno mai mancare a partire dal mese di luglio. A questo si aggiunge l’utilità di usare il palo iniettore, soprattutto quando si mettono a dimora piantine in vasetto, perché consente di irrigare già in fase di trapianto e di conferire la giusta compattezza al terreno. Fondamentale, poi, irrigare con frequenza anche post trapianto, scongiurando eventuali stress idrici.

La certificazione

Il processo di certificazione per la vite da tavola è uno dei più articolati e restrittivi rispetto a quello di altre specie coltivate. Le categorie del materiale di propagazione sono quattro: pre-base, base, certificato e standard, rispettivamente contraddistinti con cartellino bianco con banda viola, cartellino bianco, cartellino azzurro e cartellino arancione. Importante sottolineare che il materiale di base è quello utilizzato per la costituzione dei campi di piante madri, destinate alla produzione del materiale di propagazione certificato. Dal 2003 le barbatelle possono essere commercializzate solo se di categoria certificata. Per quanto riguarda le varietà di Vitis vinifera usate come marze, invece, molte non sono mai state oggetto di selezione e per questo non si dispone oggi di materiale certificato. In questo caso si può usare del materiale standard, più facile da reperire, ma che non ha le stesse garanzie fitosanitarie del materiale certificato e che è garantito solo per l’identità varietale.

In Italia, quando si parla di materiale di propagazione certificato, si intende che quello è esente dai virus economicamente più importanti per la vite, come quelli agenti di arricciamento, accartocciamento fogliare, legno riccio e maculatura infettiva. Importante ricordare che diversi Paesi hanno normative differenti. Acquistando il materiale di propagazione da Paesi diversi dall’Italia bisogna considerare cosa prevede la normativa del Paese di provenienza del materiale di propagazione circa i virus che per legge devono essere assenti o meno.

Negli ultimi anni il numero di furti del materiale di propagazione è aumentato. Si tratta di un fenomeno parallelo alla diffusione di varietà brevettate, che sono ovviamente protette da diritti. Avere il 100% di controllo su questo materiale vegetale in campo è difficile sia per i breeder costitutori della varietà che per i produttori e quindi è facile che in un impianto di recente messa a dimora si verifichino dei furti. A riguardo, quindi, sistemi di sorveglianza e recinzioni sono consigliate e spesso necessarie, nonché l’unico mezzo per preservare un materiale di così alto valore commerciale e qualitativo.

Autrice: Federica Garrapa – Agronoma presso Vivai Murciano

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