In Italia diversi centri di ricerca lavorano per sviluppare nuove varietà di uva da tavola resistenti a oidio e peronospora. Approfondiamo lo Studio dell’Università di Bari
Cosa sono 200 anni per l’evoluzione? Un battito di ciglia. Visti tempi di convivenza tra patogeno e ospite così ristretti occorre dare una mano all’evoluzione. Diversi centri di ricerca hanno cominciato a lavorare per sviluppare nuove varietà di uva da tavola resistenti a oidio e peronospora.
Nuove varietà resistenti ai patogeni, ecco perché sarebbero utili
Vitis vinifera è una delle specie di maggiore interesse agrario anche per l’ampia diffusione che ha a livello mondiale. Purtroppo, però, ospita un gran numero di patogeni che possono compromettere lo stato di salute della pianta e determinare ingenti perdite di prodotto. Ciò richiede, dunque, un’attenta gestione fitosanitaria.
Plasmopara viticola (Berk. et Curt.) Berl. et De Toni e Erysiphe necator Schwein sono, nell’ordine, responsabili della peronospora e dell’oidio della vite. Si tratta di due malattie fungine verso le quali V. vinifera non ha potuto sviluppare una naturale “tolleranza evolutiva”, a differenza di quanto occorso per le viti americane. Queste ultime, infatti, sono da sempre chiamate a confrontarsi con i due microrganismi patogeni. Il tempo in cui i due patogeni e V. vinifera sono riusciti a co-evolvere ricercando un equilibrio per la sopravvivenza di entrambi è di scarsi duecento anni. Un lasso di tempo paragonabile solo a qualche attimo se si considera il tempo evolutivo che agisce in milioni di anni.

In foto: peronospora su foglia di vite
Peronospora
P. viticola infetta tutti gli organi verdi della vite (foglie, grappoli, tralci). I primi sintomi, generalmente si osservano sulla pagina superiore delle foglie e consistono in aree che diventano di colore giallo pallido (questa fase è detta anche delle macchie d’olio) che successivamente imbruniscono e disseccano.
Sulla pagina inferiore delle foglie, in condizioni di elevata umidità e in corrispondenza delle macchie d’olio, si differenzia un’efflorescenza biancastra. Si tratta degli organi di propagazione asessuale del patogeno. In estate inoltrata, sulle foglie vecchie, si possono osservare piccole macchie necrotiche poligonali delimitate dalle nervature principali (peronospora a mosaico) entro le quali si differenziano le oospore: gli organi di svernamento del patogeno. Tali foglie possono cadere precocemente, lasciando i germogli completamente o parzialmente spogli.
Le infiorescenze della vite sono particolarmente suscettibili alla malattia e in condizioni favorevoli possono essere infettate già prima della fioritura. Sul rachide si osservano delle tacche idropiche di pochi millimetri che, successivamente, potrebbero estendersi interessando tutta la lunghezza del rachide. In caso d’infezioni precoci, il rachide va incontro a disseccamento, con perdita totale o parziale dell’infiorescenza che si disarticola e cade. Quando le infezioni interessano solo un lato del rachide, esso assume una caratteristica conformazione ad “S”, dovuta ad un irregolare accrescimento dei tessuti.
Il patogeno può infettare precocemente gli acini; in tal caso si noterà che gli acini si ricopriranno di una muffetta biancastra (marciume bianco) costituita dagli organi di propagazione del patogeno. Su bacche in stadio di sviluppo più avanzato e/o in presenza di clima asciutto, si osserva uno sviluppo più lento delle infezioni che, a distanza di tempo, danno luogo alla sintomatologia nota come “peronospora larvata”. Tale sindrome si manifesta in forma di marciume bruno sulle bacche. Queste assumono consistenza e colore cuoiosi a causa della parziale disidratazione dei tessuti.

Oidio su rachide di uva
Oidio
E. necator infetta tutti gli organi verdi della vite. Quando il patogeno è sulle foglie si può osservare una tenue efflorescenza biancastra, costituita dagli organi di riproduzione agamica del fungo. Talvolta, l’efflorescenza si differenzia tardivamente e sulle foglie si osservano delle aree leggermente decolorate, confondibili con le macchie d’olio determinate dalla peronospora, ma la presenza di punteggiature necrotiche ad andamento irregolare sulla pagina inferiore le differenzia. I giovani germogli possono essere infettati, già a partire dai primi stadi vegetativi, ad opera del micelio svernante all’interno delle gemme. Così si determinerà la formazione di germogli denominati “bandiere”. Essi si caratterizzano da un ridotto sviluppo, foglie a lembo deformato e ripiegato a doccia verso l’alto e completamente rivestiti dall’efflorescenza biancastra. Tali infezioni sono poco frequenti negli ambienti pugliesi di coltivazione dell’uva da tavola. Sui tralci si possono osservare delle reticolature necrotiche superficiali che sono riconoscibili anche durante l’inverno.
Danni dell’oidio
I danni più gravi a carico della vite interessano i grappoli. Sugli acini si differenzia la caratteristica muffetta biancastra al disotto della quale si formano le reticolature necrotiche. I tessuti delle bacche infette non sono più in grado di raggiungere il loro diametro regolare e durante il loro sviluppo tendono a sviluppare delle fenditure. Queste, successivamente, favoriranno l’insediamento degli agenti di marciumi del grappolo. Anche il rachide e i racimoli possono essere infettati rimanendo recettivi fino a quando permangono allo stato erbaceo; sui tessuti infetti si osserva una tenue efflorescenza grigio-biancastra al disotto della quale, successivamente, si differenziano le solite reticolature rugginose.

Bacca di uva della cv Italia con oidio.
Protezione delle piante: nuovi approcci
La gestione di queste malattie è ancora basata su un consistente impiego di prodotti chimici di sintesi, con un numero di applicazioni per stagione che in ragione delle condizioni ambientali può essere anche elevato.
Considerando le attuali esigenze di mercato e l’approccio One Health – un modello fondato sul riconoscimento che la salute umana, animale e dell’ecosistema siano legate indissolubilmente tra loro – non ci si può esimere dall’individuare nuovi strumenti di protezione. Questi dovranno tener conto del panorama varietale in continuo cambiamento, a causa anche dell’introduzione di nuove cultivar, e il contesto operativo in cui le stesse sono coltivate.
La gestione delle strategie di protezione delle piante è oggi molto più complessa rispetto al passato. Il miglioramento delle conoscenze, i nuovi prodotti fitosanitari disponibili e la necessità di tutelare operatori, consumatori e ambiente hanno profondamente trasformato l’attuale approccio alla protezione delle piante.
La necessità di riferirsi quindi a disciplinari di protezione integrata stilati sulle specifiche caratteristiche territoriali (differenti contesti colturali e ambienti pedo-climatici, ecc.) e sulle esigenze produttive locali è imprescindibile. Così come l’integrazione di nuovi strumenti tecnologici (IoT: Internet of Things, internet delle cose) sono capaci di effettuare diagnosi precoci e genetiche per far sì che la cura sia tarata sulle “specificità del malato”.
L’introduzione di patogeni alieni costituisce in genere un propulsore per lo sviluppo di programmi di incrocio e selezione, con l’obiettivo della resistenza/tolleranza/immunità. In questa ottica meno di due secoli di interazione tra i due patogeni (P. viticola/ E. necator) e V. vinifera – considerando anche che la propagazione agamica frena il naturale sviluppo dell’evoluzione – sono, come anticipato, decisamente insufficienti per lo sviluppo di una resistenza/tolleranza naturale.
La soluzione di alcuni problemi passa dalla genetica
Oggi, però, diversi centri di ricerca e allevamento, a livello mondiale, applicano tecniche di breeding – spesso assistito da marcatori molecolari – volte a sviluppare nuove varietà di uva da tavola resistenti. Un supporto importante all’attività di miglioramento genetico giunge dalle nuove tecnologie. Esse, sfruttando la cisgenesi permettono di sviluppare dei trasformati, che contengono geni e promotori provenienti da una stessa specie o da specie sessualmente compatibili.
Lo studio coinvolge l’Università di Bari
Attività di ricerca di questo genere vede impegnato un gruppo di ricerca – della sezione di Patologia vegetale – afferente al Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti dell’Università degli studi di Bari Aldo Moro. Il gruppo è al lavoro con l’Istituto per la protezione sostenibile delle Piante del CNR UO di Bari, il Centro di ricerca, Sperimentazione e Formazione in Agricoltura “Basile Caramia” e la Facoltà di Agricoltura dell’Università di Novi Sad.
Il lavoro ha permesso di valutare la resistenza di 17 vitigni di origine serba, 11 di origine ungherese e 7 di origine moldava in comparazione con le cultivar Black Magic, Italia, Victoria, Michele Palieri, Crimson, Baresana e Red Globe. Gli esperimenti sono stati condotti in vitro e in pieno campo in un campo sperimentale appositamente allestito.
In pieno campo P. viticola ha infettato pressoché tutte le cultivar con una diffusione compresa fra il 90 e il 100%. Decisamente promettenti sono, però, i dati circa la gravità della malattia, valutata in termini di superficie media infetta (s.m.i.). La s.m.i. sulle foglie delle cultivar Victoria, Michele Palieri e Italia, è stata molto elevata (94-99%), mostrando anche filloptosi anticipata. Sulle cultivar balcaniche, invece, i valori di s.m.i. sono stati contenuti in un range compreso fra il 62 e 93%.

Peronospora su nuova varietà di vite tollerante/resistente
I risultati
In particolare, tra tutte, si è distinto un gruppo comprendente otto cultivar, che presentavano infezioni circoscritte a piccole aree necrotiche del diametro di pochi millimetri, con poche o assenti sporulazioni del patogeno.
In generale, l’oidio ha mostrato uno sviluppo limitato e non sono stati osservati sintomi su 14 delle 24 selezioni osservate. Tuttavia 7 selezioni sembrano essersi differenziate da ‘Italia’.
I genotipi di maggiore interesse sono attualmente impiegati in un programma di miglioramento genetico per mezzo del quale, si auspica, di combinare la resistenza a peronospora e oidio a caratteri commerciali di pregio come l’apirenia e l’ampliamento del calendario di raccolta.
Inoltre, all’interno di un progetto di Global thesis che vede impegnato un laureando del Corso di Studi magistrale di Medicina delle Piante dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro – sempre in collaborazione con i ricercatori della Facoltà di Agricoltura dell’Università di Novi Sad – si sta caratterizzando il profilo genetico di resistenza di un vitigno locale, che potrebbe risultare di grande interesse per la costituzione di nuovi genotipi di vite da tavola apirene.
La ricerca in tal senso è quanto mai attuale e, considerata la dinamicità del mercato, dovrebbe essere continua e affiancare, senza sostituire, gli studi che mirano a sviluppare/validare sistemi IoT-based come ad esempio i Sistemi di Supporto alle decisioni (DSS) e la sperimentazione di programmi di protezione che ottimizzino in ciascun ambiente l’utilizzo dei prodotti per la protezione delle piante ad oggi disponibili. Tutto ciò, ovviamente, non potrebbe funzionare senza la formazione di tecnici con elevate competenze e professionalità. Il raccordo fra nuove tecnologie e mondo operativo passa e passerà, infatti, dalle loro mani.
Autrice: Stefania Pollastro
Professoressa associata presso il:
Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti – UniBa.