La presenza di determinate specie di cicaline su vite è strettamente legata all’areale di coltivazione.
Le cicaline più importanti e presenti in Italia meridionale sono le specie Empoasca vitis, Jacobiasca lybica e Zygina rhamni. Nell’Italia settentrionale, invece, la presenza delle cicaline è strettamente associata a quella dello Scaphoideus titanus. Quest’ultimo è considerato fitofago chiave su vite, in quanto vettore del fitoplasma agente di flavescenza dorata. L’areale della vite è molto ampio e vario, per cui il comportamento di questi fitofagi può variare notevolmente a seconda dei parametri climatici, delle pratiche colturali, del tipo di allevamento adottato e delle varietà coltivate.
Le cicaline dell’Italia meridionale
La cicalina verde Empoasca vitis, la cicalina africana Jacobiasca lybica e la cicalina giallo-rossa Zygina rhamni, quando adulte, sono di piccole dimensioni per cui oscillano in un range compreso tra 2,5 e 3,5 mm. Così come la loro presenza è associata alle aree viticole, sono note essere ospiti anche di piante erbacee e spontanee sempreverdi.
Le cicaline sono specie fitomize, perché munite di apparato boccale pungente-succhiante con specializzazione trofica su floema. In particolare preferiscono pungere le foglie in prossimità delle nervature fogliari, determinando così sulle foglie stesse la sintomatologia clorotica puntiforme, associata alla loro presenza.
Empoasca vitis e Jacobiasca lybica
Empoasca vitis e Jacobiasca lybica sono di colore verde pallido, come è tipico, e pertanto risultano difficilmente distinguibili tra di loro. Entrambe svernano da adulte e, mentre E. vitis predilige piante arbustive (come il rovo) o arboree, J. lybica preferisce erbe o arbusti.
La prima ha cinque stadi di sviluppo preimmaginale e compie dalle 2 alle 4 generazioni l’anno, che si evolvono sovrapponendosi in funzione dell’andamento stagionale.
La seconda, invece, è caratterizzata dall’avere 5-6 stadi di sviluppo preimmaginale (ovvero neanidi e ninfe) e compie dalle 4 alle 5 generazioni l’anno che possono anche in questo caso sovrapporsi tra loro. Entrambe, in primavera, si spostano su vite e qui le femmine adulte depongono le proprie uova sulle foglie, ovvero entro le nervature della pagina fogliare inferiore.
Si tratta di specie floemomize che si nutrono succhiando linfa e che, dunque, provocano sintomatologia associata dapprima alla presenza di accartocciamenti e ispessimenti della lamina fogliare e successivamente ad arrossamenti delle foglie di uve a bacca rossa e ingiallimenti delle foglie di uve a bacca bianca. A tali fenomeni si aggiunge anche il disseccamento fogliare, che tipicamente parte dal margine fogliare e che si estende nei casi più gravi a tutta la pianta evolvendo in una filloptosi anticipata.
Si tratta quindi di sintomi che possono essere facilmente confusi con la sintomatologia associata alla presenza di virus e acari, proprio perché il più delle volte i sintomi della presenza di cicaline compaiono con ritardo rispetto al periodo di infestazione.
Le alterazioni provocate a livello fogliare ostacolano la corretta traslocazione del liquido floematico dalle foglie agli organi della pianta incidendo negativamente sul tenore zuccherino dei grappoli. Sempre al livello dei grappoli, poi, ulteriore deprezzamento del prodotto è causato dalla presenza di deiezioni, che l’insetto rilascia sulle bacche imbrattandole.
Zygina rhamni
La cicalina Zygina rhamni è – rispetto a queste prime due – più facilmente distinguibile, perché l’adulto è giallastro con macchie rosse su capo, pronoto e ali. Gli stadi giovanili, invece, sono di colore giallo pallido e caratteristica è la ninfa munita di antenne più lunghe del corpo stesso. Anche Z. rhamni sverna da adulto, ma compie 2-3 generazioni sulla vite per poi spostarsi sulle piante spontanee limitrofe al vigneto.
Le femmine adulte depongono le uova in corrispondenza delle nervature principali e secondarie della pagina fogliare inferiore.
I sintomi della presenza di Z. rhamni differiscono da quelli di E. vitis, perché la prima si nutre di contenuto cellulare. A questa condizione è associata la presenza di picchiettature clorotiche senza deformazione della lamina fogliare né disseccamenti.
I danni sono, dunque, pressoché differenti ma il riconoscimento della specie, soprattutto degli stadi preimmaginali, è complicato risultando facile una sopravvalutazione del rischio.
Strategie di intervento
Per le specie floemomize considerate gli agronomi ritengono opportuno considerare come soglia di intervento la presenza di 3 individui per foglia. Per effettuare questo controllo è necessario verificare e contare il numero di individui presenti su 100 foglie della parte basale e mediana del tralcio. Sebbene il danno sia ascritto maggiormente all’attività trofica degli stadi preimmaginali, prima di intervenire chimicamente è bene disporre trappole cromotropiche in vigneto al fine di verificare la presenza di individui adulti.
Controllo chimico
I prodotti chimici attualmente disponibili e utilizzabili dai viticoltori sono quelli a base di Flupyradifurone, Acetamiprid, Etofenprox o Tau-fluvalinate. A questa lista si aggiunge l’Acrinatrina che, però, è stata revocata. La possibilità di commercializzazione di quest’ultima sostanza è scaduta il 30 giugno 2022, ma il suo utilizzo è consentito fino al 29 giugno 2023.
Controllo biologico
Il controllo biologico è senza dubbio il più sostenibile e diverse sono le possibilità attualmente presenti in commercio. Tra le sostanze, ammesse in regime bio, troviamo l’olio minerale, l’olio essenziale di arancio dolce, le piretrine pure, i sali potassici di acidi grassi e l’azadiractina. Il controllo biologico, poi, include anche la possibilità di utilizzare nemici naturali come il parassitoide oofago Anagrus atomus, della famiglia dei Mymaridae. Studi hanno ipotizzato che in molti comprensori viticoli la presenza delle cicaline a livelli non pericolosi sia riconducibile proprio all’attività di questo piccolo imenottero. La sua presenza, inoltre, può essere favorita diffondendo nell’ambiente specie quali nocciolo, rosa e rovo che offrono riparo e sostentamento a questo ospite che potrà così sopravvivere e parassitizzare indisturbato.
La cicalina dell’Italia settentrionale
Altra cicalina appartenente sempre alla famiglia dei Cycadellidae è lo scafoideo. La specie Scaphoideus titanus è particolarmente nota, perché l’insetto è vettore del fitoplasma responsabile della malattia della flavescenza dorata. Negli areali dell’Italia meridionale lo scafoideo non è un problema perché, sebbene l’insetto sia stato rilevato solo un paio di volte volte, a tali rilievi non è associata la presenza della flavescenza dorata. Diversa, invece, è la situazione nei vigneti dell’Italia settentrionale dove, oltre allo scafoide, è presente anche la malattia di flavescenza dorata. Gli agricoltori settentrionali sono dunque messi a dura prova e devono trovare strategie sempre più efficaci e all’avanguardia.
Lo Scaphoideus titanus
Scaphoideus titanus a differenza delle cicaline viste in precedenza, sverna come uovo nei tralci di due anni. In primavera ha inizio la schiusa delle uova che si protrae per tutto il mese di giugno. I danni causati dallo scafoideo sono di tipo indiretto, perché correlati alla trasmissione della fitoplasmosi della flavescenza dorata. L’incidenza della malattia è, inoltre, correlata alla suscettibilità della varietà e all’età dell’insetto. Gli esemplari neonati, infatti, non sono in grado di infettarsi e conseguentemente di trasmettere il fitoplasma. L’infezione della cicalina stessa avviene con la sua alimentazione su viti malate, quando l’insetto ha compiuto le 3 settimane circa di età. Conseguenza di questa evidenza è che gli interventi precoci sono inutili, perché non sono in grado di raggiungere tutte le cicaline vista la scalarità nella schiusa delle uova.
Il momento ottimale per eventuali interventi, infatti, è la seconda metà di giugno quando quasi tutte le uova si sono schiuse e una minima parte degli esemplari è in grado di veicolare l’ampelopatia. In questo periodo, infatti, si presume che la maggiore percentuale della popolazione non sia composta da adulti che, in quanto mobili, possono sfuggire al trattamento e continuare a diffondere la malattia. La decisione sul momento di effettuazione del trattamento, dunque, deve basarsi sulle catture effettuate dalle trappole cromotropiche adesive gialle, che dovranno essere poste all’altezza della fascia dei grappoli. I principi attivi consigliati per lo scafoideo sono gli stessi consigliati per il controllo di E. vitis, J. lybica e Z. rhamni.
Autrice: Silvia Seripierri
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