Abbiamo intervistato il prof. Antonio Ippolito, docente di Patologia Vegetale presso l’Università degli Studi di Bari. Il docente si occupa di post-raccolta dei prodotti ortofrutticoli e sin dagli anni ’80 studia i microrganismi antagonisti ed i prodotti alternativi a quelli chimici.
Esistono formulati bio che possono rappresentare un’alternativa reale ai prodotti chimici?
Va detto subito che, purtoppo, al momento i formulati bio non rappresentano una reale alternativa ai fungicidi perché i microrganismi antagonisti non funzionano sempre, dipende dal prodotto utilizzato e dal tipo di malattie che interessano il prodotto ortofrutticolo da conservare. I microrganismi non hanno un’attività sistemica ma preventiva, sia nei confronti del patogeno che della malattia. Gli antagonisti microbici dei formulati bio da utilizzare nel post-raccolta non possono, come tutti sanno, avere l’antibiosi tra i propri meccanismi di azione, perché le sostanze antibiotiche, anche se prodotte dal microrganismo, possono portare alla selezione di ceppi resistenti.
Mancando questa azione, l’antagonista può svolgere solo una attività di tipo preventivo. Quindi se il prodotto ortofrutticolo ha un’infezione latente, il formulato non funzionerà, a differenza di un fungicida che invece avrà effetto in quanto penetra nei tessuti. Questo è uno dei motivi principali per cui queste sostanza non sono molto utilizzate. Se un prodotto bio non assicura il controllo di più del 95% delle infezioni, per gli operatori è considerato non idoneo e non viene usato. C’è anche da aggiungere che per il post-raccolta il mercato di questi formulati è piuttosto ristretto e i ricavi non ripagano la spese di registrazione di questi prodotti.
La gestione dell’uva da tavola in post-raccolta è complicata perché la sanità del prodotto è sempre legata all’andamento climatico. Risulta fondamentale la gestione di acqua e fertilizzanti e dei trattamenti.
Ci sono anche prodotti alternativi a quelli chimici, ad esempio il calcio o il bicarbonato di potassio. Potrebbe parlarci della possibili modalità di gestione biologica di muffe e marciumi per favorire la conservazione dell’uva da tavola?
La gestione dell’uva da tavola in post-raccolta è complicata perché la sanità del prodotto è sempre legata all’andamento climatico. Se il clima è secco non ci sono problemi, mentre se è umido nemmeno i migliori fungicidi sono sufficienti per il controllo di muffe e marciumi. Certo, è anche vero che le tecniche colturali sono importantissime:
- defogliazioni,
- irrigazioni e
- buone pratiche agronomiche in campo
permettono senza dubbio una gestione migliore in fase di post-raccolta. In generale, se l’uva deve essere conservata a lungo, deve essere raccolta prima dell’arrivo delle precipitazioni. Se il prodotto è stato esposto a piogge abbondanti, la conservazione è da evitare. Questo vale anche per un vigneto coperto con film plastici, perché a causa delle piogge il terreno si inumidisce e durante il giorno i teli favoriscono la condensa e il gocciolamento.
Tornando al pre-raccolta, è molto importante la gestione di acqua e fertilizzanti e dei trattamenti contro la botrite e i marciumi. In questo caso ci sono prodotti alternativi a quelli chimici come il calcio (che sotto forma di cloruro è efficace contro i marciumi acidi) o il bicarbonato di potassio. I marciumi acidi sono generati da lieviti e da batteri coadiuvati dalla Drosophila (il comune moscerino della frutta, n.d.r.) che li trasmette e li inocula da bacca a bacca. Contro questi marciumi, a parte le buone pratiche culturali, non ci sono prodotti chimici da usare. Il calcio potrebbe essere sin dalla fase di ingrossamento dell’acino un buon prodotto e, se apportato prima della raccolta, può avere un effetto che si ripercuote positivamente anche in post-raccolta.
Infine potrebbe spiegarci quali sono i principali fattori che provocano l’insorgenza della botrite latente sull’uva da tavola?
Alla base tra il peduncolo e la bacca sono presenti gli stami, che muoiono dopo aver assolto il loro ruolo nel processo di fecondazione. Gli stami spesso restano attaccati alla bacca e vengono attaccati da botrite. Il patogeno entra attraverso questi organi fiorali, si insedia alla base della bacca e lì vi resta (perché quando la bacca è verde è ricca di sostanze fenoliche antimicotiche: fenoli ed enzimi idrolitici). In fase di maturazione si osserva una progressiva riduzione delle sostanze antimicotiche e vi è abbondanza di zucchero. Queste condizioni, associate all’andamento climatico, stimolano la ripresa del patogeno. Il fungo della botrite è quindi già presente alla base del peduncolo, dove ci sono sempre delle micro ferite attraverso le quali la botrite penetra nei tessuti della bacca. Se con i trattamenti fitoasnitari riuscissimo a limitare la contaminazione degli stami, la più difficile da governare, almeno in parte si dovrebbero contenere le infezioni latenti di muffa grigia.
Autore: la Redazione
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