Per far fronte alle sfide del comparto e ottenere produzioni sempre più rispondenti alle esigenze dei consumatori, molteplici programmi di breeding sfruttano oggi le più moderne tecniche di miglioramento genetico al fine di sviluppare varietà apirene, innovative e riconoscibili per la tipicità e per il richiamo al territorio stesso grazie a caratteristiche di pregio. Ad approfondire la tematica nell’ultimo numero di uvadatavola magazine la professoressa Alessandra Gentile del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente Università degli Studi di Catania.
Gli obiettivi principali dei programmi di miglioramento genetico dell’uva da tavola mirano essenzialmente alla costituzione di nuove varietà che possano rispondere alle nuove esigenze di mercato e alle esigenze dei produttori.
Nonostante l’ampiezza del germoplasma viticolo esistente e gli elevati costi sostenuti per l’ottenimento e la valutazione di nuovi genotipi, la ricerca delle risorse genetiche e l’innovazione delle varietà d’uva da tavola sono sempre attive e indispensabili per sostenere le esigenze del settore. I principali criteri di selezione includono varietà con elevata e costante produttività, con attrattività estetica dei grappoli e delle bacche, con acini consistenti con polpa soda e croccante e colore brillante della buccia, aromi e sapori particolari (dal fruttato al foxy al tropicale all’esotico), con capacità di adattamento ai cambiamenti climatici ed elevata resistenza alle operazioni di manipolazione, trasporto e conservazione. Non meno importanti, le caratteristiche della pianta, che deve essere di facile gestione agronomica e resistente alle principali malattie che interessano la vite quali oidio, peronospora, marciume nero e imbrunimento.
Negli ultimi anni il gusto dei consumatori, soprattutto dei più giovani, si è orientato in maniera netta verso le varietà apirene. L’apirenia è un carattere molto studiato negli ultimi 50 anni e per il quale sono stati prodotti diversi modelli per spiegare le sue basi genetiche. Originariamente l’apirenia era un carattere tipico di un numero molto ristretto di varietà, destinate prevalentemente all’essiccazione.
L’ottenimento di varietà apirene, nel caso in cui si utilizzino metodi convenzionali di breeding, presenta alcuni inconvenienti dovuti all’impossibilità di utilizzare varietà apirene come genitore femminile.
Di recente, grazie ai progressi scientifici e all’applicazione di nuove tecniche di miglioramento genetico, sono stati avviati numerosi programmi di breeding a livello mondiale incrociando anche entrambi genitori apireni. L’incrocio tra varietà apirene è possibile solo se si prevede la successiva coltura in vitro degli embrioni ovvero mediante l’utilizzo della tecnica dell’embryo rescue. Questa tecnica di miglioramento genetico permette lo sviluppo di embrioni che in natura non avrebbero la possibilità di germinare a causa del loro mancato sviluppo. Altro strumento, oggi essenziale e fortemente utilizzato, è quello della selezione assistita da marcatori molecolari, Marker Assisted Selection (MAS), che permette di valutare precocemente i fattori genetici coinvolti, e potenzialmente responsabili, di una determinata caratteristica genotipica, per esempio l’assenza di semi o una resistenza a malattie, ancora prima che la pianta produca i frutti. I marcatori strettamente associati al gene d’interesse consentono di eseguire uno screening direttamente sul DNA di piantine in fase precoce di sviluppo, senza aspettare la fase fenologica specifica in cui tale carattere si esprime (fioritura o maturazione del frutto), accelerando quindi i tempi e riducendo gli spazi necessari al lavoro di selezione che, spesso, richiede anche l’analisi di migliaia di genotipi differenti. Infatti, dopo aver identificato uno o più marcatori associati al carattere da selezionare, lo screening viene effettuato su piccoli quantitativi di DNA estratto da vari tessuti della pianta, senza determinarne la distruzione.
Da un quindicennio i ricercatori dell’Università di Catania sono impegnati in programmi di breeding dell’uva da tavola con lo scopo principale di ottenere varietà apirene, innovative, costituite nel territorio e per il territorio, che siano riconoscibili anche per la tipicità e per il richiamo al territorio stesso con caratteristiche di pregio che riguardano peculiarità organolettiche, agronomiche, tecnologiche. Affinché una nuova varietà sia rispondente alle esigenze dei produttori, di facile gestione e adatta agli ambienti di coltivazione, è infatti di fondamentale importanza che essa venga costituita nel territorio stesso e, ancor di più, provenga da incroci tra varietà ben affermate e idonee alla produzione in quel determinato territorio.
Per il programma di breeding dell’Università di Catania, come parentali per l’ottenimento di nuovi genotipi sono state utilizzate 16 cultivar, sia apirene che con semi, particolarmente importanti da un punto di vista economico e molto diffuse nel territorio nazionale e siciliano.
Complessivamente sono state ottenute circa 1200 piante, sottoposte negli anni a successive valutazioni in campo. Oltre il 10% delle piante in produzione ha manifestato il carattere dell’apirenia totale, il 22% ha prodotto acini con vinacciolo erbaceo, impercettibile al palato, e il 20% acini con vinacciolo semilegnoso. I genotipi sono stati inoltre suddivisi in base al colore della bacca: 60% a bacca bianca, 8% a bacca rossa, 32% a bacca nera. Tra i genotipi complessivamente valutati ne sono stati selezionati una trentina con caratteristiche di rilievo per croccantezza, sapore, dimensione e forma degli acini, colore della buccia e forma del grappolo.
La valutazione dei genotipi è stata condotta anche con riferimento al periodo di maturazione dei grappoli: alcune selezioni, soprattutto tra quelle a bacca nera, risultano molto interessanti proprio per la precocità, mentre un buon numero di genotipi a bacca bianca ha mostrato un’ottima resistenza sulla pianta e una maturazione particolarmente tardiva.
Chiaramente le innovazioni prodotte, seppur già sottoposte ad attente valutazioni in campo, necessitano di ulteriori valutazioni in ambienti pedoclimatici diversi di coltivazione e a condizioni agronomiche differenziate, per meglio valutare la loro risposta produttiva. La strada, però, è già stata tracciata e non resta che perseguirla.
A CURA DI: Alessandra Gentile
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