Regione Puglia: mazzette per fondi agricoltura, 20 indagati

Fondi agricoltura, Regione Puglia: "Il metodo seguito non era del tutto lecito, c'era bisogno di ungere gli ingranaggi"

da Redazione uvadatavola.com
fondi agricoltura

Nel corso degli interrogatori la maggior parte degli indagati aveva ammesso che il metodo seguito in Regione non era del tutto lecito. Bisognava ungere gli ingranaggi per poter accedere ai fondi.

 

Nuovo processo per funzionari e dirigenti della Regione Puglia

Dopo la citazione a giudizio dell’ex capo della Protezione civile Mario Lerario e due imprenditori, arriva l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a venti persone, ritenute partecipi di un sistema che dirottava finanziamenti europei nei settori dell’agricoltura e silvicoltura. Ne dà notizia il quotidiano Repubblica.

Sono accusate a vario titolo di:

  • concussione,
  • corruzione,
  • truffa aggravata,
  • falso,
  • rivelazioni di segreti d’ufficio,
  • favoreggiamento.

La riproposizione è quasi identica delle tesi che la Procura aveva reso note al momento degli arresti, l’11 novembre scorso.

All’epoca era finito in carcere il funzionario del dipartimento Agricoltura Lorenzo Mazzini (oggi libero). Mentre avvisi di garanzia erano stati recapitati al suo ex dirigente Giuseppe Vacca (in pensione) e al collega Domenico Campanile.  I loro nomi compaiono nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari insieme a quelli degli imprenditori Nicola e Vincenzo Rocco Biscotti, Dina D’Amato, Matteo Fasanella, Dino Bianchi, Angela Patrizia Foglio, Angelo Raffaele Gentile, Grazia Marino, Nunzio Nargiso, Francesco Nasuti e dei consulenti agronomi Antonio Bernardoni, Carlo e Orazio Cilenti, Michele Elia Fasanella, Angelo Marino, Antonio Simone, Nicola Maria Trombetta.

L’agronomo Davide Vergura ha denunciato il tutto

Il pubblico Ministero Michele Ruggiero ha formulato richiesta di archiviazione solo per l’agronomo Davide Vergura, il quale aveva dimostrato di essersi dissociato dal sistema corruttivo.

Era stato proprio lui a registrare una conversazione con Mazzini, dopo che il funzionario gli aveva chiesto una percentuale sulle pratiche evase («Caccia i soldi, caccia… »), così come aveva fatto con il suo predecessore.

Secondo l’ipotesi accusatoria, come riportato dall’edizione pugliese del quotidiano, Mazzini e il suo dirigente Vacca avrebbero chiesto tangenti agli imprenditori – spesso tramite gli agronomi – per dare esito favorevole alle loro pratiche.

Campanile, invece, avrebbe omesso di denunciare le irregolarità di cui era venuto a conoscenza. A supporto delle tesi della Procura, ci sono le indagini della Guardia di finanza; ma anche una consulenza, affidata al funzionario regionale: Antonio Manghisi.

 

Fonte: L’Immediato.net

 

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