La vite può ospitare diverse specie di acari fitofagi e non solo, la cui presenza sulla vegetazione è spesso asintomatica o poco manifesta. Con il verificarsi di particolari condizioni predisponenti, tuttavia, alcuni di questi piccoli artropodi possono arrecare danni anche rilevanti sulle piante infestate. Di qui l’importanza di riconoscere più nel dettaglio le diverse specie che possono infestare la vite, il loro ciclo biologico e i danni che possono provocare.
Una prima distinzione tra gli acari fitofagi della vite risiede tra specie appartenenti alla famiglia degli Eriofidi e specie appartenenti alla famiglia dei Tetranichidi, differenti per dimensione, colore e comportamento.
Un minimo di familiarità e informazione con questi acari sono necessari per evitare di scambiare le specie fitofaghe con altre indifferenti o utili e, all’interno delle specie dannose confondere quelle appartenenti a una famiglia tassonomica piuttosto che un’altra. Il corretto riconoscimento di questi aracnidi, effettuato attraverso un esame diretto di un campione della pianta o di un suo estratto risolutivo permette di mettere in atto strategie di prevenzione o di difesa mirate.
Acari fitofagi: uno sguardo più da vicino alla famiglia degli Eriofidi
All’interno della famiglia degli Eriofidi rientrano due specie particolarmente importanti per la vite, entrambe abbastanza diffuse in Puglia: Colomerus vitis, agente dell’erinosi della vite e Calepitrimerus vitis, agente dell’acariosi della vite. Essendo fitofagi specializzati, vengono anche detti ampelofagi (cioè vivono solo a carico della vite).
Dal punto di vista morfologico, hanno dimensioni più piccole rispetto ai Tetranichidi: gli adulti si presentano vermiformi con una lunghezza di circa 0,2 mm e sono provvisti di sole due paia di zampe in tutti gli stadi di sviluppo. Le dimensioni ridotte, unitamente alla colorazione giallastra che tende al trasparente, ne rende praticamente impossibile la rilevazione in campo ad occhio nudo. Entrambe le specie svernano sotto forma di stadio adulto all’interno delle gemme o nelle anfrattuosità della corteccia (ritidoma) e con l’inizio della fase di germogliamento, durante la stagione primaverile, si spostano sulla giovane e tenera vegetazione per nutrirsi, provocando i primi danni. La loro presenza in campo – a seconda delle condizioni ambientali – si registra solitamente fino ai mesi di ottobre-novembre, grazie al susseguirsi di circa 5-7 generazioni.
Colomerus vitis: agente causale dell’erinosi della vite
La sintomatologia che ne deriva varia a seconda della specie presente. Il sintomo più vistoso associato alla malattia dell’erinosi della vite – il cui agente causale è Colomerus vitis – è rappresentato dallo sviluppo di specifici ricoveri sulla pianta causati dalle punture di suzione dell’acaro e dalla successiva immissione di saliva responsabile di malformazioni a livello dei tessuti delle giovani foglie. Si tratta di alterazioni della lamina fogliare con aree di 0,5-2 cm2 caratterizzate da una bollosità sulla pagina superiore e da una concavità fittamente pelosa su quella inferiore, dove – a causa di una condizione di ipertricosi – si forma un felcro biancastro. Queste deformazioni della lamina fogliare si realizzano quando le foglie sono infestate nella fase iniziale del loro accrescimento, mentre non si possono indurre su quelle già mature, che in seguito all’infestazione si limiteranno a manifestare macchie puntiformi opalescenti oppure rugginosità molto fini.
Durante la fase di diagnosi in pieno campo, in alcuni casi la sintomatologia provocata da questo eriofide può essere confusa con quella causata da altri organismi come la fillossera della vite che, in modo differente, provoca galle che sporgono dalla pagina inferiore. Tuttavia, l’impatto di questo acaro nella coltivazione della vite in Puglia è quasi nullo, per via delle condizioni climatiche del territorio che di solito non favoriscono lo sviluppo di infestazioni importanti e tali da indurre effetti abbastanza significativi sulla produzione.
Calepitrimerus vitis: agente causale dell’acariosi della vite
L’eriofide Calepitrimerus vitis, agente causale dell’acariosi della vite, è presente in tutta Italia e attacca la vite provocando una sintomatologia abbastanza evidente a carico dei primordi vegetativi. Alla ripresa vegetativa, le gemme all’interno del quale l’eriofide ha svernato possono non schiudere o dare origine a germogli deboli, caratterizzati da internodi molto raccorciati che danno alla vite un aspetto sofferente e brachizzato. Nello specifico, i giovani germogli attaccati presentano foglie deformate (scarsa distensione del lembo) e decolorate che nei casi più gravi possono portare all’avvizzimento del germoglio o alla formazione di infiorescenze a elevato rischio di aborto. Nel periodo estivo, inoltre, possono essere infestate anche foglie già distese che presentano alterazioni di colore simili alle bronzature provocate dal ragnetto rosso, ma con sfumature più violacee (acariosi bronzata).
I danni causati da questo acaro sono spesso avvantaggiati da particolari condizioni ambientali che, in seguito al cambiamento climatico, si stanno verificando con sempre più frequenza. Se da un lato, i ritorni in freddo primaverile rallentano la crescita dei germogli e li rendono più vulnerabili agli attacchi; dall’altro, le elevate temperature estive – favorendo lo sviluppo di ingenti popolazioni dell’acaro – causano una elevata recrudescenza degli attacchi di acariosi, soprattutto nei giovani impianti. Per prevenire l’insorgenza di gravi danni sulle viti è essenziale identificare in modo tempestivo i sintomi dell’acariosi, sebbene alcuni di questi si confondano facilmente con quelli provocati dai tripidi (es. Drepanothrips reuteri). A tal proposito, è bene ricordare che, a differenza degli eriofidi, non visibili a occhio nudo, i tripidi possono essere identificati ponendo le foglie controluce e osservando la presenza dei piccoli insetti che si muovono.
Nonostante questi piccoli artropodi possano passare inosservati per gran parte dell’anno, con il verificarsi di condizioni ambientali favorevoli in concomitanza di specifici stadi fenologici delle piante possono provocare danni non trascurabili alle colture. Da qui deriva l’importanza per gli agricoltori e gli esperti del comparto viticolo di saper riconoscere i sintomi che questi acari fitofagi provocano e i loro cicli biologici. Una corretta identificazione e una pronta azione di controllo può essere indispensabile per preservare la salute e la produttività dei vigneti di uva da tavola.
Donato Liberto
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