Cile, un approccio di sistema per l’uva da tavola

Il protocollo, firmato dal Dipartimento dell'Agricoltura statunitense, offrirà un'alternativa ai trattamenti fumiganti con bromuro di metile, nell'ottica di un miglioramento nella qualità delle produzioni e nell'export

da uvadatavoladmin
cile

Atteso da più di vent’anni finalmente l’accordo è arrivato, definito da sindacati e produttori come un “fatto storico”. Il Registro Federale degli Stati Uniti ha pubblicato la notifica finale dell’approvazione del cosiddetto “approccio di sistema” per la commercializzazione dell’uva da tavola del Cile negli States. Una misura firmata dall’USDA, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, che ha donato entusiasmo al comparto viticolo cileno e ha chiuso negoziati lunghissimi tra le autorità fitosanitarie di entrambi i Paesi.

Il risultato sperato porterà da una parte a incentivare l’export dal Cile negli USA e dall’altra a rispondere alle domande di qualità sollevate dai consumatori americani. 

Tramite questo approccio si fornirà quindi un’alternativa ai trattamenti fumiganti utilizzati nel post-raccolta dell’uva da tavola, con una modalità esente da bromuro di metile, una sostanza chimica che influenza la respirazione del frutto. Il “systems approach” servirà a ridurre i rischi di parassiti nelle diverse fasi della catena di produzione, fino alla fase di commercializzazione. Una misura che andrà a favorire principalmente le produzioni di uva da tavola nelle Regioni di Atacama, Coquimbo e Valparaìso, principali areali da cui proviene la maggior parte dell’uva del Cile.

cile

Entrando nel merito della questione, con l’approccio sistemico saranno portate avanti nei vigneti cileni varie misure, ad iniziare da quelle di mitigazione contro il parassita Brevipalpus chilensis e la tignola della vite (Lobesia botrana). Il primo è più presente nelle Regioni di Atacama e Coquimbo, la tignola invece in quella di Valparaìso.

Solo le produzioni che avranno passato i controlli effettuati a campione in vigneto e successivamente durante la fase di imballaggio potranno ottenere la certificazione di qualità ed essere esportati negli USA, accompagnate da un certificato fitosanitario rilasciato dall’ente cileno. In una prima fase, infatti, saranno effettuati controlli a campione in campo per verificare la presenza o l’assenza rispettivamente del parassita e del lepidottero. Durante la fase di imballaggio, invece, sarà effettuata un’ispezione congiunta, anch’essa a campione; dapprima visiva, poi con la tecnica del “drag washing“. 

L’approccio sistemico statunitense è stato applicato negli anni ad altri tipi di produzioni cilene, in particolare su arance, mandarini e kiwi.

Il protocollo a cui si è arrivati ora aumenterà invece la qualità dell’uva da tavola cilena, ma anche la sua competitività a livello mondiale. In ogni caso, come hanno dichiarato alcuni esperti nel settore, c’è ancora molto da fare sugli investimenti e per adattarsi a un sistema diverso rispetto a quello utilizzato finora. 

cile

L’uva da tavola del Cile, nella scorsa stagione produttiva, ha raggiunto 72 Paesi nel mondo, raccogliendo una cifra importante pari a 905 milioni di dollari. La metà esatta dell’export è arrivata sugli scaffali degli Stati Uniti, per un valore di 431 milioni di dollari. La certificazione di qualità, quindi, stando alle ipotesi, potrà dare ancora nuova linfa a un mercato in crescita, ma che ha ancora dei problemi da sanare. “Il valore commerciale potrebbe aumentare tra il 40% e il 45% – ha sottolineato il ministro dell’Agricoltura cileno, Esteban Valenzuela – il che è molto significativo in un momento in cui l’economia si riattiva e dobbiamo recuperare posti di lavoro nelle regioni del Centro-Nord”. 

La palla passa ora – come hanno dichiarato diverse associazioni di categoria – ad informare i viticoltori e i produttori sull’importanza di tale approccio proponendo loro un’alternativa ai trattamenti fumiganti. Óscar Salgado, consulente internazionale per l’uva da tavola, sulle pagine web della rivista Redagrícola, ha descritto questa come un’ottima notizia che renderà più competitiva l’uva da tavola in Cile, ma che avrà comunque un costo elevato. 

Ora che, dopo venti lunghi anni, il protocollo “System approach” è realtà bisognerà, senza dubbio, adeguarsi a una serie di misure più stringenti per l’export. Queste ultime, però, potrebbero rivelarsi un volano per ampliare ancora di più il mercato non solo verso gli Stati Uniti, ma nel resto del mondo. Un’occasione senz’altro da non perdere per il mercato dell’uva da tavola cilena. 

Silvio Detoma
©uvadatavola.com

Articoli Correlati