L’azione di patogeni dannosi e i cambiamenti climatici stanno causando perdite consistenti anche nel comparto dell’uva da tavola. Per questi motivi, negli ultimi anni si è aperto un nuovo orizzonte, quello relativo al genome editing con lo scopo di migliorare geneticamente le piante e renderle resistenti alle avversità.
Ormai sotto gli occhi di tutti, gli effetti del cambiamento climatico, con caldo torrido e siccità alternati a gelate e grandinate fuori stagione, stanno esponendo il mondo agricolo a danni sempre più ingenti.
Tuttavia, il ricorso al genome editing applicato all’agricoltura e a particolari settori produttivi, come la viticoltura da tavola, possono rappresentare un valido alleato contro queste avversità ormai tanto frequenti.
In particolare, uno strumento molto utile per il futuro è rappresentato dall’introduzione delle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA) che, già nell’ultimo decennio, hanno aperto una nuova frontiera per il miglioramento genetico delle specie vegetali. E strettamente legato alle TEA, anche il genome editing, una tecnologia capace di modificare piccole sequenze di DNA degli organismi viventi che, attraverso un’azione mirata in siti specifici, può essere utilizzata per ottenere piante con determinate caratteristiche.
È il caso dell’uva da tavola che, tra le specie arboree e arbustive coltivate maggiormente interessate da avversità legate a patogeni e clima a livello nazionale, potrebbe beneficiare di queste tecniche innovative.
Dal miglioramento genetico, infatti, da una parte si potrebbero ottenere piante autonomamente resilienti alle malattie e dall’altra, piante in cui la mutagenesi naturale viene accelerata tramite le nuove Tecniche di Evoluzione Assistita. Due soluzioni non in concorrenza tra di loro, ma che anzi possono contribuire a migliorare la resilienza e la sostenibilità del comparto dell’uva da tavola, riducendo l’apporto di fitofarmaci utilizzati e garantendo comunque produzioni di qualità.
A tal proposito, è importante sottolineare che le mutazioni introdotte tramite le tecnologie di genome editing sono indistinguibili da quelle che si possono generare spontaneamente in natura. Inoltre, rispetto alle metodologie di miglioramento tradizionali, caratterizzate da cicli ripetuti di incrocio e selezione, i vantaggi che si possono trarre sono molteplici. In primo luogo, grazie alla tecnica del genome editing, è possibile ottenere ottimi risultati in brevissimo tempo rispetto ai metodi tradizionali. In secondo luogo, questa tecnica genetica dà la possibilità di trasferire il solo carattere interessato, evitando l’inserimento di eventuali geni associati, che possono portare caratteri negativi, nel genoma della pianta da migliorare. Per esempio se si sta migliorando una pianta di uva da tavola per conferirle maggiore resistenza nei confronti della peronospora, dopo diversi cicli di incrocio e selezione si può arrivare ad avere vitigni resistenti, ma che possono essere caratterizzati da una produzione nettamente inferiore.
Considerate le direttive europee, inoltre, l’impiego di queste tecnologie risulta strategico in termini di riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari. Specialmente nel caso di un comparto come quello dell’uva da tavola che, stando a recenti stime, in Unione Europea assorbe circa il 70% dei prodotti di sintesi utilizzati in agricoltura, la maggior parte dei quali per controllare gli agenti dell’oidio e della peronospora.
In tal senso, la necessità di ridurre l’apporto di fitofarmaci dovuta ai costi elevati, all’insorgenza di resistenze dei patogeni ai fitofarmaci stessi, e agli impatti negativi sulla salute dell’uomo e sull’ambiente, richiede una valida alternativa. E questa potrebbe essere basata in modo importante anche sulle nuove TEA e sul miglioramento genetico.
Donato Liberto
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