Ottenere produzioni soddisfacenti dal punto di vista quantitativo e qualitativo è l’obiettivo principale dei produttori di uva da tavola. A questo, si aggiunge sempre più spesso la necessità di adottare pratiche che promuovano la sostenibilità e la resilienza. In un’epoca in cui la gestione dell’agroecosistema è una priorità per il settore primario, l’inerbimento interfilare nei vigneti rappresenta una soluzione che offre vantaggi sia per l’ambiente che per la produzione. Questa tecnica trasforma il suolo del vigneto in un vero e proprio ecosistema, riducendo l’erosione, migliorando la struttura del terreno e favorendo la crescita equilibrata delle colture.
Uno studio condotto in Puglia, nella provincia di Taranto, da alcuni ricercatori del CREA su vigneti della varietà Autumn Pearl (denominazione varietale: Varo 203) coltivati in regime biologico, ha confrontato due tipologie di inerbimento: un miscuglio di sole graminacee e un altro di graminacee e leguminose. I risultati hanno dimostrato come questa pratica non solo è in grado di massimizzare i livelli produttivi del vigneto, ma può migliorare in modo significativo la qualità dei frutti e la salute del suolo.
Inerbimento in vigneto: una chiave per migliorare qualità e sostenibilità delle produzioni
L’inerbimento interfilare si è affermato come una tecnica di gestione sostenibile nei vigneti, soprattutto in contesti biologici o a residuo zero. Questa pratica prevede la semina di piante erbacee tra i filari, le cui radici favoriscono la struttura del terreno, incrementando la sostanza organica e la capacità di trattenere acqua. Tra i principali benefici riscontrati vi sono la riduzione dell’erosione, il contenimento dello scorrimento superficiale dell’acqua e il miglioramento della biodiversità del suolo.
Un altro vantaggio significativo dell’inerbimento in vigneto è la sua capacità di regolare la crescita vegetativa delle piante. Il cotico erboso, infatti, entra in competizione con le viti per l’acqua e i nutrienti, ma con una gestione accurata questa competizione diventa vantaggiosa: si riduce l’eccesso di vigore, migliorando la qualità dei grappoli, che risultano più ricchi in zuccheri e con una colorazione migliore.
Ricerca in Puglia: la gestione biologica del vigneto porta risultati promettenti
La ricerca condotta dal CREA su un vigneto della varietà Autumn Pearl, innestato su portinnesto 140 Ruggeri e coltivato in regime biologico, ha fornito risultati significativi. Lo studio ha confrontato due tipi di inerbimento: un miscuglio di graminacee e un altro di graminacee e leguminose. Le prove sono state condotte in un vigneto commerciale in Puglia, una delle principali regioni produttrici di uva da tavola, dove le sfide per le condizioni caldo-aride non mancano.
Le viti non hanno mostrato differenze significative tra i due trattamenti in termini di vigore o produttività. Tuttavia, il miscuglio di sole graminacee ha prodotto uve con un grado rifrattometrico più elevato, migliorando così il contenuto zuccherino delle bacche, un parametro cruciale per l’uva da tavola. Anche la croccantezza e la coesione degli acini sono risultate migliori con questo tipo di inerbimento in vigneto.
Vantaggi concreti per il suolo e la produzione grazie all’inerbimento interfilare
Durante lo studio, l’inerbimento in vigneto con graminacee ha evidenziato effetti positivi anche sui parametri fisiologici delle viti. Nella fase di invaiatura, ad esempio, sono stati osservati maggiori tassi di fotosintesi, traspirazione fogliare e conduttanza stomatica, segno di una maggiore efficienza d’uso dell’acqua e una migliore capacità fotosintetica. Al contrario, il miscuglio di graminacee e leguminose ha mostrato una leggera competizione idrica durante i periodi di maggiore stress, ritardando l’accumulo di zuccheri nelle uve. Questo fenomeno potrebbe essere legato all’apporto di azoto organico da parte del trifoglio, che prolunga la fase vegetativa a scapito della maturazione degli acini.
Una pratica che guarda al futuro: sostenibilità e resilienza per una viticoltura moderna
I risultati ottenuti nello studio sulla varietà Autumn Pearl confermano che l’inerbimento interfilare, soprattutto con miscugli di sole graminacee, può essere un valido alleato per la gestione sostenibile dei vigneti di uva da tavola in ambienti caldo-aridi. Oltre a migliorare la qualità delle uve, l’inerbimento contribuisce a mantenere la fertilità del suolo, un aspetto cruciale per la viticoltura biologica. La scelta del tipo di inerbimento dovrà sempre essere valutata in base alle condizioni climatiche e alle caratteristiche del vigneto. Inoltre, l’uso di portinnesti adeguati, come il 140 Ruggeri, che ha mostrato una buona resistenza alla siccità, può amplificare i risultati positivi. L’inerbimento interfilare rappresenta dunque una tecnica chiave per il futuro della viticoltura, aprendo la strada a una gestione sempre più resiliente e rispettosa dell’ambiente.
Donato Liberto
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