Lunedì 12 settembre 2022, presso il Centro di Ricerca Sperimentazione e Formazione in Agricoltura “Basile Caramia” (CRSFA) di Locorotondo, si è svolto l’incontro annuale della rete IVC (Italian Variety Club). Obiettivo della giornata è quello di aggiornare i soci circa i risultati del progetto di miglioramento genetico avviato da IVC nel 2015.
La rete IVC oggi conta al suo interno circa 20 aziende dedite alla produzione e alla commercializzazione di uva da tavola. Il progetto gode, inoltre, della collaborazione con SINAGRI s.r.l., spin off dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, e del CRSFA.
Oggi la vera sfida per IVC è la costituzione di nuove varietà di uva da tavola che non solo siano resistenti ai patogeni, ma che presentino anche apirenia.
La giornata ha visto il susseguirsi di diversi interventi. Dopo i saluti iniziali di Nicola Borracci, presidente della Rete IVC, hanno preso la parola il prof. Carlo Fideghelli, Presidente del Comitato Tecnico Scientifico, e il dott. Costantino Pirolo, Responsabile Tecnico del Progetto. Mentre Fideghelli ha illustrato lo stato dell’arte e le prospettive per il futuro, Pirolo si è concentrato sulle nuove varietà e selezioni.
Come tradizione vuole la giornata si è conclusa con una mostra pomologica di alcune selezioni.
Uvadatavola.com ne ha approfittato per intervistare il prof. Carlo Fideghelli:
“Questo è l’ottavo anno di attività per la rete IVC – ha spiegato il prof. – e, visto che ci occupiamo di miglioramento genetico, l’ottavo anno equivale a poco più della metà del tempo necessario per licenziare una nuova varietà. I risultati ci sono, ma c’è ancora della strada da fare. Il progetto, nato con l’obiettivo di ottenere nuove varietà apirene ha poi cercato di realizzare cultivar resistenti alle malattie crittogamiche, quali oidio e peronospora”.
“Oggi – illustra Fideghelli – la rete dispone di più di 30.000 semenzali in valutazione, alcuni dei quali non sono ancora produttivi. Una così vasta gamma di materiale genetico consente di disporre di innumerevoli caratteri come: colore delle bacche (bianche, rosse e nere), sapore (neutro, moscato e nuovi sapori) e resistenza. Questi ultimi due aspetti provengono da vitigni americani o asiatici, specie diverse dalla Vitis vinifera”.
Al momento c’è qualche selezione che vi ha convinti maggiormente?
Per il momento nel 2020 e nel 2021 abbiamo presentato domanda di privativa al CPVO (Community Plant Variety Office) per poter commercializzare in modalità protetta 5 selezioni.
Ringraziamo il prof. Fideghelli per il tempo concessoci e ci rivolgiamo ora a Costantino Pirolo, Responsabile Tecnico del Progetto IVC con l’intento di approfondire quanto accade “dietro le quinte”, nei laboratori della rete.
“In questi anni – afferma Costantino Pirolo – abbiamo costruito i pilastri principali: l’organizzazione in termini di team, di competenze e di strutture. Queste ultime sono state acquisite ex novo o messe a disposizione dai partner del progetto”.
Dove e come lavorate?
Oggi le nostre ricerche si svolgono principalmente in due sedi: il SINAGRI, lo spin off dell’università di Bari e CRSFA Basile Caramia. Nei laboratori di coltura in vitro e di genetica molecolare di Bari si effettuano le selezioni precoci delle piantine. Qui si selezionano e si allevano le piantine migliori, formate a partire dagli embrioni dei semi generati dagli incroci. Dopo due mesi effettuiamo un’analisi sulle foglioline, per verificare i caratteri di cui le piantine sono portatrici. Le piante che non riportano caratteri legati alla presenza di seme o alla suscettibilità alle malattie fungine sono poi trasferite e allevate nelle strutture vivaistiche di Locorotondo. Ultimo passo è il trasferimento in campo di Valenzano (Ba). Qui, presso l’azienda agricola Martucci sono stati realizzati i campi di prima e seconda valutazione. La differenza tra i due campi risiede per lo più nel fatto che nei campi di prima valutazione le piantine sono trapiantate con sesti molto stretti 50-60 cm. Così riusciamo ad individuare le piantine più interessanti che verranno trasferite nei campi di seconda valutazione, dove i sesti sono più larghi. Le viti, qui, possono svilupparsi e manifestare i propri caratteri.
Prima di salutarti vorrei che ci raccontassi un po’ di più sulle varietà resistenti alle malattie fungine.
“Oggi, in un panorama in cui esistono già varietà resistenti a malattie crittogamiche, la vera sfida è la costituzione di cultivar di uva da tavola che non solo siano resistenti, ma che presentino anche apirenia. Cosa complessa questa, perché la maggior parte delle varietà resistenti presenta anche il seme“.
Il percorso, dunque, si prospetta lungo, ma di grande interesse ecologico ed economico. Difatti i ricercatori sono stati sollecitati ad inserire la resistenza ai patogeni proprio dalle aziende agricole costitutrici della rete. Il consumatore, infatti, è sempre più attento alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza alimentare. Coltivare piante resistenti, inoltre, costituirebbe un bel risparmio anche per il portafoglio del produttore.
Autrici: Teresa Manuzzi e Silvia Seripierri
©uvadatavola.com