Con Dionisio Galluzzi, coordinatore della Commissione Tecnica Uva da Tavola per Fruitimprese, approfondiamo l’andamento della stagione delle uve precoci 2023 che, nonostante avversità climatiche e peronospora, si chiude con ottimismo per una stagione nel complesso positiva.
Com’è andata la stagione delle uve precoci 2023?
Come per quanto accaduto in altri comparti, anche la stagione delle uve precoci a inizio estate è stata caratterizzata da importanti variabili di natura principalmente climatica. Queste, infatti, da un lato hanno richiesto un notevole impegno dei produttori teso a garantire standard qualitativi idonei alle richieste del mercato; dall’altro hanno provocato un andamento di consumo volatile, soprattutto nelle primissime fasi.
Non il miglior inizio di stagione che si possa ricordare, dunque. Ciononostante il dato significativo è che il comparto, lungo tutta la filiera, è riuscito a reagire tempestivamente e con grande professionalità.
Posto che il clima ha inciso parecchio sul normale andamento della campagna, avete riscontrato problematiche dal punto di vista fitosanitario?
Le problematiche fitosanitarie sono state varie e tutte molto impegnative: la peronospora, in particolare, ha interessato tutti i maggiori areali produttivi. I vigneti coperti con film plastici – che costituiscono ormai la quasi totalità – sono stati più preservati, laddove gli scoperti, così come quelli con la sola rete antigrandine, hanno subito i maggiori danni. Solo negli impianti privi di copertura le infezioni di peronospora hanno compromesso la qualità, e in alcuni perfino la reale produttività del vigneto stesso.
D’altra parte, in molti casi tecniche agronomiche già collaudate e perfezionate di anno in anno hanno permesso ai produttori di far fronte alle emergenze, permettendo in più occasioni di mitigare gli effetti dannosi di tali patologie. Questo nonostante le talvolta “discutibili” revoche di molecole, invero dimostratesi nel tempo di comprovata efficacia ed economicità, nonché dei limiti imposti in termini di residui. Mai come quest’anno la definizione di difesa integrata sta trovando ratio e significato.
La stagione dell’uva comunque è ancora lunga, ma possiamo star certi come non mai che l’uva italiana è in mani buone e, soprattutto, sane.
In termini commerciali, invece, come sta andando?
La partenza della stagione commerciale è stata positiva: nelle prime settimane abbiamo registrato una buona domanda. Il prodotto di origine egiziana è terminato presto, lasciando così un interessante sbocco sul mercato e consentendo all’uva da tavola italiana di conquistare un buon posizionamento sui banchi dei supermercati dei maggiori Paesi di destinazione. Va poi aggiunto che l’uva da tavola è ormai percepita come un prodotto destagionalizzato, poiché anche le diverse varietà brevettate disponibili rappresentano standard qualitativi riconosciuti come buoni e costanti, indipendentemente dal paese di provenienza e dalla stagione.
Restando in materia di mercati, quali sono le varietà maggiormente favorite?
Molte varietà precoci senza semi, da quelle ormai consolidate alle molte novità di sicuro apprezzamento da parte del consumatore, trovano la giusta accoglienza da parte dei maggiori mercati di sbocco. Queste varietà prodotte in Italia si confrontano senza timore con le omologhe produzioni di Paesi concorrenti, primo fra tutti la Spagna; il loro successo nel lungo termine sarà determinato dalla presentazione costante di un prodotto qualitativamente soddisfacente per il mercato.
Una riflessione a parte merita poi il capitolo delle uve con semi come Vittoria, Black Magic, Palieri: senza girarci troppo intorno, la minor produzione del 2023, dovuta principalmente alla riduzione delle superfici dedicate a causa della continua spinta all’espianto, sta mettendo in luce uno squilibrio tra offerta di prodotto e fabbisogno, un divario che ha generato quotazioni inaspettate per soddisfare la buona domanda di mercato. È questo un bene? Forse è solo la concomitanza di più variabili che hanno creato queste condizioni? Non può esserci una risposta univoca.
Il nostro compito è impegnarci, come sempre, per affermare al meglio il prodotto italiano su tutti i mercati.
In ogni caso, è decisamente troppo presto per trarre conclusioni e fare bilanci capaci di orientare le scelte produttive future.
Per quanto concerne il mercato italiano principalmente va confermato un costante apprezzamento per le varietà tradizionali cui si aggiunge un continuo e crescente interesse verso i sapori delle nuove cultivar.
Non possiamo prescindere dai grandi mercati di riferimento europei, quali la Germania, la Francia, la Polonia, la Repubblica Ceca, la Svizzera e l’Austria, ma dobbiamo continuare a essere fiduciosi che l’impegno di diverse organizzazioni, tra cui Fruitimprese, porterà al risultato sperato: aprire nuove frontiere, ancora e inspiegabilmente precluse.
Concludendo, quali sono le prospettive future?
Il futuro ha sempre una doppia prospettiva: il futuro prossimo, rappresentato dalla stagione in corso, che chiederà a tutti i protagonisti della filiera di mettere in campo il massimo della professionalità, dell’esperienza e dell’innovazione tecnica per far sì che le criticità già descritte non abbiano la possibilità di trasformarsi in emergenza. E il futuro con una visione più a lungo termine che, invece, ha ancora molto da far scoprire e nel quale si chiariranno dubbi, si scioglieranno contraddizioni. A prescindere da questo, però, una cosa di certo resterà costante: l’impegno che l’Italia mette in campo per far sì che la seconda voce di export di frutta del nostro Paese – l’uva da tavola – non venga mai meno. La promessa è tutta in un obiettivo: dimostrare nel futuro che se è vero che i prodotti di qualità trovano sempre il loro spazio sul mercato, è altrettanto vero che la qualità – affiancata da ricerca, impegno e tanto coraggio – porterà il comparto dell’uva italiana a raccogliere innumerevoli soddisfazioni.
Ilaria De Marinis
©uvadatavola.com