Alle pendici del Monviso è appena cominciata la stagione di raccolta dell’uva da tavola senza semi della cooperativa Monviso Fruit.
Lo scorso mese, Claudio Monge, presidente della cooperativa nata a settembre del 2014 in provincia di Cuneo, che ad oggi conta circa 15 soci, ha visitato alcune aziende pugliesi con alcuni produttori piemontesi di uva da tavola.
La Monviso Fruit fa parte della OP Agorà di Metaponto (MT), che ha offerto la possibilità ai produttori della provincia di Cuneo di accrescere le proprie conoscenze con visite e scambi, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei prodotti e la sostenibilità aziendale.
La redazione di uvadatavola.com ha voluto approfondire meglio l’esperienza della Monviso Fruit e ha raggiunto Claudio Monge durante la sua visita in Puglia.
Come è nata l’idea di coltivare uva da tavola alle pendici del Monviso?
Tutto è nato in seguito alla batteriosi che in due anni ha decimato la produzione trentennale del kiwi. Noi produttori ci siamo ritrovati a dover ricominciare da zero e abbiamo fatto delle ricerche di mercato per capire quali fossero le alternative in frutticoltura. Da noi si producono per lo più kiwi, mele, pesche ed albicocche. La mela negli ultimi anni è coltivata un po’ dappertutto, anche in diversi Paesi europei, e noi volevamo differenziarci. Attraverso un vivaista che possiede anche una farmacia agricola abbiamo conosciuto l’agronomo pugliese Giuseppe Tagliente, esperto di uve apirene che è venuto da noi e ha analizzato i terreni e il clima. Attraverso la sua esperienza ha individuato nella Crimson seedless la varietà più indicata. Nella nostra zona durante l’autunno abbiamo degli sbalzi termici importanti e questo, secondo il tecnico, ci avrebbe portato dei vantaggi enormi sulla colorazione. D’altronde è la stessa cosa che accade per le mele estive. Alle pendici del Monviso le mele rosse ottengono una colorazione superiore rispetto a quelle coltivate in pianura.
Da quanto tempo siete operativi?
Nel 2012 è partito il primo progetto pilota: 5 campi di Crimson seedless e un po’ di Thompson seedless. Nel 2013 abbiamo visto i primi acini, nel 2014, abbiamo notato che le produzioni cominciavano ad essere interessanti. Ad oggi abbiamo in produzione una quarantina di ettari e diverse aziende agricole si stanno avvicinando alla cooperativa. Il nostro progetto voleva anche difendere le aziende e le loro produzioni. Da questo bisogno è nata la cooperativa Monviso Fruit, che si occupa della commercializzazione del prodotto. Al momento Giuseppe Tagliente ci offre il suo supporto tecnico recandosi mensilmente in Piemonte, dalla fase di potatura fino alla raccolta, indicandoci le operazioni colturali e i trattamenti fitosanitari da effettuare. La mia società agricola ha un piccolo magazzino di frigoconservazione che la cooperativa utilizza per lo stoccaggio e la logistica.
Quali mercati raggiunge il vostro prodotto?
Il 95% della nostra produzione arriva in Nord Europa, dove possiamo riscontrare un interesse maggiore anche dal punto di vista economico. Quest’anno la stagione è stata positiva e produrremo circa 3000 quintali. Per noi il 2016 ci porrà davanti ad una nuova sfida: gli scorsi anni le vendite sono avvenute solo ad ottobre e novembre, quest’anno speriamo di giungere almeno sino a Natale.
Cosa vi aspettate da questa visita in Puglia?
In Puglia sono venuto molto spesso, in quanto questa regione ci offre la possibilità di vedere realtà dinamiche, professionali e curate. Da qui cerchiamo di carpire le accortezze da usare per valorizzare il nostro prodotto durante le fasi della commercializzazione e del confezionamento.
Quali sono state le reazioni alla vostra decisione di coltivare uva da tavola?
All’inizio abbiamo subìto lo scherno di molti coltivatori e ancora oggi molti sorridono pensando all’avventura che abbiamo intrapreso. Ma quando si è pionieri, in qualsiasi campo, si è vittime di critiche. Solo la storia potrà dire se siamo stati o meno dei precursori e se la nostra voglia di uscire fuori dagli schemi verrà premiata.
Autore: Teresa Manuzzi
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