Indice
- Negli Stati Uniti la produzione di uva da tavola si estende su una superficie di circa 30-35mila ettari e si concentra per il 95-96% del totale in California.
- Quali sono le varietà più coltivate in California?
- Quali caratteristiche contraddistinguono i vigneti californiani?
- Ad oggi, in California tutti i vigneti hanno come forma di allevamento l’Open Gable tranne che in rari casi di vecchi impianti a T-trellis, la cui forma di allevamento è una T simile a un cespuglio.
- Si riscontrano difficoltà nel reperire manodopera specializzata?
- Come è distribuita la produzione di uva da tavola in California?
- In che modo viene gestito il post raccolta?
- Ci sono patogeni e parassiti che destano preoccupazioni? Se sì, quali?
La California, con gli studios di Hollywood, rappresenta per molti l’essenza del sogno americano. Per i viticoltori italiani, però, il vero sogno americano potrebbe essere un comparto unito e organizzato al pari di quello statunitense. Ne abbiamo parlato con l’agronomo e vice presidente del settore tecnico di Sun World, Michele Melillo, nello scorso numero di uvadatavola magazine.
Negli Stati Uniti la produzione di uva da tavola si estende su una superficie di circa 30-35mila ettari e si concentra per il 95-96% del totale in California.
Le zone più vocate alla viticoltura da tavola sono la Coachella Valley – zona principalmente desertica, a sud di Los Angeles e al confine con il Messico – e la San Joaquin Valley, a nord di Los Angeles, nell’area a nord e sud della città di Bakersfield.
Se la zona della Coachella Valley – dove si raccoglie da fine maggio a fine luglio – è più precoce, quella della San Joaquin Valley è più tardiva e la raccolta inizia a luglio per terminare a novembre. Da tradizione, infatti, la raccolta dell’uva da tavola nella San Joaquin Valley inizia il 4 luglio, giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti.
Quali sono le varietà più coltivate in California?
Quando penso alla viticoltura da tavola californiana, ma soprattutto al suo panorama varietale, mi piace associarla a una macchina del tempo. Il comparto viticolo californiano è da sempre stato all’avanguardia e, rispetto ad altri Paesi, viaggia nel futuro: quello che era realtà in California, dopo 10-15 anni è diventato realtà in altri Paesi, come l’Italia. Questo gap interessa diversi aspetti del comparto viticolo, tra cui anche l’offerta varietale. Grazie all’intenso lavoro di breeding degli ultimi anni, però, è stato possibile accorciare le distanze temporali. E così se prima le varietà più apprezzate in California si diffondevano in Italia dopo oltre un decennio – Crimson e Autumn Royal, già coltivate in California negli anni 90, sono arrivate in Italia nei primi anni del 2000 e si sono diffuse solo nel 2010 – oggi arrivano in Italia nel giro di 4-5 anni.
Per quanto riguarda l’attuale panorama varietale, in California sono molto presenti le varietà Sweet Globe™, Celebration™, Allison™, Timpson™, Ivory™, Autumncrisp® e Scarlotta Seedless®. Queste varietà sono oggi diffuse anche in Italia, ma con percentuali differenti. Interessante è poi la tendenza tutta californiana – in netta opposizione rispetto a quanto sta accadendo in Italia – a ridurre drasticamente la coltivazione di Autumn King e Scarlet Royal, a vantaggio di Autumncrisp® , Sweet Globe™, Celebration™ e Allison™.
Quali caratteristiche contraddistinguono i vigneti californiani?
In California, le zone vocate alla viticoltura da tavola hanno bassa piovosità: si registra una media annua di 100 mm di pioggia, concentrata soprattutto durante i mesi invernali. Le temperature medie sono più elevate di quelle italiane, mentre sono inferiori i valori di umidità relativa. Le condizioni climatiche sono dunque ottimali per la produzione agricola. Non a caso, la California è il bacino produttivo della maggior parte di qualsiasi prodotto ortofrutticolo negli Stati Uniti e – fatta eccezione per aree produttive di mele e ciliegie negli Stati del nord – produce quasi tutto il fabbisogno statunitense di ortofrutta.
Il verificarsi di determinate condizioni climatiche, quindi, influenza molte delle scelte tecnico-agronomiche. Salvo rarissimi casi di vigneti con varietà a raccolta tardiva, dotati di coperture poco ingegnerizzate, in California i vigneti ad uva da tavola non sono coperti con reti antigrandine e film plastici. La più diffusa forma di allevamento è l’Open Gable, che è conosciuta in Italia come Y ed è una variante della Y sudafricana, anche nota come Gable. Quella californiana è definita open perché, rispetto alla sudafricana, i filari sono indipendenti tra loro in modo tale che lo spazio tra le file è utile per meccanizzare operazioni come la spuntatura dei germogli e favorire così una migliore ventilazione.
Ad oggi, in California tutti i vigneti hanno come forma di allevamento l’Open Gable tranne che in rari casi di vecchi impianti a T-trellis, la cui forma di allevamento è una T simile a un cespuglio.
Considerato che negli Stati Uniti la tendenza è a meccanizzare il più possibile tutte le operazioni e a ridurre i costi di manodopera, gli impianti sono molto standardizzati. Solitamente, in un vigneto californiano, la distanza tra le file è di 3-3,5 m, mentre la distanza tra le viti sulla fila è compresa tra 1,8 e 2,4 m. Il potenziale produttivo è simile a quello dei vigneti italiani che, chiamati anche tendoni, pur avendo un potenziale produttivo superiore a quello della Y, non godono di terreni profondi, buona disponibilità di acqua e condizioni climatiche molto favorevoli come quelli californiani. Per questi motivi, i vigneti californiani riescono quindi a realizzare rese elevate di 35-40 tonnellate ad ettaro, anche con una certa costanza.

Impianto di produzione con forma allevamento Open Gable
Si riscontrano difficoltà nel reperire manodopera specializzata?
In California il problema di reperire manodopera specializzata è emerso qualche anno prima rispetto all’Italia. Attualmente si sta cercando di sostituire la manodopera meccanizzando il maggior numero possibile di operazioni. E questo per far fronte a due fattori:
- l’aumento del salario minimo – una legge statale governativa ha infatti stabilito che il salario minimo orario per singolo operaio passasse da 10 a 15 dollari l’ora, incrementando del 50% il costo della manodopera;
- la carenza di persone disposte a fare lavori umili.
Questi motivi hanno spinto i produttori a meccanizzare le operazioni, tanto che una delle colture di maggiore successo in California è il mandorlo, la cui coltivazione è completamente affidata alle macchine. Per l’uva da tavola, invece, non si è ancora riusciti a meccanizzare tutte le operazioni, ma è diffuso l’uso di macchine per la pre-pota e di robot automatici per la raccolta.
Come è distribuita la produzione di uva da tavola in California?
Il comparto viticolo statunitense, come anche il mercato, è organizzato diversamente da quello italiano. Per quanto riguarda la produzione di uva da tavola in California, infatti, la maggior percentuale è concentrata nelle mani di pochi produttori, le cui aziende sono molto più grandi anche rispetto alle più grandi aziende italiane. Basti pensare che la dimensione media di un’azienda viticola standard in California è di circa 200 ettari. Questa strutturazione agevola molto la GDO americana che ha esigenze particolari e diverse rispetto a quelle della GDO europea. Negli Stati Uniti, infatti, si presta molta più attenzione al prezzo per chilogrammo di prodotto e la concentrazione della produzione nelle mani di pochi consente di abbattere i costi fissi, riducendo così il prezzo al chilogrammo.
Per quanto riguarda l’organizzazione della filiera, invece, è importante sottolineare che l’agricoltura californiana è molto individualista, per cui i produttori sono fortemente verticalizzati e vendono da sé ciò che producono. Al contempo, però, esistono anche “piccoli” produttori che conferiscono alle aziende più grandi e che si occupano solo di commercializzazione.

Sistema di copertura uva da tavola con film plastici in California
In che modo viene gestito il post raccolta?
La California è la patria della cultura del pre-cooling e della conservazione, per cui tutta l’uva da tavola, una volta raccolta, viene sottoposta ad abbattimento rapido della temperatura prima di essere spedita. A tal proposito, bisogna sottolineare che la maggior parte dell’uva prodotta nel Paese è destinata a soddisfare il fabbisogno statunitense. Ciononostante anche l’uva da tavola destinata al mercato interno viene abbattuta per rispettare la catena del freddo: il prodotto viene raccolto e sottoposto al trattamento di raffreddamento durante i tre giorni che impiega di viaggio per raggiungere i mercati interni di destinazione. Sebbene rappresenti una percentuale minore, una parte di tutto il prodotto raccolto viene stoccato in cella e man mano venduto nel corso dei mesi successivi alla raccolta.
Una simile attenzione per il post raccolta fa sì che in California tutte le aziende viticole siano dotate di magazzini di stoccaggio. Anche fumigazione e abbattimento rapido hanno una importante e lunga tradizione in California, dove per il controllo della botrite è solito il ricorso alla fumigazione periodica delle celle o a tappetini che rilasciano anidride solforosa.
La filiera dell’uva da tavola nel Paese è di fatto rigidamente organizzata e prevede che l’uva, una volta raccolta, venga lavorata direttamente in campo, pallettizzata e poi spedita in magazzino per abbattimento rapido e spedizione o stoccaggio.
Ci sono patogeni e parassiti che destano preoccupazioni? Se sì, quali?
Mentre i patogeni e i parassiti sono pressoché gli stessi che si trovano in Italia, diversa è la disponibilità di prodotti utilizzabili per la difesa fitosanitaria. Se consideriamo, per esempio, la cocciniglia farinosa della vite (Planococcus ficus), la legislazione americana rispetto a quella europea prevede la possibilità di utilizzare un maggior numero di sostanze attive che ne agevolano la gestione. Inoltre, è permesso utilizzare le gibberelline anche in regime di agricoltura biologica.
La legislazione americana dunque è meno restrittiva, ma presenta un modus operandi più preciso e veloce, sicuramente diverso da quello a cui siamo abituati noi italiani. Per fare un esempio, quando – circa 15 anni fa – in California fu rilevata per la prima volta la presenza di individui di Lobesia botrana, tempestivamente furono attivati dei programmi di ricerca e assistenza ai produttori di uva da tavola. Grazie al ricorso massale alla confusione sessuale e alla delimitazione puntuale di zone di isolamento, è stato possibile annullare la minaccia rappresentata dal parassita nel giro di 6-7 anni, dimostrando tra l’altro come un comparto unito può affrontare e superare qualsiasi difficoltà.
Per quanto riguarda le altre e principali malattie della vite, la situazione in California è molto simile a quella degli areali viticoli mediterranei con la grande differenza che in California, grazie al clima molto secco, la peronospora rispetto all’oidio non rappresenta un grosso problema.
A fronte delle differenze e somiglianze descritte, quindi, il comparto viticolo californiano rappresenta un’importante realtà a livello mondiale cui guardare. Specialmente rispetto a tanti altri i Paesi produttori di uva da tavola, dove la realtà agricola è ancora frammentata, statica e scarsamente organizzata.
Silvia Seripierri
©uvadatavola.com