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Com’è noto, una delle principali sfide che il comparto dell’uva da tavola – soprattutto quello italiano – è chiamato ad affrontare oggi riguarda sicuramente la gestione del post-raccolta. La particolare suscettibilità di questa coltura al deterioramento microbiologico e fisiologico rende infatti la conservazione complessa, specialmente in termini di compattezza del grappolo e resistenza degli acini, fattori che incidono direttamente sulla commerciabilità e sulla conservabilità del prodotto. Di qui il lavoro della ricerca, alle prese con l’individuazione di nuovi metodi da adottare per preservare qualità e proprietà delle produzioni anche dopo lo stacco. In particolare, uno studio condotto da ricercatori della Zhejiang Wanli University (Cina) e Dundee University (Scozia) ha indagato gli effetti del trattamento pre-raccolta con la gibberellina (GA₃) e il donatore di ossido nitrico (SNP) sulla compattezza post-raccolta degli acini, evidenziando le implicazioni fisiologiche e biochimiche di queste applicazioni.
Meccanismi d’azione della gibberellina e dell’ossido nitrico
Lo studio condotto dai ricercatori si è focalizzato sull’analisi dei meccanismi molecolari e fisiologici attraverso cui GA₃ e SNP influenzano la struttura degli acini d’uva, migliorandone la compattezza post-raccolta. I trattamenti pre-raccolta sono stati progettati per modulare la crescita cellulare, il metabolismo della parete cellulare e i meccanismi di difesa ossidativa, con l’obiettivo di mantenere l’integrità strutturale del frutto durante la conservazione.
Per quanto riguarda la gibberellina (GA₃), essa è un fitoregolatore coinvolto nei processi di crescita e sviluppo delle piante, in particolare nella distensione cellulare, nella mobilizzazione dei nutrienti e nella regolazione della senescenza. La sua applicazione pre-raccolta favorisce l’allungamento cellulare degli acini d’uva, riducendo la compattezza del grappolo e migliorando l’aerazione tra gli acini, fattore cruciale per la prevenzione di patologie fungine. Inoltre, GA₃ influenza l’espressione di geni associati alla sintesi di polisaccaridi strutturali, contribuendo a una maggiore integrità della parete cellulare.
L’ossido nitrico (NO), rilasciato dal sodio nitroprussiato (SNP), svolge invece un ruolo fondamentale come molecola segnale nei meccanismi di difesa della pianta, nella regolazione del metabolismo secondario e nella protezione contro lo stress ossidativo. Il trattamento con SNP induce una modulazione dell’equilibrio redox cellulare, favorendo la produzione di antiossidanti e limitando i danni ossidativi ai tessuti dell’acino. Questo processo è strettamente legato all’inibizione dell’attività degli enzimi pectolitici, responsabili della degradazione della parete cellulare durante la maturazione e il post-raccolta.
Come riportato dagli esperti, l’interazione tra gibberellina e sodio nitroprussiato si traduce quindi in un duplice effetto benefico: da un lato, l’aumento della turgidità e della coesione cellulare conferisce agli acini una maggiore resistenza alla separazione e alla perdita di peso post-raccolta; dall’altro, la regolazione del metabolismo ossidativo e la sintesi di composti strutturali contribuiscono a rallentare i processi di senescenza e ammorbidimento. Questi effetti combinati suggeriscono l’adozione di tali trattamenti come strategie efficaci per prolungare la shelf-life dell’uva e migliorarne la qualità complessiva.
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DIDA FOTO: Grappoli d’uva trattati con diverse concentrazioni di SNP e GA3.
Risultati sperimentali
Stando a quanto emerso nello studio, i trattamenti con GA₃ e SNP, sia singolarmente che in combinazione, hanno determinato un aumento della dimensione degli acini e una maggiore resistenza alla separazione post-raccolta. L’analisi della composizione della parete cellulare ha evidenziato un incremento della sintesi di emicellulose e pectine esterificate, che conferiscono maggiore coesione ai tessuti. La presenza di una maggiore quantità di pectine ad alto grado di esterificazione ha poi reso le pareti cellulari meno suscettibili alla disgregazione, favorendo una struttura più compatta e resistente.
Accanto a questo, è stata osservata una riduzione significativa dell’attività degli enzimi coinvolti nella degradazione della parete cellulare, come la poligalatturonasi e la cellulasi. Questi enzimi, normalmente responsabili della perdita di consistenza degli acini durante la maturazione e la conservazione, risultano inibiti dai trattamenti con GA₃ e SNP, rallentando così il rammollimento e la separazione degli acini dai raspi. Parallelamente, l’aumento della sintesi di lignina e di altri composti strutturali ha contribuito a rafforzare la resistenza meccanica delle cellule epidermiche, limitando i danni da manipolazione post-raccolta.
Infine, i dati sperimentali suggeriscono che l’effetto combinato dei due trattamenti risulta più efficace rispetto alle applicazioni singole, indicando una possibile sinergia tra GA₃ e SNP nel mantenere l’integrità della struttura dell’acino nel tempo. I risultati così ottenuti supportano l’ipotesi che la regolazione del metabolismo della parete cellulare sia un elemento chiave per migliorare la conservabilità dell’uva dopo la raccolta.
Considerazioni e applicazioni pratiche
L’efficacia del trattamento combinato suggerisce un potenziale utilizzo di GA₃ e SNP per migliorare la qualità dell’uva destinata alla conservazione e alla commercializzazione. Tuttavia, è necessario considerare gli effetti variabili in funzione della varietà, del livello di maturazione dell’uva al momento del trattamento e delle condizioni ambientali. Alcune cultivar, infatti, potrebbero rispondere in modo differente ai trattamenti, mostrando variazioni nella compattezza del grappolo o nella resistenza post-raccolta, richiedendo quindi una calibrazione specifica delle concentrazioni applicate.
Occorre poi valutare la possibile influenza di GA₃ e SNP sulle caratteristiche organolettiche dell’uva. Sebbene lo studio non evidenzi alterazioni significative nel profilo aromatico e gustativo, è infatti necessario approfondire ulteriormente questo aspetto per garantire che l’applicazione dei trattamenti non comprometta la qualità sensoriale del prodotto finale.
Dal punto di vista agronomico, l’adozione di questi trattamenti potrebbe rappresentare una strategia sostenibile per ridurre le perdite post-raccolta, diminuendo la necessità di trattamenti chimici aggiuntivi durante la conservazione. Tuttavia, è fondamentale valutare il costo-beneficio dell’applicazione su larga scala, considerando sia l’investimento economico richiesto, sia il potenziale miglioramento della resa e della commerciabilità del prodotto.
L’uso di regolatori di crescita vegetale come GA₃ e SNP rappresenta dunque un promettente strumento agronomico per il miglioramento della qualità post-raccolta dell’uva. La ricerca, però, non si ferma qui e ulteriori lavori sull’ottimizzazione delle modalità di applicazione e sull’analisi della loro interazione con altri fattori agronomici sono già in cantiere per massimizzare i benefici senza impatti negativi sulla qualità e sulla sicurezza alimentare.
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Ilaria De Marinis
©uvadatavola.com