Lo scorso dicembre la Vitroplant, azienda vivaistica che si occupa dal 1980 di micropropagazione su scala industriale di piante da frutto, in particolare di portainnesti, ha organizzato a Casamassima (BA) un incontro con i viticoltori intitolato “I portainnesti micropropagati nella moderna viticoltura”.
L’utilizzo di materiale di propagazione sano in viticoltura da tavola è il primo elemento essenziale per assicurare la buona riuscita della coltivazione e prevenire la diffusione di organismi nocivi.
Per saperne di più su questo argomento, in occasione dell’evento, abbiamo intervistato il dott. Oriano Navacchi della Vitroplant Italia di Cesena.
Perché utilizzare i portinnesti micropropagati in viticoltura?
Negli altri settori della frutticoltura, la micropropagazione è diventata una tecnica ormai insostituibile per produrre materiale vivaistico di qualità. In viticoltura il sistema tradizionale regge ancora, ma la micropropagazione potrebbe venire in supporto per risolvere diversi problemi.
Quali sono questi problemi?
Uno dei principali problemi riguarda la sanità del materiale di propagazione, l’altro riguarda il reimpianto in suoli dove era presente già un vigneto. Purtroppo negli areali pugliesi di produzione dell’uva da tavola ormai i terreni agricoli hanno raggiunto un prezzo tale che si rende necessario il reimpianto dei vigneti, quindi non è possibile fare una normale rotazione.
Per spiegare meglio il problema faccio un esempio: la provincia di Cesena a fine anni ’70 era diventata la culla della produzione di pesche. Il settore però andò presto in crisi perché si reimpiantava pesco dove già c’era pesco. Per ovviare a questo problema, cominciarono ad arrivare dalla Francia i primi portinnesti ibridi pesco x mandorlo che sul reimpianto andavano benissimo, e si trovò la soluzione.Negli areali di produzione di uva da tavola c’è un problema del genere, cioè bisogna trovare un portinnesto che permetta di reimpiantare vite dove c’era vite.
Quali sono i vantaggi legati all’utilizzo di materiale micropropagato?
Con la micropropagazione si riesce, partendo anche da una sola pianta madre, a produrre milioni di piantine. Tradizionalmente per produrre milioni di portainnesti di vite bisogna avere decine di ettari di piante madri, che oggi mantenere in sanità è difficile. Nelle zone di produzione di barbatelle ci sono problemi di flavescenza trasmessa da insetti oppure di virus trasmessi da nematodi, cocciniglia o fillossera. È difficile, quindi, mantenere in sanità questi impianti che, per rimanere sani, andrebbero continuamente rinnovati e questo ha un costo.
Con le piante micropropagate, invece, si risolve facilmente questo problema. Inoltre, per le caratteristiche della coltura in vitro, il materiale tende a ringiovanire, ovvero ad avere un equilibrio fisologico ed ormonale come se fossero piante da seme. Questo vuol dire grande vigore e lussureggiamento nei primi anni che è quello che serve soprattutto nei reimpianti. I viticoltori che hanno impiantato barbatelle micropropagate di 140 Ruggeri nei reimpianti hanno affermato che sembrano tutt’altri portinnesti.
Ci sono alcune raccomandazioni per evitare problemi ed ottenere i risultati desiderati?
C’è da dire che la pianta microprogata è molto più piccola rispetto a quella tradizionale. L’agricoltore quando vede questa piccola pianta di solito è diffidente, poi quando osserva la crescita e lo sviluppo ne rimane stupito. Un’altro aspetto che viene spesso lamentato è che mentre con l’impianto di barbatelle tradizionali queste crescono e si riescono ad innestarle senza problemi, le pianta micropropagate, avendo una ricchezza di germogli alla base, lasciate al naturale tendono a formare un cespuglio e quindi non si riesce più ad innestarle. Allora dopo l’impianto è necessario, quando cominciano a svilupparsi i primi germogli, scegliere un germoglio principale ed eliminare tutti gli altri per far sì che questo si sviluppi e si ingrossi.
Altro aspetto riguarda la profondità di impianto: alcuni operatori sono abituati alle barbatelle tradizionali che vengono piantate in profondità in quanto molto lunghe. Ma se il portainnesto è corto come faccio ad impiantarlo? La soluzione è quella di scavare una piccola buca e poi eventualmente utilizzare un piccolo tubo in modo che la pianta nei primi 15-20 centimetri non rimanga a contatto con il terreno e non si affranchi.
Quando trapiantare le piante micropropagate?
È consigliabile farlo a gemma mossa. Essendo piante molto piccole, per evitare fallanze, è meglio trapiantarle quando stanno germogliando. In questo modo le radici continuano a svilupparsi e la pianta si accresce molto bene.
Non bisogna dimenticare però che, mentre con le barbatelle tradizionali si riescono ad ottenere facilmente piante innestate perchè più grandi, con le piante micropropagate se si vuole ottenere un buon sviluppo è necessario essere già muniti di un impianto di irrigazione. Infatti, dopo il trapianto e per i primi mesi bisogna apportare acqua e concime. Quando poi le piante cominciano ad impostarsi ed hanno accresciuto l’apparato radicale, lo sviluppo vegetativo diventa impressionante.
Quindi riassumendo, dopo il trapianto quali sono le operazioni da effettuare?
Irrigazione, nutrizione e tagliare polloni laterali quando raggiungono i 60 centimetri. Quest’ultima operazione viene svolta generalmente nel mese di giugno. Come detto, la pianta all’inizio sviluppa molti germogli, più o meno vegorosi. Verso giugno se ne sceglie uno e si eliminanto tutti gli altri, in modo che che si accresca e raggiunga le dimensioni desiderate. Se ne vengono lasciati dieci, questi saranno tutti sottili e non si riusciranno ad innestare.
Ci sono altri vantaggi legati all’utilizzo di piante con portinnesti micropropagati?
I vantaggi principali della micropropagazione, come detto, sono la sanità e il vigore della pianta. Sembra una banalità, però ci sono indagini che hanno accertato che su materiale vivaistico tradizionale venduto come standard la probabilità di ritrovare materiale infetto è molto elevata, mentre su quello che viene venduto come certificato, che dovrebbe essere quindi esente da organismi nocivi al 100%, quando va bene è sano solo al 50%.
Non ultimo con la micropropagazione c’è la possibilità di poter propagare nuove tipologie di portinnesto in tempi rapidi. Se ad esempio in futuro dovessero uscire nuovi portinnesti di origine californiana eccezionali, con i sistemi tradizionali, prima di avere una quantità di materiale importante, dovrebbero passare decine di anni. Con la micropropagazione in un anno o due si può ottenere tutto il materiale che serve. Quindi alla sanità ed al vigore della pianta si aggiunge la rapidità. Questi sono i vantaggi principali.
Per concludere, ci può illustrare brevemente il principio della tecnica della micropropagazione?
Si tratta di una coltivazione in sterilità. Non si utilizza terreno ma un substrato artificiale sterilizzato dove c’è la presenza di zuccheri che vengono utilizzati dalla pianta. In pieno campo ovviamente non si possono utilizzare zuccheri perchè poi questi vengono fermentati e si produce alcol che per le piante è tossico. In sterilità, invece, le piante non fotosintetizzando assorbono lo zucchero direttamente e crescono con rapidità. Questo fa sì che con la coltura in vitro si riesca a produrre in poco tempo un numero importante di piante. In merito alla sanità, c’è da sottolineare che si ha la certezza che si parte da una pianta madre sana, perche in vitro non si possono propagare colture contaminate. Qualsiasi patogeno, per la presenza degli zuccheri presenti, si svilupperebbe e sarebbe subito evidente. In tal caso la pianta verrebbe subito eliminata. Si ha quindi la garanzia totale ed assoluta dell’assenza di contaminazioni.
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Autore: la Redazione
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