Agronomi e viticoltori da tavola del tarantino, dopo la grandinata, cercano di capire il da farsi. Le conseguenze della grandine non sono solo sull’uva e non sono ancora tutte visibili. La complessità aumenta, se si considerano gli accordi commerciali già chiusi.
Contatto l’agronomo Giuseppe Nuzzo per avere maggiori informazioni circa l’entità dei danni provocati dalla grandinata che, mercoledì scorso, ha interessato alcuni areali vocati alla coltivazione di uva da tavola del tarantino. Giuseppe è quasi in imbarazzo, a telefono mi dice: “La situazione è molto molto grave, in alcune aziende la produzione è stata praticamente azzerata. Ho clienti in lacrime perché hanno perso tutto, non so se me la sento”.
Riesco a convincerlo spiegandogli che l’intento di uvadatavola.com è innanzitutto quello di contribuire a descrivere la realtà dei fatti. Solo raccontando i danni registrati nelle diverse zone, infatti, sarà possibile far comprendere la gravità dell’evento e, di conseguenza, attivare le necessarie politiche volte a sostenere le aziende colpite dalla calamità naturale. Certo non è molto, ma al momento è uno dei passi possibili.
Grandine: danni su grappoli e strutture
“La grandinata – esordisce Giuseppe Nuzzo – ha interessato porzioni di territori a cavallo tra i comuni di Grottaglie, Montemesola e Taranto. Da una prima ricognizione effettuata già ieri in diverse aziende, posso purtroppo affermare che i danni provocati dalla grandinata sono ingenti”.
L’agronomo continua: “Al momento, però, non è possibile avere una visione completa della situazione. Per meglio comprendere la gravità del fenomeno vi dico solo che, in campo, i danni non sono ascrivibili solo alla produzione, ma interessano anche le strutture. Infatti i chicchi di grandine, oltre a mitragliare i grappoli (in fase di accrescimento acino / prechiusura grappolo), hanno perforato perfino i teli plastici”.
Danni visibili e danni non ancora visibili.
“Il danno presente sui grappoli – precisa Nuzzo – non è ancora chiaramente visibile del tutto. Questo perché oltre alle bacche direttamente colpite dal chicco di grandine, ci sono anche bacche che non hanno subito lacerazioni dirette, ma che hanno accusato urti. In questo caso i chicchi di uva presentano degli imbrunimenti sulla superficie. Gli imbrunimenti odierni potrebbero, in futuro, provocare lacerazioni della buccia. Necrosi di questo tipo, ovviamente, comporterebbero un deprezzamento del prodotto sul mercato”.
Danni anche irreversibili ai giovani innesti
“Anche i vigneti con al loro interno piante giovani – continua Giuseppe – sono stati colpiti in maniera grave, se non irreversibile. In questo caso la grandine se non ha distrutto completamente la pianta, ha causato delle ferite sull’apice in accrescimento o sulle femminelle. Tutto ciò mostrerà problemi alla futura architettura della pianta”
Una situazione complessa, a cui si aggiungono anche gli accordi commerciali
“Oltre agli evidenti problemi di produzione, un ulteriore punto interrogativo – spiega l’agronomo – è rappresentato dagli accordi commerciali. In alcune aziende il prodotto era stato già venduto, anche con la modalità definita “a blocco” (peso e prezzo già fissato a monte della trattativa). In questo caso non è ancora chiara l’evoluzione che prenderanno gli accordi sulla base di quanto accaduto. Personalmente auspico che l’intera filiera produttiva raggiunga un punto di incontro per venire a capo della questione. Spero soprattutto che le istituzioni siano al fianco del produttore che, mai come quest’anno, è vessato da ben note e pressanti problematiche come l’aumento dei costi di produzione, la carenza di manodopera e le conseguenze di crisi internazionali”.
Agricoltura: pietra angolare dell’economia
“Infine – conclude Giuseppe Nuzzo – ricordo che il Comune di Grottaglie ha già messo a disposizione il modulo per la “Segnalazione dei danni causati dalla calamità naturale”. Ad oggi la mia speranza è che a tale lodevole iniziativa seguano altre misure concrete per l’intero settore agricolo, che è pietra angolare dell’economia del nostro territorio”.
Autrice: Teresa Manuzzi
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