L’acqua è una risorsa indispensabile per la produzione agricola, ma è sempre più scarsa; le acque reflue affinate potrebbero rappresentare una soluzione in tal senso. Con l’ingegnere Nicola Tselikas dell’Acquedotto Pugliese, approfondiamo in che modo questo processo viene condotto e gestito in Puglia.
Il riuso di acque reflue in agricoltura è uno dei più efficienti e innovativi processi messi a punto dalla scienza.
In Puglia, ad esempio, un gran numero dei 185 impianti di depurazione delle acque gestiti dal Gruppo Acquedotto Pugliese S.p.A., sono forniti di stazioni di affinamento delle acque depurate. Tra questi già 5 impianti producono ed effettivamente consegnano acque affinate per il riutilizzo irriguo. Per comprendere meglio in che modo le acque reflue potrebbero supportare anche la produzione di uva da tavola nel Sud Est barese, passiamo la parola all’ingegnere Nicola Tselikas, in Acquedotto Pugliese dal 2007 e, dal 2022, Responsabile dell’Unità “Depurazione”.

Campione di acqua reflua affinata utilizzabile per l’irrigazione in agricoltura
Ingegnere Tselikas, come è organizzata la “macchina” pugliese per l’affinamento delle acque reflue?
La “macchina” per l’affinamento delle acque reflue in Puglia vede il coinvolgimento dell’Autorità Idrica Pugliese (soggetto rappresentativo dei comuni pugliesi per il governo pubblico dell’acqua), Regione Puglia, Acquedotto Pugliese S.p.A., gestori delle reti di distribuzione (Consorzi di Bonifica, Amministrazioni Comunali, Cooperative) e altri portatori di interesse, quali gli agricoltori a cui l’acqua è destinata ai fini dell’irrigazione. In questo contesto, il ruolo di Acquedotto Pugliese è quello di gestire i processi di affinamento delle acque reflue, i cui costi di gestione sono a carico della tariffa del Servizio Idrico Integrato come previsto dalla Legge Regionale n. 27 del 21/10/2008. Tale Legge, modificando la LR 28/1999, sancisce infatti che l’affinamento delle acque reflue è parte del Servizio Integrato, ove necessario a perseguire gli obiettivi di qualità stabiliti dal piano regionale di tutela delle acque, di cui all’articolo 121 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152. In virtù di questi obiettivi, quindi, Acquedotto Pugliese è gestore ma anche soggetto esecutore di un ambizioso programma infrastrutturale per dotare più di 50 impianti di depurazione (con interventi specifici o nell’ambito di interventi di potenziamento della capacità depurativa) di moduli di affinamento. L’obiettivo è rendere disponibili al riutilizzo circa 80 milioni di metri cubi di acqua depurata all’anno.
Obiettivo ambizioso, se si considera che nel 2022 – grazie ai 5 impianti di affinamento dei Comuni di Ostuni (BR), Acquaviva delle Fonti (BA), Castellana Grotte (BA), Gallipoli (LE) e Corsano (LE) – Acquedotto Pugliese ha distribuito 560mila metri cubi di acqua affinata.
Ad entrare nel dettaglio sul ruolo esclusivamente gestionale di Acquedotto Pugliese, poi, sono il D.M. 185/2003 sul riutilizzo delle acque reflue e il Regolamento Regionale n.8 del 18 aprile 2012 “Norme e misure per il riutilizzo delle acque reflue depurate”. A monte del processo di affinamento delle acque in Puglia è lo stesso Acquedotto Pugliese, gestore dell’intero ciclo idrico dalla captazione delle acque potabili alla depurazione delle acque reflue a gestire le reti di fognatura dinamica che drenano e collettano le acque di scarto dei cittadini presso gli impianti di depurazione che rappresentano a tal proposito dei presidi igienico-sanitari e di tutela ambientale a servizio del territorio.

Impianto di Ostuni (BR) per la depurazione e l’affinamento delle acque reflue
Le acque reflue depurate e affinate, piuttosto che essere rilasciate nell’ambiente (a mare, in corpi idrici superficiali o sul suolo) possono essere conferite gratuitamente ai gestori delle reti di distribuzione irrigua.
Il riutilizzo delle acque reflue urbane depurate e affinate è in Puglia materia regionale e la stessa Regione Puglia, con riferimento agli impianti di depurazione gestiti da Acquedotto Pugliese, cura anche la redazione del “Piano di Gestione del sistema di riutilizzo delle acque reflue recuperate”. Tale documento contiene in sintesi tutte le informazioni relative a impianti, caratteristiche dei comprensori e colture da irrigare, fabbisogni di risorsa nel corso della campagna irrigua e il piano dei monitoraggi e controlli con le rispettive responsabilità dei soggetti coinvolti.
Quali colture traggono il maggior vantaggio da questo processo?
Le colture favorite sono quelle dei comprensori irrigui asserviti all’impianto. Se pensiamo a quello di Ostuni (BR), per esempio, la principale coltura di destinazione è l’olivo o il seminativo, mentre per quello di Acquaviva delle Fonti (BA) anche vigneti e alberi da frutto. Siamo convinti che il riutilizzo debba rivolgersi innanzitutto ai territori circostanti l’impianto di recupero per soddisfare in tutto o in parte il fabbisogno irriguo dei comprensori locali. Infatti se è vero che a regime la disponibilità di acqua reflua affinata nella stagione irrigua raggiungerebbe appena il 10% del fabbisogno irriguo regionale, ogni singolo impianto di recupero può comunque contribuire allo sviluppo locale di aziende agricole prossime ai punti di consegna.
Quali sono i metodi e i macchinari utilizzati per l’affinamento?
Tutti gli impianti di depurazione gestiti da Acquedotto Pugliese sono biologici a fanghi attivi, ovvero adoperano una tecnologia che sfrutta processi naturali di degradazione delle sostanze organiche. Il prodotto che si ottiene è una biomassa di batteri, che degrada le sostanze organiche delle acque e che viene poi separata per decantazione finale. Mentre l’effluente ha le caratteristiche per essere rilasciato nell’ambiente, i fanghi subiscono trattamenti di digestione aerobica o anaerobica e successiva disidratazione meccanica prima dello smaltimento o del riutilizzo. Le acque reflue depurate, invece, a seconda della destinazione d’uso, devono rispettare i limiti previsti dalla normativa di settore, compatibili con l’ambiente in cui avviene il rilascio. Le acque degli impianti che scaricano in mare, per esempio, devono rispettare i precisi limiti sui BOD5, COD e solidi sospesi. Le acque degli impianti che scaricano in aree sensibili devono invece rispettare anche i valori limite di azoto totale e fosforo.

Sedimentatore finale dell’impianto depurazione delle acque reflue
Essendo la Regione Puglia povera di corsi d’acqua superficiali, però, molti impianti scaricano sul suolo tramite trincee disperdenti, campi di spandimento o corpi idrici non significativi (per esempio le incisioni carsiche note come “lame”).
In questo caso gli impianti sono soggetti ai limiti più restrittivi previsti dalla normativa vigente (tab. 4 allegato 5 alla parte III del D. lgs. 152/2006) con una qualità delle acque di scarico prossima a quella prevista dalla normativa per il riutilizzo. Per quegli impianti, autorizzati dalla Regione Puglia ad affinare le acque per uso irriguo, sono in genere previste ulteriori stazioni di trattamento, quali chiariflocculazione chimica, filtrazione e disinfezione finale (con raggi ultravioletti o dosaggio di acido peracetico) rendendo le acque compatibili con il riutilizzo in agricoltura.
Quali vantaggi ne derivano?
Le acque reflue rappresentano una risorsa integrativa per l’irrigazione in agricoltura e il loro utilizzo determina una serie di vantaggi. Su gran parte del territorio della Regione Puglia, per esempio, la principale risorsa d’acqua per l’agricoltura è la falda. I sempre più incontrollati emungimenti di acqua, però, favoriscono fenomeni avversi come l’intrusione salina, per cui disporre di acque reflue affinate influisce positivamente sul bilancio idrico dell’acquifero sotterraneo. Altro vantaggio diretto in agricoltura è la possibilità di apporto di sostanze nutrienti al suolo. Questi nutrienti, come azoto e fosforo, salvo diverse specifiche condizioni di tutela ambientale, anziché essere ulteriormente abbattuti con costosi processi di trattamento, possono contribuire alla fertirrigazione delle colture in alternativa allo spandimento di concimi chimici. In ultimo, l’utilizzo virtuoso della risorsa idrica agisce indirettamente a vantaggio di altri settori come quello turistico. Infatti, sebbene l’acqua reflua, prima di essere scaricata in mare, venga depurata nel rispetto dei limiti di legge tanto da far conseguire alla Puglia eccellenti risultati sulla qualità delle acque marino-costiere, durante la stagione balneare – coincidente con quella di più intensa attività agricola – destinare queste acque all’irrigazione delle colture costituisce indubbiamente un valore aggiunto anche in chiave promozionale.
Ci sono dei limiti che ostacolano la diffusione su larga scala di questa tecnica?
Tra i limiti all’impiego rientrano sia quelli agronomici che igienico-sanitari. Nel primo caso il limite è che queste acque devono apportare dei benefici, quindi gli elementi chimici e sostanze devono essere compatibili con lo specifico riutilizzo e con la coltura di destinazione. Talvolta può essere un problema agronomico anche l’elevato contenuto salino, che gli impianti di depurazione non riescono ad abbattere. Nel secondo caso, invece, è importante che l’acqua sia compatibile con la coltura e con la modalità di irrigazione anche da un punto di vista batteriologico.
Tutti questi aspetti sono adeguatamente affrontati nei Piani di Gestione ed è, quindi, necessario superare la diffidenza verso l’utilizzo di acque non convenzionali.
Sebbene questo sia un limite non indifferente, quello più importante però è di tipo gestionale. Affinché il riuso delle acque reflue in Puglia si diffonda su larga scala, infatti, è necessaria una politica di coordinamento tra tutti i soggetti della filiera oltre che di promozione e incentivo della domanda. Ci tengo a precisare che il coinvolgimento di tutti gli stakeholders, ed in particolare degli utilizzatori finali nella filiera di riutilizzo è condizione necessaria per la concreta valorizzazione di risorse idriche non convenzionali. Un’acqua reflua affinata con qualità eccellenti per le finalità agronomiche sarà sempre un “rifiuto” da scaricare, se mancano una concreta domanda e reti di distribuzione per soddisfarla. Pertanto l’effettivo riutilizzo di acqua reflua affinata è sempre più subordinato a politiche di incentivo e innovazione oltre che analisi del rischio. I motori del riuso sono sempre più governance e best practice, piuttosto che tecnologia degli impianti tra l’altro ormai consolidata.
Cosa fare per superare questi limiti?
Tra le soluzioni, oltre alla necessità di avviare all’esercizio le grandi infrastrutture pubbliche di distribuzione, a mio avviso, una è quella in cui i privati, in forma singola o consorziata, si fanno carico del prelievo di acqua e della sua distribuzione, laddove non già presenti opere all’uopo realizzate. Essere vicini o in prossimità dell’impianto e di un presidio igienico-sanitario rappresenta, secondo me, un valore aggiunto per gli agricoltori. Oggi, però, questa vicinanza, sulla base di vecchie logiche, può essere percepita come circostanza negativa.
In Puglia i Comuni di Rutigliano (BA) e Noicattaro (BA) emungono ingenti quantità di acqua irrigua dalla falda. Cosa impedisce l’attivazione di impianti di depurazione e affinamento delle acque reflue destinate alla viticoltura da tavola?
È importante precisare che nel caso dei Comuni di Rutigliano (BA) e Noicattaro (BA), non dotati di proprio depuratore come da pianificazione regionale, le acque reflue sono collettate e depurate presso l’impianto di depurazione di Bari. Il riuso delle acque reflue in viticoltura a servizio del territorio del Sud-Est barese non è una novità. Negli anni 90, infatti, il competente consorzio di bonifica aveva realizzato un grande impianto di affinamento e le relative opere di rilancio e distribuzione. Dal 2008 Acquedotto Pugliese, grazie all’intervento della Regione Puglia, ha implementato molti suoi impianti di depurazione con quelli di affinamento, ma la condizione essenziale per la concreta consegna delle acque affinate è la compartecipazione di tutti i soggetti che completano la filiera di distribuzione e riutilizzo come già avvenuto per gli esempi virtuosi già citati. Nel caso di Rutigliano e Noicattaro, l’auspicio è che, al completamento dei lavori di potenziamento in corso sul depuratore di Bari-Est da parte di Acquedotto Pugliese, si riprenda quel percorso “visionario” avviato trent’anni orsono.
Silvia Seripierri
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