Risulta fondamentale conoscere i fattori determinanti per la fioritura della vite. Questa fase è infatti la più importante di tutto il ciclo produttivo.
I viticoltori sanno bene che, durante la fioritura, le piante sono estremamente sensibili. In questa fase, infatti, si susseguono impollinazione e fecondazione che compartecipano, insieme ad altri fattori, per produzioni di qualità e di quantità.
I fattori ambientali e ormonali, che intervengono all’esterno e all’interno della pianta, possono agevolare o ostacolare la formazione e la schiusura dei fiori di vite. Con l’intento di comprendere meglio quali condizioni predispongono una fioritura ottimale, diamo uno sguardo ai principali fattori ambientali e nutrizionali.
La temperatura
La temperatura esercita una certa influenza durante tutte le fasi fenologiche della vite. Alla fioritura, che è la fase più delicata, la vite richiede temperature medie di circa 25°C per garantire la germinazione dei granuli di polline, l’accrescimento del tubetto pollinico e la formazione dei primordi fiorali. La temperatura è fondamentale anche per la fertilità della pianta, infatti si è riscontrata una correlazione positiva tra le temperature che si verificano da metà giugno a metà luglio, e il numero di infiorescenze, che compaiono sui germogli l’anno successivo. Più difficile, invece, è riuscire a dimostrare in condizioni di vigneto la correlazione tra il fattore temperatura e la formazione dei frutti. A prescindere dalle diverse fasi fenologiche e necessità, ricordiamo che lo zero vegetativo della vite è di 10°C: al di sotto di questa temperatura non c’è attività vegeto-produttiva. Le temperature ottimali, nonché quelle che si verificano in vigneto, variano molto a seconda della fase fenologica, della cultivar, della forma di allevamento, della presenza e tipologia di copertura e della conduzione agronomica adottata.
L’intensità luminosa
Altro fattore importante, che agisce sulla vite dall’esterno, è l’intensità luminosa e la sua influenza sulla formazione delle infiorescenze. Dagli studi condotti sugli effetti dell’intensità luminosa, è stato possibile verificare direttamente sulle gemme che quelle più interne alla chioma, che ricevono meno luce, sono meno fertili rispetto a quelle più esterne ed esposte alla luce. Tale concetto è di fondamentale importanza per comprendere quale forma di allevamento adottare in funzione della pianta e della cultivar. L’importanza della forma di allevamento risiede, infatti, nella sua capacità di definire l’architettura della pianta e della superficie fogliare, in modo che tutte le gemme possano essere uniformemente illuminate.
Gli studi hanno dimostrato l’influenza esercitata singolarmente dalla luce sulla fertilità delle gemme. Al contempo, però, non è stato possibile studiare e dimostrare l’effetto combinato dell’intensità luminosa con la temperatura sulla fertilità delle gemme.
Il fotoperiodo
Il fotoperiodo è il rapporto tra il numero di ore di luce (durata del giorno) e il numero di ore di buio (durata della notte). È stato dimostrato che questo fattore di alternanza luce-buio non determina l’induzione fiorale nella vite. I pareri sono però tanti e discordanti, poiché esistono delle eccezioni. Studi hanno infatti dimostrato che in alcune cultivar il numero di primordi fiorali per gemma è influenzato dal fotoperiodo, in maniera direttamente proporzionale: all’aumentare delle ore di luce (condizione di giorno lungo), aumenta il numero di primordi fiorali. La suscettibilità al fotoperiodo sarà quindi strettamente correlata a specie e cultivar. Tale differenza sussiste anche tra la specie americana Vitis labrusca e l’europea Vitis vinifera L. La prima infatti è più sensibile alla lunghezza del giorno rispetto alla seconda.
Sulla sensibilità della vite al fotoperiodo si sono espressi diversi ricercatori. Tra questi, Buttrose, che considera la temperatura fattore dominante nella formazione dei primordi fiorali e Rives, che ritiene che il fattore limitante sia l’intensità luminosa. Ad accomunare il mondo della scienza, però, sembra essere l’opinione secondo cui la combinazione di alte temperature con un’elevata intensità luminosa è condizione necessaria per massimizzare la fertilità delle gemme dormienti.
Lo stress idrico
Il verificarsi di stress idrici persistenti riduce la fertilità delle gemme latenti. L’umidità del suolo, infatti, è uno dei fattori chiave per lo sviluppo delle infiorescenze. In ambiente controllato, si è dimostrato che viti cresciute in stress idrico differenziano primordi fiorali in numero e dimensione ridotti. Considerando il fattore di stress idrico singolarmente, esso è limitante la fertilità delle gemme. Al contrario, qualora dovessimo trovarci in condizioni di vigneto con squilibrio vegeto-produttivo, a favore dell’apparato vegetativo, la situazione sarebbe ben diversa. Studi hanno dimostrato che, quando la superficie fogliare è eccessivamente densa, lo stress idrico è utile per incrementare la fertilità delle gemme: la minore disponibilità di acqua fa sviluppare una chioma meno fitta, consentendo a una maggiore quantità di luce di raggiungere le gemme basali. Queste ultime riceveranno più luce e quindi aumenterà la fertilità generale della pianta. Ad eccezione di questi casi particolari, lo stress idrico resta responsabile di una ridotta fertilità delle gemme, come anche di una minore fotosintesi, di un minore peso secco dei germogli e di una minore quantità di citochinine nello xilema.
Svariate sono dunque le conseguenze dello stress idrico, che potranno verificarsi, in virtù di fase fenologica, forma di allevamento, conduzione del vigneto e combinazione con altri fattori.
La nutrizione minerale
La nutrizione delle piante ha visto crescere la sua importanza nel corso degli anni, divenendo una pratica indispensabile per produzioni soddisfacenti. Gli elementi, di cui la vite ha bisogno durante il suo ciclo, variano soprattutto in funzione delle fasi fenologiche. I tre macroelementi indispensabili, però, sono azoto, fosforo e potassio.
Azoto
L’azoto (N) è uno dei tre macroelementi fondamentali per la nutrizione della vite, infatti una buona dotazione in azoto è necessaria per garantire la formazione dei primordi fiorali e la differenziazione dei fiori. Circa la dimensione dei primordi fiorali, invece, diversi studi hanno dimostrato come questa sia scarsamente influenzata da N. Altri studi ancora hanno dimostrato che le applicazioni di azoto, in un vigneto che ne è scarsamente dotato, incrementano il numero di primordi fiorali. Tuttavia, è bene non generalizzare, ma considerare il caso specifico, così come l’applicazione e l’uso non controllato di N possono ridurre la fertilità delle piante.
Ai fini della nutrizione del vigneto, è bene ricordare che la vite preferisce utilizzare le riserve di N, piuttosto che l’azoto somministrato a campagna già iniziata o in condizioni di emergenza. Queste riserve, per lo più costituite con concimazioni azotate autunnali, partecipano alla formazione dei primordi fiorali insieme a fosforo e potassio.
Fosforo
Il fosforo (P), altro fondamentale macroelemento, se somministrato a livelli ottimali, incide in maniera positiva sulla fertilità delle gemme e sul vigore delle viti. Una sua carenza è dannosa per la formazione delle infiorescenze e può dipendere da diversi fattori. La correlazione tra P e fertilità è stata dimostrata in uno studio su cv Thompson seedless, per la quale è stato possibile incrementare notevolmente la fertilità somministrando quantità ottimali di P e quantità ridotte di N. Circa la distribuzione del P nella pianta, invece, questo si concentra preferibilmente negli apici dei germogli in crescita e nelle giovani gemme, che diventeranno fertili. All’interno della pianta, infatti, il P è mobile poiché si sposta verso le aree a maggiore e intensa attività metabolica. La sua presenza nella pianta, inoltre, può essere in forma minerale o in forma organica:
- durante il “pianto” della vite, il P contenuto nello xilema sarà in forma minerale;
- alla differenziazione dei fiori e al germogliamento, invece, la maggior parte del P sarà in forma organica.
Potassio
Terzo importante macroelemento è il potassio (K), del quale si sono ipotizzati diversi ruoli incidenti sulla formazione delle infiorescenze. Studi hanno messo in luce che le applicazioni di K incrementano la fertilità e la produzione del 45% nel primo anno e del 156% nel secondo anno. Quest’ultimo numero è ascrivibile al fatto che nel secondo anno i primordi fiorali di partenza hanno differenziato un numero maggiore di fiori. Sembra, dunque, che le fertilizzazioni con potassio del primo anno abbiano giocato un ruolo importante sull’incremento del numero di fiori. Tra le altre funzioni del potassio, importanti sono la sua capacità (1) di attivare gli enzimi e (2) di favorire la mobilità dei carboidrati verso i grappoli. Altri studi ancora hanno portato in luce come la risposta positiva delle viti al potassio sia più evidente quando l’elemento viene somministrato al suolo. La crescita e lo sviluppo delle gemme appare essere maggiormente sostenuta dal potassio somministrato al terreno nell’anno, piuttosto che da quello stoccato nella pianta come riserva.
Questo quadro generale sui fattori ambientali e nutrizionali, determinanti la fertilità e lo sviluppo dei vigneti, sottolinea l’importanza di conoscere i principi generali dell’agronomia e della fisiologia vegetale, che sottostanno alle relazioni tra pianta e ambiente. Allo stesso modo sono importanti le analisi chimiche dei suoli. Queste descrivono lo status dei terreni, in termini di dotazione di elementi, disponibilità e assimilabilità degli stessi.
Autrice: Silvia Seripierri
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