Fioritura della vite: perché è così importante per la produzione?

Comprendere i meccanismi fisiologici che regolano la fioritura della vite è condizione essenziale per ottenere buoni risultati. 

da Redazione uvadatavola.com
Fioritura della vite

La fioritura è influenzata da numerosi fattori che avvengono in epoche talvolta molto distanti tra loro. Alcuni di questi fattori possono essere opportunamente regolati con una corretta gestione agronomica. Percorriamo insieme un viaggio alla scoperta della più delicata delle fasi fenologiche.

La fioritura della vite è il cuore del ciclo colturale, nonché la fase fenologica più delicata: da essa dipenderà qualità e quantità della nostra produzione.  La sua durata oscilla tra i 9 e i 21 giorni in funzione della scalarità con cui il fenomeno si verifica sulla pianta e sulle infiorescenze. Sul grappolo, infatti, fioriscono prima le parti centrali, poi quelle basali e per ultime le estremità apicali e le ali.

La fioritura e la vite

La vite è una specie autofertile, la cui impollinazione avviene principalmente per anemofilia, ovvero con l’ausilio del vento. All’impollinazione segue la fecondazione. Grazie all’unione delle microspore (polline) e del gametofito maschile (tubetto pollinico) con le macrospore e il gametofito femminile (sacco embrionale) avviene la cosiddetta doppia fecondazione, necessaria alla formazione dell’endosperma secondario, che è il tessuto di riserva dei semi.

In alcune cultivar apirene la fecondazione avviene solo parzialmente (stenospermocarpia) – generando abbozzi di semi – ma può anche non avvenire del tutto (partenocarpia). Questo comportamento rappresenta per alcune uve da tavola un pregio merceologico.

Fioritura vite

Come si forma il fiore?

Facendo un passo indietro e guardando a ciò che determina la presenza e il quantitativo di fiori, si deve sottolineare che l’induzione a fiore delle gemme e la loro differenziazione avviene l’anno precedente (anno x-1) a quello della produzione di riferimento (anno x).

La differenziazione dei fiori, invece, avviene allo stadio di primordi dell’infiorescenza, cioè dopo che le gemme dormienti (latenti) si sono riattivate nella primavera dell’anno x.

La fioritura vera e propria si verifica, invece, a primavera inoltrata, ovvero in epoca tardiva quando i germogli sono in fase di massimo accrescimento. Affinché tutto vada per il verso giusto dovranno necessariamente manifestarsi i fattori ambientali e ormonali predisponenti la fioritura stessa.

Come la fioritura della vite incide sulle rese di produzione

Da quanto finora descritto è facile intuire la complessità dei diversi meccanismi coinvolti nel processo e quanto delicati essi siano. Prima che il quantitativo finale di acini sia definito, però, è necessario tener conto dei possibili fenomeni che possono incidere sul risultato. Oltre alla colatura fiorale e alla colatura dei frutti durante l’allegagione, ve ne sono anche altri coinvolti nella definizione del numero di fiori per infiorescenza:

  • accumulo e uso dei carboidrati – le scarse riserve di carboidrati alla fioritura causano colatura fiorale (shedding) riducendo il numero di acini per grappolo, talvolta anche in maniera eccessiva;
  • temperatura – Si tratta di un fattore importante per la germinazione del polline e per la crescita del tubetto pollinico. Risultano sfavorevoli le temperature inferiori a 18°C e superiori a 38°C. Le basse temperature concorrono inoltre – insieme a piogge e alta umidità – al distacco incompleto della caliptra, una catena di eventi che determina minore allegagione.
  • pioggia – se eccessiva, può diluire il fluido stigmatico e interferire con la germinazione del polline;
  • alte concentrazioni di azoto – possono causare eccessiva cascola fiorale;
  • nebulizzazione sulle piante di gibberellina esogena durante la fioritura – a seconda della varietà potrebbe avere effetti negativi sulla fioritura;
  • siccità durante la fioritura – potrebbe favorire la colatura dei futuri acini;
  • ombreggiamento della pianta – non agevolerà la differenziazione di gemme fertili né l’allegagione.

Dopo la fioritura della vite verrà l’allegagione, che avverrà per il 20-50% dei fiori totali (percentuale mediamente più alta rispetto ad altre specie).

Stimare la fertilità delle gemme

In linea generale è possibile affermare che è la quantità di fiori a definire la quantità di frutti che si avrà a fine ciclo. In questa fase finale, poi, sarà fondamentale avere condizioni idonee per la formazione e la differenziazione delle gemme fertili, che produrranno l’anno successivo. Il concetto di fertilità può essere descritto come numero di infiorescenze che si formeranno nell’anno x+1 (l’anno prossimo) a partire dalle gemme che ho selezionato con la potatura nell’anno x (quest’anno).

Prendiamoci un minuto per puntualizzare un altro concetto: quando si parla di fertilità, è bene distinguere tra fertilità potenziale e fertilità reale.

La fertilità potenziale è la capacità di una gemma di differenziare a fiore (originare un certo numero di primordi fiorali), per cui si parla anche di potenziale produttivo. La fertilità dipende da fattori genetici e ambientali (luce e temperatura), ma anche dalla velocità di crescita dei germogli. Quando i germogli crescono troppo in fretta, infatti, diminuisce la velocità con cui si sviluppano le gemme basali.

La fertilità reale è più bassa di quella potenziale, perché in primavera non tutte le gemme schiudono. La presenza di gemme cieche è conseguenza di diversi fattori. Tra questi rientrano (1) l’eccessivo carico di gemme – che comporta squilibri ormonali in grado di ostacolare un germogliamento uniforme – e (2) gli squilibri tra parte aerea e radicale: una vegetazione troppo fitta, come noto, impedisce che una sufficiente quantità di luce arrivi alle gemme, impedendo il germogliamento. 

Futuro fertile 

In conclusione, la fertilità reale di un vigneto ci dice quante delle gemme lasciate sulla pianta erano fertili e sono diventate infiorescenze. Numerosi ricercatori hanno condotto ricerche volte a stimare la fertilità reale. Tra gli altri citiamo il lavoro di Giuseppe Ferrara e Andrea Mazzeo dell’Università degli studi di Bari. I due si sono cimentati in uno studio volto a stimare – per numerosi vigneti di diversa varietà – la fertilità reale non in primavera, quando ormai il dado è tratto, ma in autunno prima della potatura invernale.

Conoscere la fertilità reale in quest’epoca, infatti, consente di realizzare la pota in maniera più razionale e più idonea ai singoli impianti. Durante la ricerca, G. Ferrara e A. Mazzeo hanno prelevato a campione circa 100 gemme da ogni vigneto e le hanno poi dissezionate. In laboratorio, grazie alla dissezione, hanno visto quali e quante gemme fossero fertili, stimando poi la fertilità reale totale. Sulla base del dato di fertilità reale, hanno potuto ottimizzare la potatura lasciando, a seconda dei casi, più o meno gemme: (1) per le varietà con minore fertilità, hanno fatto una pota più lunga (10-12 nodi), (2) per le varietà con maggiore fertilità hanno fatto una pota più corta (7-8 nodi).

Sono questi concetti noti da tempo: l’auspicio è che l’insieme delle conoscenze, delle tecniche e delle tecnologie più innovative possano un giorno diventare alla portata di tutti.  


Autrice: Silvia Seripierri
©uvadatavola.com

 
 

Articoli Correlati