Speciale uve medio-tardive: stagione ideale, ma con produzioni inferiori. Importante la gestione delle risorse idriche

da Redazione uvadatavola.com

“La stagione delle uve medio-tardive da un punto di vista fitopatologico è stata abbastanza tranquilla, ad esclusione degli ultimi giorni quando, a causa delle particolari condizioni climatiche (piogge, umidità, nebbie, ecc.), si sono manifestate infezioni importanti di botrite latente”.

A dichiararlo ad uvadatavola.com è il dott. Angelo Gasparre, tecnico consulente dello studio associato Food Agri Service.

La botrite nelle ultime fasi non si manifesta con i sintomi caratteristici della muffa grigia sugli acini, ma con macchie brune e idropiche conosciute anche come “lenticchie”, la cui buccia si solleva col passaggio di un dito (perciò denominata anche slip skin). “In qualche caso, dopo le piogge di inizio novembre, in particolare sulle uve della varietà Italia troppo spinte, si è verificato anche il cracking circolare intorno al peduncolo, in gergo conosciuto come “mezza luna” o “cerchietto”, ha continuato.

Nel complesso, escludendo l’ultima fase della campagna, non si sono riscontrati particolari problemi fitosanitari. Quella appena conclusa è stata quindi una stagione ideale, con un numero di trattamenti sotto la media e analisi multiresiduali soddisfacenti. Secondo Gasparre ci sono state però alcune problematiche di natura fisiologica, principalmente due: rese inferiori e cracking (o spacco).

“A inizio stagione ci siamo subito accorti che le produzioni erano più basse rispetto agli altri anni, sia sulle varietà tradizionali con seme che, in particolar modo, su alcune varietà seedless come la Sugraone”, ha precisato.

Le cause andrebbero ricercate nelle condizioni climatiche sfavorevoli dello scorso anno, caratterizzate da eccessiva umidità e pochissima luce, che avrebbero influenzato la fase di differenziazione a fiore delle gemme, portando quest’anno a produzioni inferiori, in alcuni casi anche del 50% rispetto alla media. La diretta conseguenza è stata, ovviamente, una minore offerta di uva sul mercato e quindi prezzi più alti.

L’altra anomalia che ha caratterizzato questa stagione è stato il cracking. “Penso sia importante per produttori e tecnici imparare a valutare quello che succede durante la fioritura e subito dopo, cercando di gestire al meglio le tecniche colturali e in particolar modo gli apporti irrigui. Tale fisiopatia, molto complessa, quest’anno si è manifestata in maniera precoce rispetto al cracking del 2009, stagione che in molti ancora ricordano. Ci sono state dapprima segnalazioni importanti nel nord barese, ma poi il fenomeno si è verificato anche nel sud-est barese e in Sicilia. Ovviamente il problema, è un dato di fatto, si è manifestato principalmente sulle uve più spinte (con incisione e applicazioni di fitoregolatori), anche se poi a nord di Bari è comparso anche su uve condotte normalmente, causando importanti perdite di produzione. Decisiva è stata la gestione del vigneto tra post-fioritura e inizio allegagione, periodo in cui si formano i tessuti”, ha spiegato il tecnico.

Studi scientifici hanno infatti dimostrato che temperature inferiori ai 18°C o superiori ai 35°C influenzano di molto l’elasticità dei tessuti. Quando in fase di invaiatura–inizio maturazione si verifica un irrigidimento naturale dell’esocarpo, con cambiamenti di pressione di turgore legati ad una gestione idrica non ottimale, la manifestazione del cracking diventa più probabile. “Fortunatamente questo problema è stato in parte controllato, anche perchè in quella fase le condizioni climatiche erano favorevoli e le temperature costanti. Sbalzi termici repentini probabilmente avrebbero potuto accentuare il danno”.

“Per tali motivi – ha concluso Angelo Gasparre –  considerando anche l’elevato grado di specializzazione che hanno raggiunto i tecnici e i produttori del settore, a mio parere diventa sempre più indispensabile che le aziende utilizzino sistemi di monitoraggio dei parametri climatici e dell’umidità del suolo e la loro interazione con la pianta, in particolare in stagioni come quella appena conclusa, dove l’irrigazione ha fatto la differenza. Non è un caso che ormai anche le GDO stiano richiedendo dalle aziende agricole requisiti specifici sulle modalità di gestione della risorsa idrica affinché possano adottare strategie ecosostenibili“.

 

Autore: la Redazione

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