Uve tardive: una delle stagioni peggiori

Grazie all'intervento di Salvatore Sificaro, uno dei referenti dell'azienda siciliana Colleroni Srl, forniamo un focus sulla stagione 2022 delle uve tardive.

da Silvia Seripierri

Salvatore Sificaro è uno dei referenti della Colleroni Srl, azienda siciliana che si occupa di commercializzare prodotti ortofrutticoli come uva da tavola, agrumi, melograno, cocomeri e meloni. La frutta dell’azienda import-export parte dalla città di Carlentini, in provincia di Siracusa, per raggiungere i mercati del Nord Italia (75%) e quelli europei (25%). Colleroni, inoltre, si occupa anche di spedizioni extra europee, inviando piccoli volumi di frutta anche in Arabia Saudita.  Grazie al suo intervento, quindi, forniamo un focus sulla stagione 2022 delle uve tardive. 

Salvatore, concentriamoci sull’uva: che varietà commercializzate?

Fino all’anno scorso commercializzavamo solo varietà di uva con seme: Vittoria, Black magic, Palieri, Red Globe, Italia e Black Pearl. Da un anno abbiamo acquistato i diritti di commercializzazione per le varietà di Sun World, IFG e AVI – ARRA.

So che la stagione per le uve tardive è ancora in pieno svolgimento, ma a oggi – 11 ottobre 2022 – come descriveresti questa seconda parte della campagna?

Penso che sia una delle peggiori stagioni degli ultimi anni. Non mi riferisco solo alle vendite; il problema peggiore è la qualità del prodotto. A mio avviso i problemi sono sorti anche perché il prodotto non dà garanzie a causa del clima infausto. Durante il mese di ottobre, le temperature sono generalmente più basse, per cui in autunno l’uva assume una buona consistenza e turgore. Caratteristiche che donano agli acini quella croccantezza che contraddistingue il prodotto di qualità. Quest’anno, invece, fino a pochi giorni fa (9 ottobre 2022) le temperature hanno raggiunto tranquillamente i 30°C. Ciò ha contribuito a stressare le piante. Lo stress ha provocato un rammollimento degli acini. Tutto ciò ci sta impedendo di offrire un prodotto di qualità sui mercati.

Volgiamo lo sguardo ai mercati.

I rincari energetici pesano molto sulle famiglie, che si ritrovano a fare i conti con stipendi talvolta troppo bassi per far fronte a tutte le spese e sono quindi obbligati a fare economia. Se a questo si aggiunge un basso profilo qualitativo del prodotto, per le cause poc’anzi descritte, si capisce bene che quelle famiglie che decidono di acquistare l’uva – facendo uno sforzo economico o preferendo quantità più esigue di prodotto pur di assaggiare il frutto – si ritrovano con della frutta scadente e non torneranno di certo a riacquistarla. Certo, l’uva non è un prodotto economico, i costi di produzione sono alti, ma sono alte anche le spese sostenute da noi commercianti e dalle GDO. Mi riferisco a logistica, confezionamento, salvaguardia della catena del freddo e shelf life. Ogni anello della catena ha visto lievitare i costi, perciò i prezzi che vediamo sul bancone sono proibitivi per le famiglie. 

I problemi sono su tutti i mercati europei?

Forse ci sono mercati che non esigono l’alta qualità che richiede l’Italia e molto probabilmente in quei mercati si riesce a vendere l’uva anche a buon prezzo. Se questi mercati esistono, però, non sono quelli di cui si occupa la mia azienda. Quest’anno io registro un fatto solo: il drastico calo dei consumi. Poche stagioni sono state brutte quanto questa. Il ristagno delle vendite sta allungando i tempi e sta sfiancando e affaticando tutto il comparto. Negli anni passati, infatti, la vendita delle uve tardive terminava i primi di ottobre per la Sicilia. Quest’anno invece, oggi, 11 ottobre, siamo nel pieno della stagione. Nei vigneti siciliani la quantità di uva ancora sulle piante è davvero tanta; secondo me non si riuscirà a commercializzare tutto. Molta di questa uva non raggiungerà nemmeno il mercato come uva da tavola. 

uve tardive

Quali potrebbero essere le soluzioni per far sì che la crisi non eroda del tutto il comparto?

Secondo me, e parlo per la Sicilia, occorre innovare le varietà impiantando cultivar senza semi che mostrino soprattutto due caratteristiche: bassi costi di produzione e resistenza in post raccolta. Una shelf life lunga rappresenta un punto di forza incredibile per la parte commerciale della filiera. Questo è ciò che il mercato richiede e i segnali erano nell’aria già da qualche anno.

A proposito di seedless, hai notato delle differenze di commercializzazione tra uve con e senza semi?

L’uva con seme, ormai, è trattata dal mercato come uva di serie B, mentre alcune varietà di uva senza semi vengono proposte al consumatore finale anche con un packaging in grado di attrarre l’attenzione. Tutto ciò ovviamente ne favorisce la vendita. Indubbiamente la crisi riguarda tutto il settore delle uve, ma il mercato è più ricettivo con le uve apirene.

 

Autrice: Teresa Manuzzi

©uvadatavola.com

Articolo pubblicato sul n°5 – 2022 del bimestrale “Uva da Tavola – magazine”

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