L’effetto biostimolante delle micorrize

da Redazione uvadatavola.com

Riportiamo lo studio della professoressa Giulia Conversa, docente presso l’università di Foggia.

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Nel corso della prima dell’edizione dell’evento targato Arptra e Fruit Communication, la professoressa Giulia Conversa ha illustrato l’effetto biostimolante delle micorrize, analizzandone azione, vantaggi e controindicazioni. I funghi di nostro interesse fanno riferimento a quelli endomicorrizici arbuscolari. Questi funghi sono presenti nel terreno sotto forma di spore. Esse, sotto lo stimolo chimico degli essudati radicali delle piante ospiti, germinano e penetrano nei tessuti radicali senza mai interessare il cilindro centrale. Si sviluppa quindi un micelio all’interno della corteccia dello strato corticale della radice.

 

I funghi endomicorrizici arbuscolari sono presenti nel terreno sotto forma di spore, le quali germinano e penetrano nei tessuti radicali. Si sviluppa quindi un micelio all’interno della corteccia dello strato corticale della radice.

 

 In foto: la professoressa Giulia Conversa durante il suo intervento alla Biostimolanti Conference 2020.

Una particolare conformazione di questi funghi è rappresentata dagli arbuscoli che si formano all’interno delle cellule radicali. Tale conformazione rappresenta la parte funzionale della simbiosi ed è il luogo di scambio tra il fungo e la radice: qui si realizza la relazione fungo-pianta.

Normalmente questa relazione è una simbiosi mutualistica e prevede un reciproco scambio, grazie al quale entrambi i bionti traggono vantaggio. Nello specifico, il fungo riceve glucosio dalla pianta in modo da accrescere il proprio micelio. Questo, a sua volta, fuoriesce dalle radici e compie il proprio ciclo che termina con la formazione di spore che restano nel suolo. In linea generale, i vantaggi derivanti da una micorizazione delle coltivazioni sono molteplici:

  • aumento della superficie di assorbimento;
  • ife, molto più sottili, riescono ad aggiungere degli interstizi nel terreno,
  • raggiungendo delle risorse che altrimenti la pianta non riuscirebbe a raggiungere;
  • maggiore efficienza nell’assorbimento e acquisizione di molti macro-elementi (in particolare del fosforo, perché poco mobile);
  • maggiore efficienza nell’assorbimento di azoto inorganico e aminoacidi;
  • maggiore resistenza agli stress abiotici (in particolare stress idrico e salino);
  • maggiore resistenza agli stress biotici;
  • elicitazione del metabolismo secondario.

Un aspetto osservato in seguito all’azione delle micorrize in questione è l’aumento dell’efficienza di asportazione del fosforo. Spesso, però, la rapidità con cui il fosfato viene asportato da una pianta non è bilanciato dalla velocità con cui la sostanza viene trasferita nel terreno. Per questo, intorno alla rizosfera viene a crearsi la cosiddetta “depression zone”, ovvero una zona nella quale vi è carenza di fosforo, nonostante il terreno sia abbondante di fosfato.

Pertanto il micelio extra radicale – provvisto anche di patterns (trasportatori attivi di fosfato) diversi da quelli della pianta – riesce a superare la zona di scarsità migliorando l’asportazione.

Esistono, alcune specie di micorrize che, anche se meno efficienti le quali, se introdotte in un impianto intensivo, migliorano comunque le performance delle colture, offrendo alle piante un effetto biostimolante. Tutto ciò può aiutarci a ridurre l’uso di fitofarmaci, ottenendo comunque una maggiore resistenza delle piante agli stress e, al tempo stesso, migliorando la qualità del prodotto.

Come valutare la presenza di una simbiosi micorrizica. Fonte: software MYCOCALC.

 

Ovviamente, trattandosi di esseri viventi, nei risultati dobbiamo sempre considerare una “componente aleatoria”, che potrebbe sfuggire alle nostre previsioni. Per ottenere quanto sperato, bisogna prendere in considerazione soprattutto alcuni aspetti, come le relazioni di competizione e antagonismo che possono instaurarsi tra le specie di micorrize introdotte. Questi tipi di relazioni possono sussistere sia fra loro stesse, sia rispetto a elementi già presenti nel terreno.

In caso di micorrize autoctone, invece, i risultati dipendono dalla specie presa in considerazione. L’esito di una simbiosi con lo stesso fungo può infatti essere diversa a seconda della specie di colture che stiamo inoculando, poiché entrano in gioco molteplici fattori:

  • le caratteristiche del substrato,
  • il pH del terreno,
  • il contenuto di sostanza organica presente nel terreno,
  • la gestione della coltura,
  • le fertilizzazioni,
  • i trattamenti effettuati.

Quelle riportate nella grafica sono delle misurazioni quantitative, ma sono relative, poiché non restituiscono, dal punto di vista qualitativo, cosa sta accadendo tra la pianta e il frutto. Se guardiamo alcuni risultati e alcune prove che il gruppo di orticoltura ha svolto a Foggia, emerge chiaramente in che modo i biostimolanti abbiano migliorato la produzione di fiori e di frutti. In particolare, i principali effetti biostimolanti ottenuti dall’inoculazione di funghi micorrizici arbuscolari sia in colture fuori suolo che in pieno campo sono:

  • aumento del numero di fiori,
  • aumento del numero di frutti,
  • aumento della produzione,
  • aumento della crescita (in contenitore),
  • migliore stato fisiologico della pianta,
  • aumento della concentrazione di macro e micronutrienti,
  • metalli pesanti e allergeni.

In conclusione è bene sottolineare come gli effetti positivi dell’azione delle micorrize sulle colture non sono visibili prima di 50-60 giorni, perché dipendono dalla composizione del prodotto e dalle dosi di inoculo. Infine si è notato che non sempre sussiste una relazione univoca tra il livello di colonizzazione radicale in piante inoculate e la risposta della pianta.

 

Autore: Ilaria De Marinis
Copyright: uvadatavola.com

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