Il 2016 è stato un anno abbastanza complicato per l’uva da tavola. Dopo una stagione cominciata positivamente, le vendite hanno subìto una frenata, anche a causa delle avverse condizioni climatiche, per poi riprendersi con l’arrivo sul mercato delle varietà tardive.
Tuttavia il mercato si è stabilizzato su prezzi più bassi rispetto alla passata stagione. La redazione di uvadatavola.com ha raccolto le considerazioni l’agronomo Antonio Mastropirro dello studio Agriproject Group srl.
Lavorare sul post-raccolta
Un terzo aspetto collegato alle problematiche delle uve senza semi è forse rappresentato dall’impreparazione a gestire varietà che hanno bisogno tanto di essere raccolte nel periodo giusto quanto di un periodo di stoccaggio. Noi non siamo preparati tecnicamente alla conservazione, e non abbiamo nemmeno strutture sufficienti per lo stoccaggio di tutto il prodotto che sarà venduto in un secondo momento. Questo potrebbe essere un problema che il nostro comparto sconterà nei prossimi anni, soprattutto se il trend del mercato continuerà ad essere orientato verso le uve senza semi, che hanno la necessità di essere raccolte al momento giusto e per le quali il passaggio in cella è obbligatorio.
I nostri concorrenti, vedi Cile e Perù, sanno che per raggiungere i mercati più ricchi devono lavorare con uve che devono rimanere in cella per 20 – 30 giorni. Essendo noi molto vicini ai mercati di sbocco delle uve non ci siamo mai preoccupati di approfondire il post raccolta. A mio avviso è proprio questo il punto che dovremmo approfondire e sviluppare. Invece che lavorare solo all’acquisizione di nuove varietà, dovremmo conoscere meglio quelle già in nostro possesso ed acquisire più termini di know-how (competenze, n.d.r.) per la gestione in post raccolta.
Pensiamo che una varietà senza semi debba valere più di una varietà con semi? Si tratta solo di una nostra idea.
L’uva ha un valore funzionale ad un determinato mercato e questo valore è il giusto prezzo che un consumatore può pagare a prescindere che si parli di Italia o di Crimson. Spesso è difficile che un nostro produttore accetti un prezzo basso, perché abbiamo costi molto alti di produzione. Purtroppo dovremmo anche capire che in un mercato globalizzato con competitors agguerriti, è giustificato cercare la soluzione migliore per noi stessi, inteso come singola azienda agricola, ma resta la necessità di essere in grado di rispondere come comparto, da un punto di vista commerciale. Ci sono stati momenti in cui noi non eravamo in grado di fornire l’uva, non perché non ci fosse richiesta o qualità del prodotto, ma perché volevamo un prezzo troppo alto.
Programmazione e nuovi sistemi produttivi
Dovremmo ricercare sistemi produttivi capaci di contenere il più possibile i costi mantenendo alti gli standard qualitativi. Questa potrebbe essere una delle chiavi di lettura. Anche la mancanza di programmazione non ci consente di offrire il prodotto giusto nel periodo giusto. In tanti pensano che ciò che non siamo disposti ad offrire a settembre possa essere riassorbito dal mercato ad ottobre. Non è così, quello che non si vende va perduto, noi dovremmo lavorare per offrire uva da luglio a dicembre, e ogni mese presentare quantitativi ben precisi e prestabiliti.
L’apporto di innovazione nel comparto non può fermarsi all’introduzione di nuove varietà, l’innovazione varietale sta a valle di una serie di passaggi di miglioramento sul piano agronomico, impiantistico e di gestione che deve già essere fatto a monte. Bisogna saper pianificare e impostare un lavoro che porti ad avere costi adeguati e capaci di rendere il nostro prodotto competitivo. Spesso, invece, l’agricoltore effettua scelte di pancia senza programmazione e senza una visione a lungo termine. Si tratta di pareri strettamente personali: sicuramente ci sono visioni diverse. Uno dei nostri limiti è che non riusciamo purtroppo ad interpretare la realtà in maniera univoca.
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