È febbraio, il termometro segna 16 °C, credete sia prematuro occuparsi della bruciatura delle foglie della vite da tavola? Secondo noi è uno dei momenti più indicati, perché in questo periodo le aziende sono impegnate nel realizzare nuovi vigneti e acquistare nuovi teli. Tutti elementi che influiscono sulla questione. Di seguito pubblichiamo l’articolo dell’agronomo Giuseppe Nuzzo, che approfondisce meglio il tema.
Sono proprio gli errori nella gestione della struttura dell’impianto, oltre a quelli effettuati durante le operazioni colturali che possono causare la bruciatura delle foglie, problema che influenza negativamente la qualità e la quantità della produzione.
Premessa
La viticoltura da tavola, nella sua evoluzione, ha conosciuto l’avvento delle più disparate innovazioni tecnologiche. Una tra le più importanti è stata sicuramente l’utilizzo dei film plastici. Si tratta di una tecnica che prevede la copertura della parte superiore – ed occasionalmente il perimetro del vigneto – con laminati plastici, al fine di modulare l’epoca di maturazione e quindi il posizionamento del prodotto sul mercato, oltre a proteggere i grappoli dalle avversità atmosferiche. Questa tecnica, conosciuta anche come semi-forzatura, ha trasformato in maniera sostanziale la produzione dell’uva da tavola, differenziandola enormemente rispetto alla metodologia di produzione di qualche decennio fa.
Film plastici e bruciatura delle foglie
La tecnica di semi-forzatura del vigneto – precoce e tardiva – prevede l’utilizzo di film plastici: si tratta di manufatti laminati di polimeri plastici di varia tipologia e spessore variabile. Il più usato è il polietilene a bassa densità (abbreviato come LPDE) e, sempre più frequentemente, il copolimero etilenvinilacetato (abbreviato come EVA), spesso additivato al LPDE, di spessore variabile tra i 120 e 200 micron. La semi-forzatura ha una duplice funzione: la prima è essenzialmente meccanica, ovvero di protezione del grappolo da agenti esterni potenzialmente dannosi; la seconda, più interessante, è di modifica dei parametri microclimatici interni al vigneto, innalzando la temperatura interna (fenomeno conosciuto come effetto serra).
Ne consegue dunque che, a seconda dell’epoca di copertura del vigneto, la semi-forzatura può essere (1) precoce – quando il telo è posizionato al germogliamento – o (2) tardiva, quando la copertura avviene durante la fase di invaiatura. La semi-forzatura precoce è la tecnica che ha più impatto sulla modifica del microclima interno dell’impianto.
L’aumento di temperatura all’interno del tendone, come conseguenza dell’effetto serra, segue le leggi dell’elettromagnetismo e dell’ottica. La radiazione solare incidente, quando intercetta il film plastico, viene ripartita in tre porzioni:
- una prima quota viene riflessa, non riesce ad attraversare il telo e ritorna nello stesso mezzo da cui è arrivata (ovvero l’atmosfera);
- una seconda quota si propaga all’interno del film stesso cambiando velocità e direzione e venendo in questo caso assorbita;
- una terza quota viene trasmessa, ovvero attraversa il telo e raggiunge il vigneto.
Quest’ultima porzione è quella più interessante, in quanto è quella che provoca l’effetto serra all’interno del vigneto. Questa terza componente della radiazione solare, infatti, riscalda per irraggiamento i corpi che incontra al di sotto del film, trasferendo parte di questo calore dai corpi all’aria interna grazie alla convezione. Ciò provoca il conseguente aumento della temperatura all’interno del vigneto coperto. Tale fenomeno è amplificato dalla quasi assenza di moti ventosi, per cui non si assiste ad una perdita di calore significativa.
Vi sono diverse tipologie di film plastico che si differenziano tra loro per spessore, colore e materiale; tuttavia due sono le caratteristiche principali che un buon film plastico dovrebbe possedere:
- la prima è che la trasmittanza del telo nell’infrarosso lungo (ovvero la quota di radiazione responsabile dell’apporto di calore e quindi dell’aumento di temperatura) deve essere bassa;
- la seconda caratteristica è che, al contrario, la trasmittanza nel campo del visibile (380 – 760 nm) e specificatamente del PAR (Photosynthetic Active Radiation, radiazione fotosinteticamente attiva, tra i 400 – 700 nm) deve essere alta. La porzione di radiazione, che attraversa il telo, quindi, dovrà essere quasi tutta compresa all’interno dello spettro del visibile. Quest’ultima è infatti la porzione che la pianta utilizza per i propri processi fotosintetici.
Il film plastico, dunque, soprattutto nella tecnica di semi-forzatura precoce, va a modificare anche in maniera sostanziale il microclima all’interno del sistema vigneto. Tale modifica, se non ben gestita, può provocare delle alterazioni al normale funzionamento degli organi vegeto-produttivi della pianta, con ripercussioni irreversibili sulla produzione finale.
Il parametro che viene modificato in maniera più evidente è la temperatura: rispetto ad un vigneto scoperto la tecnica di semi-forzatura provoca un aumento di circa 8-10 °C, la cui variabilità dei valori di temperatura incrementati è in funzione del tipo e dello spessore di telo. Ciò si traduce:
- in un’epoca di germogliamento – a parità di cultivar ed epoca di copertura – più precoce;
- in un accorciamento del periodo “germogliamento-fioritura”;
- in una generale maturazione più anticipata.
Ciò avviene con temperature massime che non eccedono i 30-32 °C. Se invece le temperature superano questi valori, si possono riscontrare delle problematiche nel normale decorso delle fenofasi (aborti prefiorali, allegagione insufficiente, ritardo dell’invaiatura/maturazione). Altrettanto deleteri sulla produzione finale sono inoltre i fenomeni di bruciatura delle foglie.
Foglia: funzionalità e alterazioni
La foglia, come ben noto, riveste un ruolo fondamentale all’interno del sistema pianta. È una struttura deputata all’organicazione del carbonio atmosferico, tramite il processo della fotosintesi, e quindi alla produzione di glucosio, molecola base per tutti i processi fisiologici e metabolici della pianta.
La foglia stessa, in quanto deputata alla perdita di acqua nell’atmosfera, riveste un ruolo chiave nei processi traspirativi e, attraverso la differenza di potenziale idrico, rende possibile il movimento di gran parte degli elementi nutritivi dal suolo all’interno della pianta.
L’attività della foglia è strettamente correlata ai parametri ambientali: primo fra tutti le temperature. Le attività biochimiche della foglia hanno un optimum di temperatura intorno ai 30 °C: superato tale valore si assiste ad un decremento più o meno costante della funzionalità fogliare.
Le ustioni fogliari (o bruciatura delle foglie) si verificano allorquando la distanza tra la superficie fogliare ed il film plastico è ridotta a pochi centimetri o praticamente nulla. In queste situazioni vi è un accumulo di calore eccessivo che provoca un aumento violento delle temperature. Le foglie a contatto – o in stretta vicinanza – con il film plastico subiscono destrutturazione e distruzione delle pareti e dei vari organuli cellulari. Ciò comporta una serie di alterazioni morfo-fisiologiche della pianta, con conseguenti alterazioni delle performance produttive.
Le bruciature a carico delle foglie causano una perdita più o meno grave della superficie fogliare fotosintetizzante: ne consegue un mancato o ridotto apporto di molecole organiche all’interno della pianta e una produzione quali-quantitativa più scadente. Nei casi più gravi le bruciature fogliari possono azzerare completamente la chioma.
Un’altra conseguenza delle bruciature fogliari sono sicuramente tutte quelle fisiopatie, tipiche dell’uva da tavola, che si manifestano in condizioni di stress: fenomeni come (1) colature prefiorali, (2) disseccamento del rachide, (3) rammollimento delle bacche durante la fase di invaiatura. Queste possono in qualche maniera essere riconducibili ad un effetto indiretto delle ustioni fogliari, come conseguenza di un perdita diretta di una porzione più o meno rilevante di superficie fogliare fotosintetizzante (e quindi di un apporto ridotto o nullo di fotosintetati); sia come sbilanciamento del rapporto dei vari elementi nutritivi.
Nelle cultivar a bacca rossa le ustioni fogliari possono provocare un rallentamento significativo – fino a una vera e propria interruzione – della produzione ed accumulo di antociani, composti flavonoidi, responsabili della pigmentazione delle uve a bacca rossa/nera, con conseguente deprezzamento del valore della produzione finale.
Indirettamente inoltre, l’eccessivo accumulo di calore sotto il film plastico e l’eccessivo contatto tra foglie e telo stesso, possono ampliare i vari fenomeni di fitotossicità degli agrofarmaci comunemente utilizzati.
Un’ulteriore manifestazione indiretta delle bruciature fogliari sono le allessature delle foglie. Tali fenomeni si hanno in quelle situazioni in cui vi è alta umidità all’interno del vigneto: le gocce d’acqua che bagnano le foglie, avendo una temperatura elevata, al contatto con le stesse tendono a far “bollire” il tessuto verde.
Tecniche per il contenimento delle bruciature delle foglie
Tutte queste sempre più frequenti problematiche possono essere contenute grazie a una serie di accorgimenti volti a mitigare l’effetto del film plastico sulla vegetazione.
Un primo aspetto da prendere in considerazione è la distanza tra telo e foglia. Quanto minore è tale distanza, tanto maggiori saranno i rischi derivanti da bruciature fogliari. Per cui già dalla fase di progettazione del vigneto è necessario adottare una serie di soluzioni che permettano al telo di distanziarsi in maniera sufficiente dalla vegetazione.
Ad esempio l’altezza tra la base del telo (corrispondente grosso modo alla distanza intercorrente tra il filo in ferro utilizzato per assicurare il telo stesso con i legacci) e la sua sommità, non dovrà eccedere la lunghezza di 40 – 45 cm. Ciò permetterà un distanziamento del laminato plastico con la fascia di vegetazione di 70 -100 cm.
Sempre su questo tema, può essere utile il posizionamento di archetti di lunghezza ed altezza variabile, muniti di occhielli per l’attraversamento del fil di ferro necessario per la legatura dei capi a frutto, che permettono un ulteriore distanziamento tra il telo e le foglie.
Altro aspetto molto interessante è dato dalla larghezza del film plastico stesso: a parità di spessore e tipo di mescola utilizzata, è opportuno utilizzare film plastici non troppo larghi, in modo da permettere un’adeguata ventilazione dell’impianto. Ciò è tanto importante quanto più il vigneto ha lunghezza e larghezza equivalenti. In queste situazioni, laddove i movimenti di masse d’aria sono praticamente nulli, è opportuno assicurare una giusta ventilazione del vigneto stesso.
Sempre in ottica di ventilazione, è bene effettuare dei camini di areazione, tramite la chiusura temporanea del laminato in corrispondenza delle testate, proprio per aumentare quanto più possibile la distanza telo-superficie fogliare.
Un’ulteriore operazione che può contribuire al contenimento delle bruciature fogliari è quello di posizionare, laddove presente, la rete antigrandine sopra il film plastico, in modo da ottenere un effetto ombreggiante e quindi diminuire l’accumulo di calore sotto il telo stesso.
Corretta gestione agronomica per evitare bruciature delle foglie
Tutte queste operazioni non possono però prescindere da una gestione agronomica ottimale della pianta. In primo luogo è opportuno dotarsi di termometri, in modo da poter monitorare le temperature all’interno dell’impianto. È bene che le varie operazioni di potatura verde e defogliazioni siano effettuate in modo da causare il minor stress possibile per la piante.
Questo perché un’asportazione troppo energica delle foglie potrebbe sommarsi ad una quota di superficie fogliare già ustionata dal telo, con effetti negativi sulla produzione finale. In questo senso, anche la legatura dei germogli riveste un’importanza fondamentale, in quanto permette di abbassare la vegetazione e quindi di diminuire fenomeni di bruciatura.
In questa direzione, l’industria dei film plastici sta evolvendo: diverse linee di soluzioni tecniche sono state messe a punto al fine di attenuare quanto più possibile l’annoso problema degli stress termici, e quindi anche delle bruciature fogliari. Tali soluzioni trovano riscontro nei cosiddetti film plastici fotoselettivi. Si tratta di manufatti che hanno una trasmittanza variabile, dipendente dalla fascia cromatica dello spettro della radiazione visibile e di conseguenza dalla colorazione del film stesso. Tale caratteristica, oltre a variare i parametri fotosintetici, ha l’effetto di attenuare i picchi termici, causa delle ustioni fogliari. Si è potuto notare che, rispetto ai laminati di colore bianco semitrasparente e giallo semitrasparente, i teli con colorazione che va dal verde semitrasparente, blu semitrasparente e rosso semitrasparente, sono in grado di controllare i valori termici e quindi di attenuare l’eccessivo accumulo di calore.
Gestione equilibrata e risoluzione del problema
La tecnica della semiforzatura è uno strumento molto importante per il profilo quali-quantitativo della produzione. Tale tecnica però, agendo marcatamente sui parametri climatici, se non ben gestita, può condizionare in maniera negativa – e sovente anche irreversibile – l’uva. Ne consegue dunque che gli scenari moderni della semiforzatura in viticoltura da tavola, debbano trovare una sinergia ancora più forte tra le varie tecniche agronomiche, al fine di massimizzare quanto più possibile la qualità della produzione finale.
Autore: Giuseppe Nuzzo
©uvadatavola.com