Il mercato chiede volumi, qualità, continuità

Con Maurizio Ventura, Licensing Manager Europe di Sun World, rispondiamo ad alcuni dei dubbi che attanagliano le aziende italiane circa il mercato viticolo.

da Silvia Seripierri

In questi anni tra i produttori di uva da tavola regna molta confusione, che si è trasformata in crisi di mercato dopo la disastrosa campagna commerciale dello scorso anno. C’è chi dice “potrei ma non voglio”, chi resta fedelissimo alle varietà tradizionali e chi ha abbracciato il cambiamento. Ci sono, inoltre, anche dei produttori che non accettano i modelli di commercializzazione proposti dai breeder internazionali. Con Maurizio Ventura, Licensing Manager Europe di Sun World International, cerchiamo di fare chiarezza e fugare un po’ di dubbi.

Quali sono i vantaggi che le nuove varietà brevettate di uva da tavola offrono ai produttori?

Le nuove varietà per poter essere definite “innovative” devono portare dei vantaggi ad ogni anello della filiera: dai produttori ai consumatori. I vantaggi per i produttori possono essere di diverso tipo, dalla facilità di coltivazione alla necessità di un minor numero di operazioni colturali e da una maggiore produttività alla realizzazione di rese maggiori.

Per il commerciante, invece, è importante che le uve mostrino resistenza in post raccolta, perché alla GDO servono frutti con ottima shelf life e serbevolezza.

Infine, il consumatore dovrà essere catturato dalle caratteristiche visive del grappolo (colori più attraenti) e ovviamente dal gusto, dalla croccantezza e dal giusto equilibrio tra zuccheri e acidità. Per far sì che il frutto esprima al meglio tutte queste peculiarità è necessario controllare la qualità dei prodotti offerti al consumatore. Perciò gran parte dei breeder dispongono di un servizio tecnico per guidare l’agricoltore nella realizzazione di un prodotto che sia non solo eccellente, ma anche in linea con quello raccolto in altre parti del mondo. Noi breeder internazionali, infatti, serviamo mercati come il Nord America, il Nord Europa, l’Asia e il Regno Unito.

Questi Paesi acquistano le nostre varietà 12 mesi l’anno e il cliente torna in uno stesso punto vendita perché vuole ritrovare sempre la stessa qualità. Il Regno Unito, ad esempio, importa le stesse varietà di uva da una decina di diversi Paesi produttori e a noi spetta garantire che la qualità del prodotto sia costante per evitare la disaffezione del consumatore.

mercato

A grandi linee, quanti tipi di contratti ci sono con i produttori?

I contratti sono variegati e i più basilari sono quelli che prevedono royalty solo all’impianto, per cui l’azienda agricola paga un importo per ogni pianta acquistata. Esistono, poi, anche contratti che prevedono royalty a seconda della superficie e che consentono la libera commercializzazione. Infine ci sono contratti che prevedono la commercializzazione solo tramite distributori autorizzati. Anni fa questo tipo di accordo era chiamato “Formula Club”.

Oggi la platea dei commercianti riconosciuti dai breeder è molto più ampia rispetto a 10 anni fa. Sun World International, ad esempio, ha cominciato con solo tre commercianti in Italia, ma oggi ne conta dodici; questo perché la domanda è cresciuta e noi continuiamo a lavorare secondo precisi standard per soddisfarla. Non so se sia ancora corretto chiamarla “Formula Club”. Di base la commercializzazione non è libera, ma riservata ai distributori autorizzati.

Facciamo un esempio pratico. Se come produttore divento sublicenziatario per un esportatore, posso vendere l’uva che produco ad un altro esportatore licenziatario della stessa varietà?

Questo dipende dagli accordi con l’esportatore, per noi è sufficiente che l’esportatore sia autorizzato. Chiaramente se un produttore fa parte di una OP deve commercializzare tramite l’OP.

Esistono dei produttori che vorrebbero impiantare le vostre varietà, ma non vogliono essere costretti a conferire il prodotto solo ad alcuni esportatori. Cosa risponde a riguardo?

Quando ti leghi ad un breeder che offre ciò che richiede il mercato occorre rispettare le regole previste dal contratto. Sento continuamente lamentele di questo tipo, ma se si vuole far parte di un gruppo è importante capire che l’unione fa la forza. Se voglio affrontare il mercato da solo devo essere consapevole del fatto che ci saranno degli anni in cui sarò molto bravo e attrarrò molti acquirenti e altri anni, invece, in cui sarò meno bravo. In questo caso raccoglierò uva di categoria inferiore. Ebbene, questo modo di condurre le aziende agricole appartiene al passato. In passato, infatti, si coltivavano solo poche varietà ben conosciute e richieste dal mercato. Si era soliti produrre uva da tavola delle varietà Italia, Vittoria, Red Globe e poco altro. Cultivar che, a seconda della qualità ottenuta (prima, seconda o terza categoria), riuscivano comunque a trovare un mercato.

Ad oggi, però, non è più così, perché la GDO vuole solo prodotto di qualità per 12 mesi l’anno. Le catene richiedono frutta che abbia le stesse caratteristiche di quella coltivata negli altri Paesi durante gli altri periodi dell’anno. La GDO chiede uniformità anche tra prodotti provenienti da diverse parti del mondo. Quando viene a mancare la domanda non si può che fare squadra, non vi sono altre soluzioni. Non si può più pensare di coltivare delle varietà buonissime e bellissime che però vengono raccolte solo per 10 giorni l’anno. Questo modo di lavorare non risponde alla domanda di mercato perché non permette di contare su volumi adeguati e continuativi. Bisogna osservare le situazioni sul lungo termine e il club, sul lungo termine, garantisce al produttore vendita, prezzo e qualità.

Cosa diresti a chi è spaventato e teme il ricambio varietale sul mercato o il dover avere a che fare con un nuovo modo di produrre uva?

Io direi di confrontarsi con i produttori che hanno già fatto l’esperienza. Certo, occorre assumersi qualche rischio, accogliere – a mente aperta – le raccomandazioni che vengono fatte dal servizio tecnico per evitare difetti e problemi produttivi. Ovviamente una percentuale di rischio rimane, dopotutto si tratta di varietà relativamente nuove e l’agricoltura interagisce anche con fattori incontrollabili, come ad esempio il clima.

Tutto ciò, però, rientra nel rischio di impresa.

Oggi, comunque, è possibile contare sull’esperienza di tecnici che seguono le nuove cultivar già da una decina di anni in Italia. Infine, ne approfitto per introdurre un altro punto. Adesso in Italia il dibattito è aperto sul ricambio varietale, ma a breve saremo chiamati ad affrontare un’altra questione cruciale: come vendere sui mercati e come implementare il servizio ai clienti finali, che per l’Italia sono il Nord Europa e la Germania.

Non ci si può presentare su questi mercati con scarsi volumi, scarsa continuità, scarsa qualità e incapacità di gestire eventuali problematiche. Occorre aggregarsi e offrire un servizio, ovvero volumi disponibili a lungo termine e frutti di qualità omogenea ed eccellente. Il prossimo obiettivo sarà evitare le contestazioni e per raggiungerlo occorre lavorare tutti insieme. Le aziende agricole devono rispettare le regole e comprendere che i concorrenti non sono le aziende agricole che confinano con la tua proprietà, ma tutti i Paesi produttori che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.

 

Teresa Manuzzi

©uvadatavola.com

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